29 marzo 2010

Aiutiamoli a casa loro

I razzisti nostrani sono quelli che usano espressioni del tipo "non ho nulla contro di loro, ma dobbiamo aiutarli a casa loro".
E' proprio questo il punto: penso che molti paesi africani stanno come stanno (cioè male), proprio perchè ci sono di mezzo interessi delle multinazionali europee.

Come quelle italiane, esperte in grandi opere, in Etiopia, dove lasciano senza acqua la popolazione:

MILANO - Su oltre 200mila persone che in Etiopia già non se la passano bene incombe un'ombra gigantesca, che parte dall'Italia. Si chiama Gibe III: è una diga alta 240 metri il cui bacino si allungherà per 150 km. Posizionata nella bassa Valle dell'Omo (vedi mappa), e realizzata dall'italiana Salini Costruttori, questa struttura mastodontica, destinata a diventare la più grande dell' Africa, muterà drasticamente la portata del fiume Omo, principale affluente del Lago Turkana del Kenya, eliminando il naturale ciclo delle piene e mettendo a repentaglio coltivazioni e pascoli dell'intera area. Il Gibe III è il nuovo passo che seguirà il Gibe II, impianto con un tunnel lungo 26 chilometri che genera elettricità, sfruttando la differenza di altitudine tra il bacino della diga Gibe I e la sottostante valle dell'Omo.

Anche questo impianto è stato realizzato dalla Salini, che ha messo a frutto il più grande contributo versato dalle casse italiane per un progetto all'estero: 220 milioni di euro. Almeno in parte spesi male, visto che un pezzo di questo tunnel, inaugurato il 13 gennaio scorso alla presenza del ministro degli Esteri Franco Frattini, dopo 12 giorni è crollato (vedi video) interrompendo subito il flusso di elettricità che, nelle parole del ministro «avrebbe dovuto cambiare la vita all'Etiopia». E invece Meheret Debebe, capo dell'Ethiopian Electric and PowerCorporation (EEPCo), l'ente elettrico etiope, ha invitato la gente a «comprendere il problema e risparmiare energia finchè il guasto non sarò risolto».

I DANNI - Ma quella è storia passata. Ora all'orizzonte c'è quella della diga Gibe III che rilancia rischi enormi sulla testa delle popolazioni indigene della valle dell’Omo legati alla scomparsa del naturale ciclo delle piene.

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