L'ultima puntata della stagione 2011 di
Report,"Corsa alla terra" di Piero Riccardi parla della terra: terra che viene sottratta all'agricoltura,
col risultato di mettere in crisi un intero settore per cui oggi
nemmeno sappiamo da dove viene (e di che qualità è) il cibo sulle
nostre tavole.
Terra che viene cementificata, che viene
sottratta ai legittimi proprietari da corsari dei tempi moderni,
multinazionali che ora non vengono a razziare schiavi per portarli
nelle piantagioni di cotone, ma rubano la terra ai contadini
dell'Africa. Per il business dei biocarburanti.
Sembra che non sia cambiato nulla dal genocidio degli indiani d'America o dal colonialismo europeo.
Sembra che non sia cambiato nulla dal genocidio degli indiani d'America o dal colonialismo europeo.
La pianura padana, con le sue fertili terre, rappresentava il luogo dove si produceva gran parte del nostro cibo. Ora invece il cibo lo importiamo e le terre agricole le stiamo abbandonando. Ogni giorno che passa in Veneto e in Lombardia perdiamo terreno coltivabile equivalente a 7 volte piazza del Duomo. Per farne cosa? Cementarlo o asfaltarlo. Ormai coltivare non conviene più. E i nostri agricoltori vanno a produrre all’estero, dove costa meno. Ma la concorrenza per accaparrarsi la terra è spietata. Perché? Che c'entra per esempio il fallimento di Lehman Brothers con la sorte di qualche centinaio di contadini di un villaggio sperduto del Mali? O ancora, cosa lega la direttiva europea sui biocarburanti con la morte di tre pastori nel nord del Senegal? In un viaggio che va dagli uffici di Washington della Banca Mondiale fino a una rivolta contadina nel cuore dell'Africa Occidentale, la puntata di domenica 18 dicembre cerca di percorrere i fili intrecciati di finanza, politica e modelli di sviluppo economico che stanno muovendo una corsa globale all'accaparramento di terra. Il termine inglese è land grabbing e i principali “accaparratori” sono europei, cinesi, indiani, americani. Il terreno di conquista più propizio è l'Africa dove governi compiacenti aprono le porte a investitori intenzionati a fare profitto nel più breve tempo possibile. Poco importa se milioni di contadini verranno espropriati delle loro terre come lo furono gli indiani d'America ai tempi del conquista del West. Per la Banca Mondiale, così come per molti investitori, si tratta del prezzo da pagare per ottenere il tanto agognato sviluppo. Ma per altri autorevoli osservatori questo è soltanto il preludio di una nuova strategia di conquista della risorsa più preziosa: l'acqua.
Seguirà un aggiornamento sulla puntata "Una poltrona per due", sul distretto dei divani a Forlì distrutto dalla concorrenza sleale dei cinesi (con la complicità dei soliti furbetti italiani), fenomeno esteso oggi alla Lombardia e alla Basilicata.
Un'inchiesta sul Fondo italiano di investimento e, infine, c'è chi dice no: Paolo Zamboni.
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