L'associazione nazionale magistrati e l'ordine dei giornalisti di Milano hanno organizzato ieri la giornata per l'informazione "per non tacere" di fronte al DDL Alfano, al bavaglio per la stampa, e al blocco per questo strumento di indagine (le intercettazioni).
Istruzioni per l'uso, ovvero come nel concreto cambieranno le cose, sia per giornalisti che per magistrati: ad introdurre l'incontro (gli interventi erano intercalati da brani al pianoforte suonati da Gaetano Liguori) il presidente dell'ordine Letizia Gonzales.
La quale ha affrontato subito l'argomento dei tagli all'editoria (le spese postali agevolate e i contributo per i giornali che li prendono), del blcco che viene posto nell'uso e nel racconto delle intercettazioni (il bavaglio alla stampa e i bastoni fra le ruote alle forze dell'ordine).
Dunque si è resa necessaria questa iniziativa congiunta: per la prima volta assieme giornalisti e magistrati.
Gianni Barbacetto, giornalista de Il fatto, ha avuto il compito di introdurre e presentare gli interventi: dopo il presidente dell'Odg, il magistrato Manuela Massenz, presidente dell'ANM milanese.
"I giornalisti e i magistrati sono state le categorie più attaccate dall'esecutivo" in questi anni. Questo perchè è nel loro DNA l'indipendenza dagli altri poteri dello stato.
Attacchi che si sono manifestati (oltre a quelli verbali) anche tramite leggi in tema di giustizia che ne hanno ostacolato il lavoro (una fra tante, la legge sulle rogatorie), i tagli al personale amministrativo.
E oggi, dopo tutto questo, la legge sulle intercettazioni che, tra le altre cose, prevede che queste siano autorizzate da un collegio di giudici del capoluogo distrettuale. Così, la procura di Sondrio dovrà mandare chili di carte ogni volta a Milano. E aspettare l'autorizzazione.
Intermezzo 1: l'intercettazione di Piscitelli
"Alla Ferratella (luogo dove ha sede il Dipartimento) occupati di sta roba del terremoto perchè qui bisogna partire in quarta subito, non è che c'è un terremoto al giorno".
"Lo so" (ridendo).
"Per carità, poveracci".
"Va buò".
"Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto".
"Lo so" (ridendo).
"Per carità, poveracci".
"Va buò".
"Io stamattina ridevo alle tre e mezzo dentro al letto".
Piero Colaprico, giornalista di Repubblica.
Per il presidente gli intercettati sono 7,5 milioni.
Per le compagnie telefoniche, si parla di 25000 intercettati (stesso numeri circa, fornito dai magistrati).
Per i calcoli di Colaprico, si arriva a 6000 persone intercettate.
Come a dire, che a sparare i numeri, sono capaci tutti. Poi però bisogna giustificarli.
L'unico caso di intercettazione illegale, uscita dai giornali, è quella relativa alla telefonata Fassino Consorte.
Telefonata gentilmente donata dalle persone della società che si occupava di intercettazioni, al presidente del Consiglio alla vigilia del Natale 2005. Intercetazione finita (giustamente o meno) su Il giornale che ha poi condizionato le elezioni del 2006.
Colaprico ha citato una vecchia inchiesta, la Duomo Connection (la mafia a Milano, una inchiesta che poteva far anticipare lo scoppio della Tangentopoli): in una intercettazione, un assessore finito sotto inchiesta, citava le notizie che uscivano sui giornali.
Citava la prima pagina de Il giorno: "hai visto, dice che non è successo niente .. [Il giorno] è l'unico giornale serio".
Ecco, concludeva Colaprico, noi non vogliamo essere un giornale serio per come l'intendeva quell'assessore.
L'intervento registrato di Roberto Scarpinato, in una intervista del 2009.
In un passo, il magistrato spiega come le intercettazioni sono oggi "la voce del potere" e che queste, dunque, rappresentino il tallone d'Achille del potente (che sia il politico, l'imprenditore, il mafioso) che vuole fare i suoi comodi.
"Quando vedo, alle commemorazioni di via D'Amelio o Capaci, persone condannate per mafia, non riesco a stare nella stessa chiesa, dalla stessa parte".
