12 settembre 2011

Per chi suona la campana

Cari ragazzi, oggi rientrate nelle vostre classi dopo i mesi di vacanza.
Troverete classi sovraffollate, non a norma, in cui magari mancano banchi e sedie.
Molto probabilmente molti di voi non si ritroveranno la stessa maestra e gli stessi insegnanti dell'anno precedente (la continuità didattica), perchè, come molti precari, è stata assegnata ad un'altra sede, da qualche altra parte dello stivale. Oppure, più semplicemente, la vostra insegnate è finita sotto la scure dei tagli della coppia Gelmini/Tremonti.

Questo perchè questo paese non può più permettersi una spesa pubblica per scuole e università.
Come avrete già intuito, al termine degli studi, vi attende una lunga gavetta di lavori precari, in nero, mal pagati e umilianti. D'altronde un eminente politico ha pure affermato che un pò (un bel pò) di precariato fa bene alla salute.
E' bene che impariate da subito.
Questo paese, che si può permettere la criminalità organizzata dentro l'economia e l'amministrazione pubblica (chi ne parla più, oramai), che si può permettere il lavoro nero (con tutta l'evasione contributiva difficilmente stimabile), l'evasione fiscale, i paradisi fiscali, la corruzione, non può più permettersi un welfare, una tutela dei più deboli, una scuola per tutti e una sanità per tutti.
Questo paese che può permettersi le grandi opere, l'alta velocità (quella dei costi maggiorati) e i ponti sullo stretto, la TAV il Mose a Venezia e l'expo a Milano. Ma non la casa dello studente a rischio sismico, come quella crollata all'Aquila.

E' il prezzo da pagare affinchè chi ha distrutto, devastato, corrotto, rubato, eluso ieri e oggi, possa permettersi una buonuscita dal sistema senza pagarne il prezzo.
Voi, giovani generazioni siete stati sacrificati al dio mercato (capriccioso, non si contenta mai, oggi le borse sono già in calo..), al dio profitto, al dio globalizzazione, al dio libelismo,  : come Abramo sacrificò il figlio Isacco perchè glielo chiese il suo Dio, anche voi siete stati sacrificati.
Niente bunga bunga, mi dispiace.

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