Se il libro di Primo Levi "Se questo è un uomo" ci ha raccontano della discesa verso il fondo, nell'inferno del lager, dell'uomo per la lucida follia dell'uomo stesso, il film di Tim Blake Nelson le mostra, quelle immagini dell'inferno quotidiano vissuto dentro Auschwitz.
E' il racconto dell'unico tentativo di ribellione mai avvenuto nel campo di sterminio, realizzato da un gruppo di ebrei, nell'ottobre 1944, appartenenti ad una squadra “speciale”, i Sonderkommando. Unità costituite dalle SS stesse con l'infame compito di far funzionare la macchina della morte: il loro “lavoro” era quello di accompagnare i nuovi arrivati alle camere a gas (rassicurandoli, dicendo loro “i pidocchi possono uccidere .. ricordate l'appendino dove avete lasciato la roba”), raccogliere i cadaveri e poi portarli ai forni crematori.
Pena la morte immediata per il rifiuto degli ordini. I Sonderkommando stessi , i cui membri godevano di benefici impensabili dentro il campo, venivano “liquidati” ogni quattro mesi, rimpiazzati da altri ebrei, per quanto bene facessero il loro “lavoro”.
Il film si basa sulle testimonianza del medico ungherese Miklos Nyiszli, che operava agli ordini del dottor Mengele e ai diari degli internati stessi. Il film non risparmia nulla della macchina dello sterminio messa in piedi dal regime nazista: una macchina perfetta in ogni suo ingranaggio, dal trasporto ferroviario, allo Zyklon B delle camere a gas, fino ai forni che riuscivano a “lavorare” fino a 6000 corpi al giorno.
Non c'è spazio ai sentimenti: il film non ha una nemmeno una colonna sonora che dia spazio al pathos. L'unica musica che accompagna il film è quella dell'orchestra che accompagna gli ebrei alle camere a gas, camuffate da “bagni”. Assenza di pathos non come assenza di emozioni, ma come assenza della compassione verso il proprio simile: lo stesso abbrutimento raccontato da Levi che ti porta a considerare come nemico il tuo vicino che può rubarti il pezzo di pane, o l'ebreo che si rifiuta a spogliarsi prima della camera a gas e che interrompe così il lavoro quotidiano.
Chi ha concepito questo sterminio industriale e lo ha realizzato non era pazzo.
In mezzo a questo ingranaggio di morte, al ebrei ungheresi del Sonderkommando del crematorio 3, Hoffman (D. Arquette), Rosenthal (D. Chandler), Schlermer (D. Benzali) ed Abramowics (S. Buscemi), l'occasione della rivolta resta l'unica possibilità di un riscatto per tutte le colpe: distruggere i forni per bloccare lo sterminio e il genocidio.
Attorno alla rivolta si svolgono altre storie parallele: quella del dottor Miklos Nyiszli, medico del campo che operava sotto gli ordini di Mengele, che si adopera con i nazisti per salvare la propria famiglia, e quella di una ragazza miracolata, sopravvissuta alla camera a gas, che viene aiutata da due sonderkommando in cerca di redenzione.
Cosa saresti disposto a fare pur di salvare la tua vita - si domanda il regista: accettare vodka e cibo in cambio del lavoro "sporco" contro ebrei stessi, vivere qualche giono in più senza preoccuparsi del futuro.
“Una volta avevo grande stima di me stesso” racconta Hoffman ad una ragazzina miracolosamente salvata dal gas “non immaginiamo mai di cosa siamo capaci. Come puoi sapere fino a che punto arrivare, pur di rimanere vivo, finchè non ti viene chiesto.
Per la maggior parte di noi è: qualunque cosa. È così facile dimenticare quelli che eravamo prima e che non saremo più. Ti puoi uccidere: quella è l'unica scelta”.
Questa storia, che forse in pochi conoscono all'interno della Shoa, termina con la rivolta, il 7 ottobre 1944, e la distruzione di metà dei forni crematori che non verranno più ricostruiti. Il finale lascia spazio alla poesia, con la voce della ragazzina prima salvata dal forno, ma infine uccisa assieme ai rivoltosi, che riprende le parole delle SS “tu passerai per il camino”.
“Io prendo fuoco in fretta .. la prima parte di me si solleva in un fumo denso che si mischia col fumo degli altri. Poi ci sono le ossa che si depositano in cenere .. E, infine, piccole parti della nostra polvere galleggiano nell'aria, intorno al lavoro del nuovo gruppo [il nuovo Sonderkommando] Sono parti di polvere grigie che si depositano sulle loro scarpe, sui loro vestiti, sui loro volti, nei loro polmoni. Si abituano così tanto alla nostra presenza che non se ne accorgono più che non ci spazzolano più via. A questo punto si muovono e basta, respirano e si muovono, come chiunque altro ancora vivo in quel posto. E questo è come il lavoro, continua”.
Il finale (solo in inglese):
Technorati: Shoa, Tim Blake Nelson
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Mi raccomando, siate umani