Armando Spataro, procuratore aggiunto a Milano.
C'è oggi una contraddizione tra l'uso che si è fatto della parola sicurezza, con la sicurezza reale che oggi è a rischio, con questa legge.
Nei due anni passati abbiamo assistito a tante leggi che, al loro, interno avevano la parola sicurezza (come il "pacchetto sicurezza").
Con il DDL Alfano probabilmente assisteremo ad un impennata nei reati, in special modo in quelli a carico di ignoti.
Perchè anche se si dice che i reati di mafia e di terrorismo non sono toccati (come se poi fossero gli unici reati che riguardnao i cittadini), occorre chiarire che molti dei reati che poi si accertano essere mafiosi, non vengono battezzati come tali, all'origine.
E' ingiusto anche parlare di abusi, nelle intercettazioni: ci sono stati dei casi, sostiene il magistrato, di motivazioni insufficienti.
Già oggi, all'atto di chiusura delle indagini, il pm è obbligato a consegnare tutte le carte, anche quelle non rilevanti.
All'atto di chiusura delle indagini, nessun documento è segreto.
Se un giornalista lo pubblica (perchè qualcuno lo passa), può sanare il reato con una contravvenzione.
Se si vuole tutelare la privacy, come si dice, basta usare la norma introdotta nel 1998 e poi reiterata: alla chiusura delle indagini Gip e pm decidono cosa tenere segreto e cosa no.
I documenti segreti non devono poi essere pubblicati, altrimenti si compie un reato.
Giuliano Pisapia, avvocato.
Le norme di cui stiamo parlando, sono strumentali ai bisogni del governo.
C'è stato però un eccesso di intercettazioni: Pisapia ricordava (senza citare i nomi) i casi di persone che han saputo dalla stampa l'essere indagati.
Alessandro Galimberti, giornalista de Il sole 24 ore.
Di diverso avviso il giornalista Galimberti: ogni volta si usano le stesse espressioni di abuso, di violazione della privacy, senza entrare nel merito.
L'Sms della Falchi? Un pò poco, per parlare di abusi.
In tutte le intercettazioni di cui leggiamo, c'è poco o nulla di personale, perchè riguardano personalità pubbliche, con incarichi pubblici, che maneggiano soldi pubblici.
Al tempo di Vallettopoli, l'inchiesta di Woodcock (che oggi ritorna), le televisioni riportavano le interviste degli avvocati difensori delle persone indagate (e poi finite in cella). Tutte a ripetere che non sapevano ancora del perchè delle accuse.
E non era vero. Da incroci dei giornalisti, col casellario dei tribunali, si era poi venuto a sapere che tutti gli avvocati erano stati informati per tempo di quello che stava accadendo.
Qui tocca parlare del ruolo della televisione, spesso portavoce acritica delle dichiarazioni del potente di turno.
E il voler alzare un polverone, facendo filtrare apposta certe intercettazioni e non altre, è spesso una strategia mediatica degli avvocati.
Intermezzo 2: Ricucci e i Lanzichenecchi.
Roberto Natale, presidente FNSI.
Sciopero si, sciopero no.
Lo sciopero è un atto unitario di tutto il mondo dell'editoria: le altre proposte sentite (dedicare la giornata alle intercettazioni) non tengono conto delle diverse realtà.
Come potrebbe esprimersi una agenzia di stampa? E le radio? E le televisioni, magari quelle di Mediaset?
Se si vuole tutelare la privacy, basta introdurre la cosidetta "udienza stralcio", di cui aveva già parlato Spataro: questa è la proposta dei giornalisti.
Giornalisti che si impegnano, per voce del presidente, a fare disobbedienza civile, di fronte ai futuri divieti.
A seguire ci sono stati gli interventi degli artisti Giulio Cavalli e Moni Ovadia. Degli avvocati Caterina Malavenda, Guido Camera. Di Fabio Roia (CSM); i costituzionalisti Marco Cuniberti, Giulio Enea Vigevani e Luca Melchionna.
Vedremo come andrà a finire: di certo, una parte della società e delle istituzioni sceglie di non stare impotente a guardare.
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