Il merito maggiore di questo saggio è mettere assieme l'aspetto industriale-economico delle grandi imprese italiane, con una analisi sugli aspetti sociali culturali: come può cambiare un territorio dopo l'arrivo di una impresa che, con la promessa di portare sviluppo e posti di lavoro, alla fine si scopre che ha spazzato via parte dei settori economici locali, creato un danni ambientali e non ha portato alcuna emancipazione nella popolazione locale (maggiore livello di istruzione, posti di lavoro ben qualificati) ?
In questo lungo racconto, condensato in quei giorni di fine maggio 2009, protagonisti non sono solo i grandi capitalisti all'italiana, eredi delle vecchie famiglie imprenditoriali: Luca Cordero di Montezemolo, Lapo Elkann, Massimo e Gianmarco Moratti, Marco Tronchetti Provera e Franco Bernabè. Si parla anche dei banchieri e del loro rapporto - vogliamo dire poco trasparente? - con le grandi imprese italiane: tanto rigide nel concedere prestiti ai piccoli imprenditori, tanto pronte a concedere fidi ai grandi gruppi presso cui sono pure azioniste (nel duplice ruolo di creditrici e azioniste): Passera e Bazoli di Banca Intesa, Zalesky, raider di borsa che salvato dalle banche Perché “too big to fail”.
Fino ad arrivare all'immobiliarista Zunino, quello che con i soldi delle banche ha comprato le aree ex Falck a Sesto e S. Giulia a Milano e che proprio le banche han salvato dalla bancarotta.
Meletti non esita a chiamare modello coloniale, quello di cui racconta: il cordoglio manifestato dalla famiglia Moratti, dopo la notizia della morte dei tre operai, come fossero parte della loro famiglia; dolore usato per nascondere le responsabilità reali dell'incidente.
Ma nel libro c'è spazio anche per affrontare le responsabilità dei sindacati confederali, spesso troppo lontano e oggi pure divisi. Del mondo dell'informazione (legato a filo doppio, troppo spesso, con i salotti buoni) e del mondo della politica. Anche loro, troppo impegnati in convegni e esternazioni, e troppo distanti dai territori e dalle persone. Sicuramente dai lavoratori.
Ha scritto Michela Murgia, a proposito del clima attorno alla storia della Saras un bell'articolo:
In relazione a questo fatto quattro giorni fa la procura della Repubblica di Cagliari ha chiesto il rinvio a giudizio per omicidio colposo di tre dirigenti della Saras e del suo amministratore delegato, Gianmarco Moratti. Nessun giornale tranne Il Fatto Quotidiano ha dato questa notizia, perché evidentemente l’ufficio stampa della Saras fa bene il suo lavoro: la Saras non esiste, e se non esiste nessuno muore alla Saras e nessuno è responsabile di quelle morti. Chi prova a dire il contrario si trova davanti un muro impenetrabile di “vorrei ma non posso”. È successo l’anno scorso a Massimiliano Mazzotta, il regista che sulla Saras ha realizzato il documentario OIL, e che per quel film si è trovato ad affrontare lo stuolo di avvocati della famiglia di petrolieri che ne chiedevano il ritiro. Ai Moratti è andata male: il giudice non ha autorizzato il ritiro e il documentario lo abbiamo visto tutti. Ma la stessa cosa sta succedendo quest’anno a Giorgio Meletti, che per ChiareLettere ha appena fatto uscire un libro fondamentale per capire i silenzi della Saras. Si intitola Nel paese dei Moratti (Sarroch-Italia, una storia ordinaria di capitalismo coloniale) ed è un’inchiesta con un tale carico di informazioni e collegamenti che i Moratti devono averne proprio paura se in nessun giornale accettano di recensirlo o di parlare dei temi che solleva.
Qualcuno a parlarne però ci prova lo stesso. Per esempio va reso merito al Comune di Sarroch di aver organizzato proprio una presentazione di questo libro. Il direttore generale della Saras, uno dei quattro rinviati a giudizio per la morte dei tre operai, evidentemente non lo considera un merito, tanto che ha spedito a tutti i dipendenti della raffineria questa lettera sottilmente intimidatoria, che illustra chiaramente che cosa l'azienda si aspetta dal Comune di cui è primo contribuente e datore di lavoro monopolista:
“Siamo venuti a conoscenza che il Comune di Sarroch ha organizzato un evento per la presentazione del libro di Giorgio Meletti “Nel Paese dei Moratti”. Consapevoli che questa recente pubblicazione ha suscitato qualche interesse e curiosità, desideriamo condividere un breve commento al riguardo. Ci interessa evidenziare che il libro, al netto di alcune inesattezze e dell'utilizzo strumentale di alcune informazioni, non rende soprattutto merito dell’impegno profuso e dei risultati che Saras ha conseguito in oltre 40 anni di attività a favore della crescita economica e sociale del territorio e dello sviluppo di una cultura industriale ed organizzativa di cui tanto il nostro Paese ha bisogno. Ci auguriamo che questo sia lo spirito che ha indotto il Comune di Sarroch ad invitare l'autore del libro per un pubblico dibattito. Tutti, anche coloro che gravitano a vario titolo intorno alla nostra realtà, dovrebbero infatti farsi interpreti della sfida che come impresa quotidianamente viviamo: essere un punto di riferimento come produttori di energia sostenibile che alimenti la vita delle persone”.
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Mi raccomando, siate umani