08 ottobre 2007

Un mondo senza fine di Ken Follett

Il nuovo romanzo di Ken Follett ci riporta nell'Inghilterra a cavallo tra Medioevo e primo Rinascimento, nella cittadina di Kingsbridge, già sede del precedente best-seller “I pilastri della terra”.
“Un mondo senza fine” si propone infatti come la sua naturale continuazione: il primo abbracciava il periodo tra il 1137 e il 1175 (con un breve prologo nel 1123) e attraverso la tormentata storia della costruzione della cattedrale si raccontano amori, odi, gelosie, lotte di potere tra famiglie nobili e famiglie decadute. Trame per il potere, vendette, assassini, in un'Inghilterra feudale dove la borghesia legata ai mercati iniziava a conquistare un proprio spazio accanto alla nobiltà e al clero.
Ora ci ritroviamo due secoli dopo: siamo nel 1327, sempre a Kingsbridge, sede del priorato che comanda la cittadina, famosa per il commercio della lana, dove l'eco delle gesta del costruttore Thomas e di Aliena, della contea di Shiring sono ancora vivi.

L'antefatto: quattro ragazzini, Gwenda, Caris e i fratelli Ralph e Merthin assistono nella foresta allo scontro tra un cavaliere e due inseguitori, uccidi dal primo, che rimane ferito. Merthin assiste il cavaliere ferito, mentre gli altri bambini scappano, e diventa custode di un suo segreto che, se rivelato gli costerebbe la vita.

I quattro ragazzini crescono: il libro ne racconta la loro vita, dal periodo dei vent'anni, alla maturità, per arrivare alla loro vecchiaia quando ciascuno, inseguiti i suoi sogni, specchia la propria vita nei figli che ha generato. E il mondo senza fine, che da il titolo al romanzo: i nostri desideri, le nostre passioni, ma anche i nostri figli, che rivivranno in un eterno ciclo le loro passioni, commetteranno gli errori dei padri e ne porteranno avanti le idee e gli insegnamenti.

Che sogni inseguono i protagonisti della storia: Merthin, sebbene primogenito di una famiglia di cavalieri decaduta, è destinato a mettere a frutto le sue capacità di costruttore. Il suo desiderio è quello di costruire il palazzo più alto d'Inghilterra.
Il fratello Ralph è l'opposto: attaccabrighe, rissoso e desideroso di divenire cavaliere, viene scelto dal conte come scudiero ed educato alla vita militare.
Gwenda, più semplicemente insegue un suo difficile sogno d'amore e una vita semplice tra la vita nei campi e il focolare domestico.
Infine Caris, che vive con Merthin una lunga e tormentata storia d'amore, vorrebbe seguire gli studi di medicina, per imparare a curare le persone, trovando nuovi rimedi e medicine. In quei secoli la medicina, che era praticata essenzialmente dai monaci, si basava ancora su rimedi antichi come i salassi; si appoggiava alle nozioni vecchie di secoli di Galeno e Ippocrate.
Caris intuisce che le vecchie teorie, insegnate ai soli monaci e non alle suore (cui non era permesso di praticare la medicina) ad Oxford, non riescono a spiegare perchè alcuni rimedi funzionano e altri no. La sua ricerca di una via non ortodossa per la guarigione la porterà all'accusa di stregoneria, col rischio di essere uccisa.

Il libro è diviso in più parti, e attraversa quattro decenni della storia inglese: dalla guerra dei cent'anni tra Francia e Inghilterra, che viene raccontata non solo per le sue battaglie, ma anche per gli stupri, i saccheggi contro i civili, le morti e le stragi sui campi di battaglia.
Lo sviluppo delle città, che si affrancano dal potere e dal controllo della Chiesa, pur rimanendo sotto il controllo del signore locale, che poteva disporre dei suoi cittadini come voleva, rispondendo solo al re. Il quale era re per volere divino: il rapporto (e gli scontri) tra potere nobiliare e quello religioso è centrale (come ne “I pilastri”) nel libro.
Ma i protagonisti dovranno affrontare un temibile nemico: il morbo della peste, la morte nera, contro cui nessun rimedio conosciuto all'epoca sembrava efficace. Un flagello che decimò la popolazione europea: la peste è lo spunto per raccontare dell'incapacità da parte delle gerarchie ecclesiastiche, cui la popolazione di città e campagne sofferente si rivolgeva, di sapere affrontare l'epidemia e combatterla; l'incapacità di offrire alla povera gente qualcosa che andasse oltre le consuete (e inutili) parole di speranza.
La peste veniva considerata un segnale di Dio per i peccati della città, ma in realtà una trave nell'occhio dei predicatori, dei religiosi.
Follett mette in evidenza le idee conservatrici e oscurantiste, di una Chiesa che impediva il progredire della scienza, condannando la dissezione dei cadaveri e l'apprendimento di idee provenienti dai medici arabi (dunque infedeli, dunque provenienti dal demonio).
Se ne “I pilastri della terra” i personaggi religiosi avevano un ruolo positivo, qui la storia si ribalta: è un libro che sicuramente farà discutere (a meno che l'eccessiva lunghezza ne pregiudichi il successo).
Una chiesa conservatrice, aristocratica, maschilista, arrogante, impotente e incapace di comprendere i cambiamenti della società, alla soglia della Riforma di Lutero, che arriverà nei primi decenni del 1500.
Vescovi, monaci (una parte), predicatori sono persone dedite alla ricerca del potere, anche attraverso congiure, delitti e ruberie. Legate ad un mondo diviso in caste separate, dove c'è chi nasce nobile e chi nasce servo della gleba, costretto a chiedere il permesso al proprio padrone anche per sposarsi.

