Georges De La Tour – Maddalena
L'incipit:
“I chiodi. Tutto cominciava da lì. Ogni giorno, andando al lavoro oppure uscendo per pranzo o ancora tornando a casa, Doni si fermava un istante e li guardava.Da lontano sembravano solo imperfezioni o macchie naturali delle lastre: e invece erano chiodi, grossi chiodi a espansione in metallo: un modo per tener saldo il marmo, visto che la malta originale stava per cedere e l'intero edificio era a rischio. Quegli oggetto avevano qualcosa di morale, naturalmente. Il luogo della Giustizia piegato alle leggi più alte della materia. Ma Doni ci vedeva soltanto l'idiozia della gente, e appena un monito: mai edificare sulla sabbia”.
Roberto Doni è un
sostituto procuratore generale, presso la procura di Milano. A 65
anni, ha raggiunto quasi l'apice della carriera, il cui passo
successivo sarebbe la promozione alla Procura Generale in qualche
sede di provincia.
Di idee conservatrici, iscritto alla piccola
corrente di magistratura indipendente ha sempre svolto il suo lavoro
con metodo e coscienza, secondo il principio personale “eccezioni
sempre, errori mai”.
Le sue idee, la sua carriera e un po'
anche la sua vita, saranno cambiate dall'incontro con Elena
Vincenzi, giornalista free-press, che gli chiede di occuparsi del
caso Khaled.
Un nordafricano, condannato in primo grado
perchè ritenuto responsabile, con altri immigrati, dell'aggressione
e del ferimento di una coppia di ragazzi, in via Padova (uno di quei
casi che giornali e certi partiti politici strumentalizzano bene).
In
appello, dovrebbe essere proprio Doni a sostenere l'accusa: la
procura Generale ha infatti chiesto una condanna più pesante in
appello.
Doni, inizialmente vorrebbe lasciar perdere la
richiesta di aiuto della giornalista, che sostiene l'innocenza di
Khaled, per la presenza di testimoni che potrebbero scagionarlo.
Ma
viene quasi trascinato dentro questa piccola indagine, uno strappo
proprio a quelle regole e procedure che ha così pedissequamente
seguito nella sua carriera. In appello non è prevista alcuna
indagine sul caso.
Lui che è stato fino a quel momento una
persona sobria e formale, e che si è sposato presto con una ragazza
più giovane di lui, perché “quello era il compito di tutti i
maschi nati dopo la guerra, .. rendere giustizia agli sforzi dei
padri”, e che oggi coltiva il sottile piacere di poter spendere,
alla fine della sua carriera, i propri soldi per un bel vestito.
Il giovane e il vecchio Doni :
“Una
famiglia normale, degli studi normali, un buon intuito e molto
metodo. Era un figlio dei suoi tempi, come Elisa [la figlia] era
figlia dei suoi: così intelligente da dover fuggire per
conquistarli.”
Assieme a Elena, inizia un viaggio
dentro quartieri di Milano che non aveva mai attraversato: zona
Loreto, via Padova: per la prima volta tocca con la propria mano
quella miseria che aveva conosciuto durante il suo lavoro, una
miseria fatta di odori, cipolle e polvere, panni stesi e carta
vecchia, il contrasto tra il suo bel vestito grigio formale, e le
case dei lavoratori amici di Khaled.
Sarà la morte di uno
dei testimoni, che avrebbe potuto dare un alibi a Khaled, che
spingerà Doni a prendere una decisione difficile, facendogli nascere
dei dubbi sulla sua natura di magistrato: una scelta diversa da
quella scontata di condanna, scelta che tutti, dai media alla Procura
stessa si aspettano per questo caso.
Ma è la scelta dettata dalla
legge superiore, per quella giustizia che “deve essere fatta,
qualunque cosa accada”, come dovrebbe essere scritto sul
palazzo della Procura (mutata negli anni del fascismo in un modo meno
assoluto di “giustizia affinché non muoia il mondo”).
Partendo
come romanzo giudiziario, “Per legge superiore” è
un racconto che affronta temi etici su leggi e giustizia nel
descrivere la coscienza di un magistrato che, da persona di potere
incline a provare piacere nell'essere ubbidito, scopre come tutti gli
ingranaggi della legge, che prima aveva sempre applicato, non siano
però in grado di dare una risposta ai propri dubbi. Il contrasto tra
l'applicazione di regole e formalismi, che porterebbero alla condanna
di un probabile innocente; il contrasto tra la Milano borghese (di
cui Doni fa parte) e la Milano multietnica di via Padova,
attraversata assieme alla giovane e combattiva giornalista. Il
contrasto tra la giustizia dei fatti e quella della legge superiore
dei valori.
L'intervista all'autore su Il
recensore.
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Giorgio Fontana
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