18 marzo 2012

Il guscio vuoto di Giuseppe D'Avanzo

Il guscio vuoto. Metamorfosi di una democrazia

Un altro ventennio si è chiuso in Italia, forse si è conclusa un'epoca e sarà possibile ridare sostanza alla nostra democrazia. Per avviare la ricostruzione è necessario capire cosa è successo nell'era berlusconiana. Giuseppe D'Avanzo ha individuato i meccanismi utilizzati dal potere per portare alla deriva la nostra democrazia: la trasformazione del linguaggio politico in slogan pubblicitario, lo stravolgimento della Costituzione, la sospensione dello stato di diritto, e l'eccezione che diventa la regola. Ancor di più: D'Avanzo ha colto quella specificità tutta italiana che glorifica l'ingegno talentuoso e non il metodo, la furbizia e non la lealtà, l'inventiva e mai la preparazione, il "miracolo" e mai l'organizzazione, l'individualità e mai il collettivo. 
Prefazione di Franco Cordero. 


Il guscio vuoto come metafora per descrivere l'Italia uscita (ma non ancora del tutto) dal ventennio berlusconiano: una democrazia che è appunto, come un guscio svuotato di alcuni dei suoi diritti, quelli a tutela dei senza potere, dei ceti deboli, di quelli che stanno sotto in contrapposizione a quelli che stanno sopra.
Se nella precedente raccolta di articoli di Giuseppe D'Avanzo si spaziava dalla mafia, agli scandali della seconda Repubblica (Telekom Serbia, il Nigergate, il Sismi di Pollari e del rapimento di Abu Omar, per approdare infine alle inchieste su Berlusconi), questa seconda raccolta è interamente incentrata sull'Italia di questi ultimi anni: gli anni di Berlusconi e della sua politica dell'emergenza (costruita a tavolino), l'Italia delle favole usate per nascondere la realtà, l'Italia del potere verticale che decide in presa diretta scavalcando leggi, burocrazie, parlamento e tutto quanto si frapponga alla sua volontà.
Il crepuscolo della seconda repubblica che stiamo vivendo dovrebbe portarci ad una profonda riflessione sugli anni di “furore” appena passati e gli articoli raccolti in questo libro hanno appunto questo fine: seguendo il suo metodo, ovvero partite dai fatti per capire e raccontare poi una storia, D'Avanzo ha raccontato le bugie del potere sui casi Noemi, le escort nelle residenze del cavaliere, il caso D'Addario per finire con l'inchiesta su Ruby e le pressioni sulla Questura per farla rilasciare per l'incredibile balla che era la nipote del premier Mubarak.

Gli articoli di D'Avanzo fanno capire, per coloro che ancora non hanno bene compreso la realtà che stiamo vivendo, quanto sia facile passare da una democrazia matura e compiuta, che si regge su un equilibrio di poteri separati che si controllano l'un l'altro, verso una autocrazia, monolitica e autoritaria, che risponde solo a se stessa in nome del voto popolare e del consenso (“il popolo mi ha votato”). Una democrazia autoreferenziale e opaca che destina non più l'olio di ricono e il manganello a chi vi si oppone (e non china subito il capo) la bastonatura mediatica da parte della “macchina del fango”. Se in origine era solo il centrosinistra, vittima delle commisioni di inchiesta pilotate sulla tangente Telekom Serbia, nell'Italia del governo Berlusconi VI stessa sorte è toccata al giudice Mesiano, al presidente Gianfranco Fini, a Veronica Lario (rea di aver denunciato per prima quel “ciarpame senza pudore” che aveva sotto gli occhi), il direttore dell'Avvenire Boffo ..
Fino al caso dell'ex governatore Marrazzo, per quel video girato dai carabinieri in via Gradoli, avvisato gentilmente dal premier quando ormai quelle immagini erano già state viste da molti.

Una nuova forma di regime basata su pochi principi: la povertà di un linguaggio che, come nei format televisivi, annulla la possibilità del ragionamento.
Gli immigrati diventano clandestini dunque criminali. L'opposizione sa dire solo di no. Non sono io colpevole dei reati a me imputati, ma esiste un complotto da parte dei media e dei partiti. L'ossessione del comunismo, visto in tutte le salse. Le battute da piano bar, per arrivare direttamente alla “pancia” dell'elettorato.
Mai pagato per stare con una donna, mai candidato una velina nelle liste, non sapevo che fossero delle escort ...
Noi siamo il governo del fare: aprire cantieri inutili e mai chiusi; gestire le emergenze militarizzando il territorio (i militari nelle strade, attorno alle discariche), andando sempre in deroga alle scelte, alle leggi, ai principi. 
È successo a Napoli coi rifiuti, allontanati dal centro e spostato lontano dalle telecamere; è successo a l'Aquila, con le case consegnate in prima serata e le persone rimaste per mesi nelle tendopoli (quasi una reclusione). Militari per schedare i rom, per respingere gli immigrati lontano dalle nostre coste, per gestire i Cie, dove nessun giornalista può entrare. 
La sospensione dei diritti in nome dell'emergenza, è anche quanto successo nel 2001 alla scuola Diaz e a Bolzaneto dove, per pochi giorni in Italia siamo tornati indietro di decenni, per quelle torture nei confronti di cittadini inermi da parte delle forze della polizia. L'Italia come l'Argentina dei generali, Bolzaneto come Garage Olimpio.
A dimostrazione di come sia ancora fragile la nostra democrazia: in quanti hanno pagato per quei reati? Che risposta ha dato lo stato, per sanare una ferita nei confronti di quei ragazzi che si avvicinavano alla politica magari per la prima volta?