“Mondo senza fine” ha il suo pregio nel saper ricreare un atmosfera antica e di far tuffare il lettore entro essa. Belle le descrizioni di palazzi, case, dei borghi, dei mestieri e delle arti.
Ma risulta inferiore al precedente: mancano i colpi di scena de I pilastri e anche i personaggi sono troppo prevedibili e schematici. Nessuna sfumatura: o del tutto buoni o del tutto cattivi, avidi, arroganti e schiavi del potere.
La lettura sarebbe stata più agevole se anzichè sviluppare una storia su 1400 pagine quasi, avesse accorciato il racconto, che arriva quasi stancamente alla fine con il sospirato lieto fine. E non vorrei aggiungere altro.

Sul libro ho letto la recensione polemica di Franco Cardini su l'Avvenire:
si parte da queste righe estratte dal libro:
«Non credevo in Dio vent'anni fa così come non credo oggi. Ciò che è effettivamente cambiato è la mia consapevolezza di tutto il male che può essere fatto in nome della religione… La Peste (del 1347-52) rivelò a tutti la verità: il clero era completamente impotente… La scoperta dell'infezione batterica ha permesso di salvare la pelle a milioni di persone dimostrando che i pregiudizi antiscientifici della religione non avevano alcun fondamento».

“Nulla da dire sul Follett autore di thriller di successo, come La cruna dell'ago.
Ma quand'egli si cimenta con i temi storici, specie quelli legati al Medioevo, bisogna dire che i risultati sul piano appunto storico sono deludenti: il suo gettonatissimo I pilastri della terra è, sotto il profilo della ricostruzione di quello che egli presenta come "il Medioevo", un ridicolo polpettone nel quale navigano (ed è il lato migliore) reminiscenze di Victor Hugo condite in una salsa che sta fra Disneyland e Carolina Invernizio. Non ho ancora letto Mondo senza fine, e non posso quindi giudicarlo: ma, stando alle dichiarazioni del suo autore, c'è davvero di che indignarsi.

L'intervistatore ha l'aria di aver scoperto qualcosa di nuovo e d'originale, «un Medioevo molto lontano dalla rappresentazione stereotipata di epoca immobile e priva d'innovazione».”

Ma il problema, per Cardini, è l'attacco alla Chiesa:
“Follett è liberissimo di essere ateo e anticlericale: ma, se decide di parlare del Medioevo, non è affatto libero d'ignorare tutto dell'autentica passione per la ricerca e l'innovazione che investe personaggi come Gerberto d'Aurillac, Ruggero Bacone e tanti altri: chierici, sacerdoti, religiosi e mistici, non qualche isolato sognatore alchimista o ereticheggiante.

Ma la Chiesa inventata dal Follett nel suo ultimo romanzo, a sentir lui, è una cosca di profittatori, di ladri, di sfruttatori e di violentatori. Viene la peste a metà Trecento, e non fa nulla né per combatterla, né per alleviare le pene della gente. Secondo il Follett, le università, gli ospedali, le enormi opere di misericordia sono nulla.”

“I medici del tempo erano assolutamente inquadrati all'interno di un sapere coerente e coeso, nel quale teologia e fisiologia profondamente convivevano. Le critiche espresse dal romanziere non hanno quindi alcuna credibilità e discendono chiaramente o dalla sua ignoranza dei dati di fatto, o dal suo pervicace anti-cattolicesimo, o da un'antipatica miscela di entrambe le cose.

Questa "tirata" anticristiana e, soprattutto, anticattolica, finisce appunto per colpire tutte le religioni e il fatto religioso in sé.”
Questo è il punto su cui riflettere: che solidità dimostra una religione come la nostra, se basta un romanzo, pure best seller, per scatenare tutte queste critiche, giuste o sbagliate che siano?
In fondo si tratta solo un romanzo.

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Technorati: Ken Follett

1 commento:

  1. Penosissimo Cardini.
    Un "marchettaro" a favore della Chiesa, altro che "storico" ...

    Del resto, da uno che usa la mera esistenza dei "magi" della religione mazdea come "prova" (!!!) dell'esistenza storica dei Re Magi che avrebbero adorato Cristo, che rigore storico ci si può aspettare?

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Mi raccomando, siate umani