Un pezzo del libro "In terra consacrata": il dialogo tra il magistrato Lannuzzi che, nella storia, segue i nuovi risvolti del caso Iacoangeli (Orlandi) e il faccendiere Meloni (Flavio Carboni), in cui quest'ultimo ricostruisce per l'uomo di legge i traffici neri del Vaticano, tramite lo Ior di monsignor Duarte (Marcinkus).
..."Ma se qualcuno ha messo insieme il nome di Cruciani e Duarte con quello di Iacoangeli, è da lì che devi partire: da cosa avevano in comune quei due. Poi magari verrà fuori come poteva entrarci la ragazzina."
"E cosa avevano in comune Duarte e Cruciani?"
"Il bisogno di far girare i soldi. E il fatto che, non potendo fare tutto da soli, gli occorreva un banchiere."
"Lanfranco Giorgi" - disse Lannuzzi a voce troppo alta.
"Giorgi riciclava fondi della mafia e della camorra attraverso il Banco di Milano e una costellazione di banche estere. Per farlo si serviva dell'intermediazione e della complicità di Duarte. A presentare Giorgi ai mafiosi era stato un banchiere siciliano. Tra la seconda metà degli anni '70 e gli inizi degli anni '80, la Sicilia era la più grande raffineria della morfina del Mediterraneo. Un'industria che generava profitti altissimi, che Giorgi era in grado di riciclare e reinvestire. Una capacità che lo aveva portato a diventare uno dei personaggi più importanti per Cosa Nostra. In cambio i siciliani avevano fatto crescere la sua banca: acquistavano la droga e la mandavano negli Stati Uniti; poi tramite il Banco di Milano facevano rientrare il denaro in Italia, dove veniva suddiviso tra le famiglie.
Duarte aveva un ruolo importante: versava nella banca di Giorgi soldi puliti e aveva contatti con i mafiosi. C'era chi raccontava di averlo visto con i propri occhi portare due valigie, ciascuna con cinque miliardi, dalla casa del capo della famiglia di Castelvetrano a quella romana di un notaio amico di Duarte. Denaro che doveva essere investito in Sud America tramite Giorgi e Duarte."
"La prima volta che mi parlarono di Giorgi fu nel 1981 - continuò Meloni - Dicevano che era il più importante banchiere d'Italia. Lo avevano arrestato per reati finanziari, ma nonostante questo continuava ad essere molto potente e aveva un patrimonio immenso. Io ero a caccia di finanziamenti: volevo buttarmi nel mercato azionario e pensai che fosse la persona giusta da conoscere. Me lo presentarono in Agosto a Porto Cervo, e trovammo subito l'intesa, lui mi foraggiava e io gli curavo i rapporti con la Stampa e con il Vaticano."
"Cioè con Duarte" - disse Lannuzzi.
"Avere un qualunque rapporto con Monsignore era utile per dimostrare di essere gradito agli ambienti Vaticani - spiegò Meloni - Era un buon modo di dare all'estero l'immagine di serietà e legittimità. Giorgi investiva all'estero per eludere le restrizioni valutarie e i vincoli imposti dalla Banca d'Italia e i soldi servivano ad alimentare Solidarnosc in Polonia e i regimi e la guerriglia anticomunista in America Latina. Oltre a distribuire mazzette ai vari politici italiani."
"E Duarte che ruolo aveva?"
"Le operazioni passavano per lo più tramite lui: fungeva da intermediario di appoggio, metteva a disposizione le sue strutture e lucrava sulla differenza dei tassi di interesse.Ma perchè mandare denaro ai polacchi?" - domandò Lannuzzi
"Ognuno ha le sue debolezze: voleva ingraziarsi il papa e ottenere una nomina a cardinale. Fu Giorgi a spostare i soldi. Un mucchio di soldi. Sai cosa ripeteva sempre il Monsignore? Che il Vaticano non si amministra con gli Ave Maria. Per questo a lui serviva Giori e a Giorgi serviva Duarte."
"Ma poi il giocattolo si ruppe" - disse Lannuzzi.
"Per almeno nove anni, il rapporto di collaborazione con Giorgi era strettissimo. Poi quando la Banca d'Italia aveva cominciato a ficcare il naso, Giorgi aveva perduto credibilità. A ogni livello."
"In terra consacrata" Pagine 370-371
Il sito dell'autore.Le prime pagine del libro; l'intervista a Fahreneit, e la recensione su angolonero.
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Technorati: Ugo Barbara
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