Governare per decreti secondo la politica dell'emergenza.
L'emergenza delle intercettazioni, per lo scandalo più grave della Repubblica (si riferiva all'archivio Genchi), per cui bisogna proibire la divulgazione e persino l'uso di questo importante strumento di indagine.
Infine, il lasciapassare per poter governare serenamente senza l'ultima sua personalissima emergenza: l'assillo dei processi in corso.
Forse non lo ricordiamo più, ma questa legislatura (lunghissima come l'inverno della democrazia), che doveva essere secondo il coro dei corifei di Arcore quella costituente, è iniziata col segno della richiesta di impunità.
O mi bloccate i miei processi con un lodo (ancora qui, una parola usata a sproposito, ma ripetuta ad arte per farla entrare nella mentalità dei sudditi) o blocchiamo tutti i processi.

Infine il controllo dei media per cui, alla faccia del liberismo, un solo uomo controlla il maggior gruppo privato di informazione, e controlla la principale azienda pubblica, la Rai.
Lo ha raccontato negli articoli sulla struttura Delta, sulla macchina del fango, sulle menzogne ripetute ad ora di pranzo e ad ora di cena per potersi ricostruire una realtà che più gli faceva comodo.
La crisi non esiste, gli italiani sono tutti spiati, dobbiamo sanare lo scontro politica magistratura (ma chi è che attacca chi?), in tutte le democrazie non esistono intercettazioni e invece c'è l'immunità per le cariche dello Stato. L'opposizione vuole ribaltare il voto popolare (e cosa dovrebbe fare l'opposizione, se non mandare la maggioranza a casa, se quello che fa non lo ritiene giusto?). 
Il pacchetto sicurezza e il reato di clandestinità.
La legge bavaglio, e la sottomissione del potere giudiziario all'esecutivo.
La protezione civile dominus per tutti gli eventi, senza nessun controllo contabile e politico.

Tutte queste cose le ha raccontate D'Avanzo su Repubblica. Il racconto della metamorfosi della nostra democrazia in cui piano piano, si svuotava la Costituzione di alcuni suoi principi (art 3: la legge è uguale per tutti). Uno svuotamento del guscio che è avvenuto anche con una certa rassegnazione di noi cittadini italiani.
Non è a caso che l'ultima parte del libro sia concentrata su Napoli, metafora di un paese rassegnato a non cambiare mai (o forse no, visti i risultati delle amministrative).
Napoli come stato di eccezione permanente: la città dei rifiuti e dei commissari per questa emergenza che durata troppi anni. La città dei piccoli boss, della scuola tagliata dove i ragazzi crescono nelle strade e davanti alle playstation. “Siamo camorristi nella capa”: ma per cambiare la capa, bisogna dare un'opportunità alle persone. Altrimenti non è emergenza, è sistema.

Scrive
Carlo Galli, su Repubblica:

Ma quel perverso cortocircuito di eccezione e di menzogna se non è più cronaca non è ancora storia: anche se, forse, ce ne stiamo faticosamente uscendo, continua a prenderci letteralmente alla gola, e ci appare come un rischio che sarà presente, finché questa fase politica che non avrà trovato nuovi equilibri.
È questo rischio che dà al libro di D'Avanzo un significato non solo documentario ma anche civile; che ne fa un esempio di critica di ciò che ancora serve e servirà all'Italia: il coraggio di smascherare la menzogna e la passione per la realtà e per la verità.


Parte prima
La Costituzione forzata
I quattro fantasmi dell’Egoarca, p. 15
Trucchi da fiera, p. 19
L’immunità illegittima, p. 22
Il privilegio dell’Eletto, p. 25
La metamorfosi della democrazia, p. 28
L’alba di uno Stato governativo, p. 31
Parte seconda
La macchina fascinatoria
La macchina fascinatoria e l’inemendabilità dei fatti, p. 39
Le dieci domande, p. 41
Il nuovo volto del potere, p. 51
Il primato della menzogna, p. 56
L’abuso di potere, p. 71
Un potere postpolitico e neoautoritario, p. 76
Le dieci bugie, p. 79
Come rendere superflua la realtà, p. 88
Parte terza
Infangare, delegittimare, distruggere
Chi tocca i fili muore, p. 97
L’officina dei veleni, p. 100
La macchina del fango, p. 103
I metodi dell’Innominato e la libertà del dissidente, p. 107
Così si muove e colpisce la macchina dei falsi, p. 113
Quando è nata la macchina del fango, p. 119
L’abolizione dell’idea di verità, p. 124
Parte quarta
Lo stato di eccezione
Le torture a Bolzaneto e la notte della democrazia, p. 133
La sospensione del diritto, p. 141
La politica militarizzata, p. 149
La strage di san Gennaro, p. 151
La nuova civiltà dell’odio, p. 158
Incompetenza e irresponsabilità, p. 161
L’eccezione è la regola, p. 164
Se scatta il divieto di pubblica opinione, p. 167
La missione della Struttura Delta, p. 172
Parte quinta
Lo stato di eccezione permanente: Napoli
La città che gioca con i suoi vizi, p. 183
Oltre Napoli il vero inferno, p. 186
L’eccezione napoletana, p. 188
L’“emergenza” come sistema, p. 191
Le leggi e i militari non fanno i cittadini, p. 196
L’intera città si è fatta lazzara, p. 201
I piccoli boss di Malanapoli, p. 203
La buona vita è la mala vita, p. 206
Gli scugnizzi perduti di Camorra City, p. 211
Io, tossico punito due volte, p. 217
Tra i ragazzi che dicono: siamo camorristi nella capa, p. 220
Epilogo

Gioca e sii uomo!, p. 229

Le prime pagine: "La neolingua del potere"
Il link sul sito de l'editore Laterza.
Il precedente volume di raccolta "Inchiesta sul potere"

Il link per ordinare il libro su ibs.
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