17 marzo 2008

Report : l'altro modello

“Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni.
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL).

Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Può dirci tutto sull'America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”.

Robert Kennedy, 18/3/1968

L'altro modello [
testo integrale].

Esiste un altro modello, un altra strada. Tutto quello che ci viene raccontato dai grandi economisti sul modello attuale economico, è falso.
Sullo spettro della recessione, sul costo del petrolio in aumento, causato dalla domanda del petrolio dei paesi emergenti, sul costo dell'energia ...

Cosa sono impegnati a fare i paesi industrializzati, ogni giorno?
Produrre, consumare e buttare via.
Produrre, consumare e buttare via.

Questo è un modello economico la cui bontà si misura su un indicatore, il P.I.L., il prodotto interno. Ma, come testimoniano, le parole del discorso di Robert Kennedy, il Pil non misura la felicità delle nostre famiglie, la nostra conoscenza, la nostra saggezza.Solo se produci (e consumi) esisti. Ma quanto è sostenibile tutto questo?

Che danni, ambientali, economici, alla salute causa?
Esiste un altra strada. Chi si oppone a questa visione viene chiamato “ribelle”, come i ribelli dell'energia a Schonau nella foresta nera in Germania, che si sono comprati la loro centrale elettrica.
Spaventati dall'incidente di Chernobyl, i cui effetti arrivarono anche in Germania (e in Italia), decisero che l'energia che dovevano produrre dovesse essere “pulita”.

Ribelli come Aurelio Peccei, un dirigente della Fiat che nel 72 commissionò al Mit uno studio sul modello di crescita dell'economia dei paesi occidentali.
La proiezione porta al collasso.
E già oggi possiamo avvertire i primi segnali, con la crescita del costo del petrolio che indica, tra l'altro, un inizio di scarsità nella produzione.

Siamo arrivati al picco: secondo l'Aspo, a partire dal 2010-2011 assisteremo ad un declino dell'estrazione del greggio. Dovremmo iniziare a preoccuparci di trovare altre fonti di energia, visto che siamo il sesto paese consumatore.
Sugli idrocarburi si basa tutta la nostra società: in parte per il riscaldamento, ma per lo più per i trasporti.

Se il petrolio inizierà a diminuire dovremmo farne un uso parsimonioso: invece viviamo in città con pessimi servizi pubblici, usiamo l'auto per gran parte degli spostamenti urbani; non abbiamo piste ciclabili (e quelle che ci sono a volte vengono tolte): più auto --> più consumi --> più inquinamento.Le stime dicono che non rispetteremo il protocollo di Kyoto: dovremo pagare il credito ad altri paesi meno inquinanti.

Si parla di 8-12 miliardi di euro, cui si sommeranno le sanzioni dell'Unione Europea.Ma non è solo un discorso economico (perchè quei soldi, quelle penali le pagheremo noi con le tasse, per chi le paga): il PM 10 provoca ogni anno 39000 morti secondo l'OMS.

E soluzione come l'Ecopass a Milano non sembrano risolvere il problema (quantomeno delle polveri).Che fare?


Come a Parma, dove l'amministrazione ha puntato su piste ciclabili, bus a chiamata, car sharing e bus metrò a 1 euro. Parma, Torino, Brescia, Padova puntano molto sulla figura del mobility manager all'interno delle imprese: una figura dedicata alla razionalizzazione della mobilità del personale.Si arriva a risparmiare in soldi e salute.

E nelle altre città?
Poco o nulla. D'altronde non esiste un piano di mobilità generale dei trasporti: o meglio esiste, ma è legato al singolo governo, al singolo ministero, per cui ad ogni elezione si cambia il piano.La questione dei trasporti, dell'inquinamento nelle città, nelle macro-aree cittadine, di un modello dei trasporti non è una priorità nazionale né un obiettivo do governo.

Lo sono le grandi opere, le cattedrali nel deserto, i ponti sullo stretto, le centrali nucleari, le grandi strade ..
Grandi appalti, grandi nomine, grandi sprechi: ma questa è un altra storia.

Ma il fatto che in Italia non siamo stati capaci di farlo, non significa nulla: basterebbe vedere ciò che viene fatto all'estero. Come a Wuppertal, dove e la città che si snoda attorno alla monorotaia (futuristica) e non il viceversa.

“è sempre meglio utilizzare meglio ciò che c'è, piuttosto che costruire qualcosa di nuovo”, affermava W. Sachs, pres. dell'istituto energia di Wuppertal.

Comuni virtuosi come a Colorno, che riciclano tutto il materiale che normalmente verrebbe buttato.
Nelle mense si usa l'acqua del rubinetto. Si ricaricano le bottiglie per i detersivi.Imprenditori pugliesi (Costellazione Apulia) si mettono in un consorzio e si occupano del riciclaggio: plastica, gomma auto. Non sprecano energia nei rapporti di lavoro, perchè nel rapporto col cliente si specifica che si usano i mezzi pubblici.Si mette a disposizione la banda internet, spazi, mezzi: riduciamo l'impatto sull'ambiente senza scambio di danaro. Tutto ciò sfugge al calcolo del Pil.
Maurizio Pallante: “il concetto di merce non coincide col concetto di bene.”

La benzina sprecata, il riscaldamento sprecato sono merci, Pil, che non producono benessere. Va disaccoppiato benessere dalle merci.

Petrolio e gas inquinano, sono scarse e dunque vanno usate sempre meno.
Poi c'è il fotovoltaico, l'eolico: i ribelli di Schonau, che dissero no al nucleare. Una sorta di liberalizzazione dal basso. Una dimostrazione pratica, ai tanti S. Tommaso che abbiamo in Italia, che si può fare.In Germani hanno vinto i cittadino contro i monopolisti, contro il mercato, contro i gestori della rete elettrica, contro i distributori.Centinaia di piccoli azionisti comparono la loro rete elettrica. Furono aiutati da una banca, la GLS BANK di Bochum.

In quattro anni gli impianti di energia rinnovabile sono stati ripagati: non esiste energia nucleare a Shonau; la democrazia energetica costruita è indipendente dai paesi distributori con cui vorresti stare alla larga (gli sceicchi, gli oligarchi in Russia).
Si tratta solo di regolamentare la domanda e l'offerta (discontinua, perchè dipendente dalle fonti ambientali).

E in Italia? La ricerca (di Cesi Ricerca, dell'Enea) è legata ai finanziamenti governativi.
Dunque succede che blocchiamo la ricerca a Rubbia sull'energia solare, perchè mancano i fondi e perchè manca il decreto per incentivare la tariffa.Il progetto del co generatore, usato in Germania, è stato brevettato dall'ingegnere della Fiat Palazzetti.
La Fiat ha venduto il brevetto ....

Concludeva la Gabanelli:
Quegli scienziati del Mit di Boston che avevano studiato e fatto una proiezione sui limiti dello sviluppo, non si sono fermati, ma hanno continuato a monitorare e le loro conclusioni oggi sono le seguenti. Davanti non abbiamo un futuro preordinato, ma delle scelte, quindi degli schemi mentali: uno, che non ci sono limiti alle risorse e quindi si andrà al collasso. Due, i limiti ci sono ma ormai è tardi per fare qualunque cosa e pertanto si collasserà.Tre, i limiti ci sono, ma abbiamo ancora tempo, abbiamo denaro, abbiamo risorse, abbiamo intelligenze per cominciare a intervenire la tendenza. Non è poi detto che ci si riesca, ma l’unico modo per saperlo è quello di provare a farlo.
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