25 ottobre 2010

Tutta colpa degli operai


Mi chiedo se poi Marchionne dopo l'intervista a Chetempo che fa, troppo preso dai suoi impegni, si sia visto la puntata di Report sulla finanziaria e sul taglio dei costi.
Magari avrebbe capito che se l'Italia ha problemi di costi, efficienza e credibilità non è solo colpa degli operai, che si guardano le partite e stanno a casa.

Forse se l'Italia ha dei problemi di produzione ed efficienza è anche colpa dell'evasione, della corruzione, delle infrastrutture che al sud non terminano mai, della criminalità organizzata.

Che furbacchione Marchionne: riesce a fare un'intervista in cui parla solo di promesse future (parificare gli stipendi itaiani con quelli di altre nazioni), sorvola sui piani industriali (quali modelli per il futuro? Boh), parla di Pomigliano ma si dimentica di Termini Imerese (e delle migliaia di persone a casa). E si dimentica di un dato di fatto: senza incentivi il mercato dell'auto si è bloccato, e la Fiat vende sempre di meno. Anche qui colpa degli operai anarchici che si guardano le partite?

Gli incentivi alla Fiat? Sono serviti di più alle aziende straniere.
Gli aiuti di stato (e la protezione monopolitistica da parte dello stato con le concorrenti asiatiche)? Abbiamo già dato, risponde l'amministratore delegato, aiutando il paese a crescere.

Prima di pagare , vedere cammello, si dice: invece gli operai Fiat devono rinunciare subito ad un turno di pausa, sugli scioperi, lavorare seguendo ritmi che puntano ad una maggiore produttività quando gli impianti del sud sono sottouttilizzati al 40-50%.

Eppure è sempre colpa degli operai italiani: "senza l'Italia la fiat sarebbe in positivo", "nemmeno un euro di profitto dall'Italia".
Colpa delle persone alla catena di montaggio (non del management che prende bonus e stipendi da favola): degli anarchici che si permettono pure di sabotare la catena di montaggio, come i tre di Melfi.
Siccome c'è già una sentenza di primo grado che dice il contrario, sarebbe auspicabile usare toni diversi.
O il garantismo vale solo per chi sta in alto?
Delle due l'una: la fiat vuole uscire dal paese e carca una scuda, oppure Marchionne si vuole buttare in politica.

Dal blog di Stefano Feltri:
Sono sei anni che è in quell’azienda. E basta leggere gli ultimi dati trimestrali per capire come la ripresina economica abbia fatto ripartire tutti i settori del gruppo Fiat tranne l’auto, e non è un problema solo dell’Italia. Le macchine agricole segnano +31 per cento nei ricavi, i veicoli industriali di Iveco +15, la componentistica +22. L’automobile, inclusa la Ferrari che sta andando bene, +1,3. Andare via dall’Italia migliorerebbe la situazione? Forse sì.

Eppure la situazione non era molto diversa in aprile, quando Marchionne ha presentato il suo maxi-piano di investimenti denominato “
Fabbrica Italia”, 20 miliardi di investimenti in cinque anni. Perché programmare uno sforzo di quel tipo su un Paese che non rende e che non renderà? Davvero pensava che sarebbe bastato piegare i sindacati riducendo un po’ le pause e aumentando i turni per risolvere i problemi? Ma a che serve raddoppiare la capacità produttiva degli stabilimenti quando le vendite crollano del 30 per cento? Marchionne dice sempre che i nuovi modelli sono pronti, che arriveranno nel 2011 come risultato dell’integrazione con Chrysler e che allora gli stabilimenti funzioneranno a pieno ritmo.

Ma l’ultimatum che il manager ripete da qualche giorno – o i sindacati accettano tutte le richieste entro fine anno, o Fabbrica Italia salta – lascia pensare che il grande piano strategico non sia poi così strategico, se l’azienda può permettersi di cancellarlo da un giorno all’altro. E che questo stia per succedere.

I conti della Fiat miglioreranno? Di sicuro una riduzione della presenza in Italia si inserisce nella progressiva
internazionalizzazione del gruppo che potrebbe culminare nella cessione di Fiat Auto, ora scorporata dalla parte macchine agricole e camion. Per l’Italia, poi, saranno problemi grossi. Con decine di migliaia di potenziali disoccupati. E il governo che finora ha osservato compiaciuto le spaccature tra sindacati, usando la vicenda Fiat per isolare Cgil e Fiom, avrà un problema non piccolo da risolvere. Sempre che non cerchi prima di comprarsi l’italianità di Marchionne a colpi di incentivi pubblici. Come si è sempre fatto e come sta facendo la Serbia per attirare la produzione che ora si fa in Italia.

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