30 marzo 2008

Il campo del vasaio di Andrea Camilleri

Il campo del Vasaio, secondo il vangelo di Matteo, fu comprato con i soldi del tradimento di Giuda. In esso vennero diperse le viscere del traditore. Il tradimento è al centro di questo romanzo di Camilleri, che vede protagonista quasi assoluto un commissario Montalbano alle prese con i suoi soliloqui, i pensieri di vecchiaia, con un mondo con cui non riesce più a sentirsi in sintonia.
Un romanzo scritto più con la panza, con la rabbia, che con la testa e il raziocinio, questo, che inizia con uno strano incubo.
L'incubo inizia con il commissario che si trova davanti l'uscio il suo questore, che chiede di essere ospitato.
Che sta succedendo, perchè gli chiede aiuto?

Improvvisamente Bonetti Alberighi si scangia in Totò Riina: “Montalbano ho poco tempo, sto formando un nuovo governo, con Provenzano vicepresidente, Bagarella alla difesa .. Vuole essere 'u me ministro dell'interno?”.
Ma in camera compare Catarella, che vuole sparare a Riina, ma 'u curto è più veloce di lui e spara per primo ...
Stop.

Cosa avrà significato il sogno? Cosa avrà voluto dirci il maestro? Il fatto che al posto del questore, che rappresenta la legge, appare un capomafia, contro la legge, significa forse che in questi anni, il confine tra legge e crimine si sta facendo meno visibile?
E il fatto che ti abbia meravigliato di più la proposta di Riina che non quella del Questore, significa forse che il fatto che fosse diventato primo ministri di colpo cancellasse i suoi reati passati, stragi e ammazzatine comprese?
Oppure che tu appartieni a quegli sbirri che servono sempre e comunque chi sta al potere?

Il campo del vasaio, come luogo velenoso, che contagia chi ci trase, luogo di tradimento: è soprattutto luogo dove viene ritrovato un cadavere di uno sconosciuto in un terreno buono solo per ricavarne creta. Cadavere che è stato tagliato in 30 pezzi (come i 30 denari di Giuda).
Che significato assume quella modalità di delitto?
Chi era il morto?
Ma l'indagine ha anche dei riflessi strani nel suo stesso commissariato: tira una strana aria, uno strano nervosismo, di tutti contro tutti. Pure Mimì Augello in quei giorni ha un comportamento strano.
E il fatto che Montalbano non se ne sia accorto in tempo è forse segno degli anni che passano.
Toccherà ancora al commissario di indossare i panni di Dio di quart'ordine per risolvere l'enigma dell'omicidio, per tirar fuori l'amico Mimì fuori dal campo del vasaio.
“Livia una volta gli aviva spiato polemica 'Ma tu ti credi Dio?'
Un Dio di quart'ordine, un Dio minore, aviva pinsato allura. Po' negli anni, si era fatto pirsuaso che non era manco un Dio dell'ultima fila, ma sulo un poviro puparo di 'na mischina opira di pupi. Un puparo che s'assabattava a fari funzionari la rapprisintazioni come meglio putiva e sapiva. E èer ogni rappresentazioni che arrinisciva a portare a termini, la faticata si faciva ogni volta cchiù grossa, ogni volta cchiù pisanti. Fino a quanto avrebbe potuto reggiri?”

Il campo del vasaio, detto anche del sangue, è luogo che appartiene alla topografia morale. Designa una contrada maligna, putrida e pantanosa: un anfrattuoso cimitero di argille; uno smortume di forre e borri. La località è il quadrante tartareo del tradimento. Venne acquistato con il «prezzo del sangue»: con i trenta denari di Giuda. E accolse le viscere sparse dell'apostolo traditore, lì impiccatosi. In un campo del vasaio vengono trovati i trenta «tagli» di un uomo: prima giustiziato, con un colpo alla nuca; poi macellato. Sembrerebbe un delitto di mafia eseguito con puntigliosa esattezza, secondo il rituale arcaico riservato a quanti hanno tradito. Ma il tradimento è una macchinazione che dà a intendere quel che non è. Corre su un'incerta frontiera. Tra vero e falso. E anche i luoghi e le cose tradiscono, in questo romanzo. Lo stesso Montalbano, sempre più soliloquista e monologante, su declivi di stanchezza, è posseduto da uno stupore notturno: dai lumi ciechi di un incubo traditore che lo gela, come dentro un cubo di ghiaccio, in mezzo al fracasso dei turbini. Il commissario dovrà smorfiare i segni sghembi delle premonizioni, e sventare le trame nascoste di un tradimento che lo coinvolge e lo tocca fino alle lacrime. Una signora dei trucchi, una maliarda, ha portato scompiglio nel commissariato di Vigàta. Sa come affascinare gli animi anche riluttanti. Sa come stornarli, e come condannarli a una dipendenza vergognosa. Somiglia all'Angelica dell'Orlando innamorato di Boiardo. Esotica e ingannatrice anch'essa: venuta dalla Colombia, come l'altra dal Cataio; entrambe perfide, fatte di «màrmaro e d'azzaro». Si chiama Dolores, la nuova principessa degli inganni: «Dolorosa», nella pronuncia di Catarella. Ha adescato il «paladino» più vicino a Montalbano. E lo sobilla, per «tradire» l'inchiesta. Il «paladino» subisce il sortilegio. Ma, segretamente, vorrebbe essere redento. Montalbano riuscirà a soccorrere l'amico, e a deludere le falsità con altre falsità. Procederà in punta d'ingegno: abile nello sgambetto e nel contropiede. Ingannerà la traditora. Esorcizzerà gli influssi nefasti del campo del vasaio, i suoi pronostici tradimentosi. Con una meditazione calma, ancorché sconsolata. Lui, Montalbano, è il «poviro puparo» di una dispersa e «mischina opira dei pupi»: «la faticata si faciva ogni volta cchiù grossa, ogni volta cchiù pisanti. Fino a quanno avrebbe potuto reggiri?».

Salvatore Silvano Nigro (risvolto di copertina)

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