"Io mi auguro che le imminenti
elezioni- dice Monti- siano l'occasione per un dibattito
comprensibile non solo sulle leadership, che hanno qualcosa di
invincibilmente interessante perche' sono agonistiche, e riguardano
la competizione, che si tratti di primarie o di illazioni su chi
guidera' le sfide elettorali. Ma questa- aggiunge il presidente del
consiglio italiano- e' la crosta. Quello che conta e' cosa si fara'
con il potere grande che deriva dalle elezioni. Io spero che emerga
sempre piu' questo nel dibattito".
Ma in questi giorni la crosta nasconde anche tutto il pus sotto la ferita di Taranto: una ferita che per troppi anni nessuno ha voluto curare. Una ferita contro la salute dei tarantini, per le migliaia di morti causate dalle emissioni dell'Ilva della famiglia Riva. Una ferita della democrazia, per tutto quel sistema di relazioni che l'impresa ha saputo coltivare, pagando: giornalisti, sindacalisti, tecnici, periti, politici locali e nazionali. Anche la curia locale sarebbe stata “comprata” con una generosa offerta.
La scorsa puntata di Servizio pubblico si è dedicata interamente alla vergogna di Taranto, anche se nell'anteprima, Santoro, ha voluto parlare delle primarie del centro sinistra .Quei 3 milioni e passa di italiani che hanno fatto la fila per votare, i confronti dei candidati nei talk show: c'è voglia di buona politica che va in televisione a confrontarsi sui problemi.
Sul potere della televisione, il
conduttore, ha voluto esprimere la sua preoccupazione: ogni volta che
la sinistra si avvicina al governo, non c'è profumo di cose di
sinistra, ma di “ordine”. C'è nell'aria una specie di nuovo
regime, annunciato dagli intellettuali che scrivono sui giornali, che
vorrebbe cacciare gli “scostumati” come Santoro dalla tv. Per il
suo modo di fare tv: una tv ubriaca, irriverente. Non allineata al
“volemose bene” che ha contraddistinto i confronti
fin'ora.
Ieri ci sono state le solite nomine Rai lottizzate (cambiano i governi e non cambia nulla, nemmeno coi tecnici): sopra la crosta i leader cantano, sotto la crosta i poveri crepano.
E sotto la crosta rimane ancora imprigionata l'informazione e la cultura.
Le immagini di Taranto.
Pare incredibile, ma nonostante la sbornia di informazioni che ci vengono date, ci sono immagini della protesta di Taranto, da parte degli operai che non si fidano più di nessuno, che non abbiamo mai visto nei TG. Il porto dopo il passaggio del tifone (con l'operaio ancora disperso in mare), la protesta contro il direttore dell'impianto che promette ancora la messa a norma, la protesta contro Vendola (“non l'abbiamo mai visto”) e contro gli altri candidati del centrosinistra.
Gli ospiti in studio, erano Aldo Busi, il sindaco Matteo Renzi, Maurizio Landini e Guido Crosetto.
Prendendo spunto dal suo ultimo libro, il primo ad intervenire è stato lo scrittore: oggi, se un leader volesse combattere le lobby, la corruzione, verrebbe fatto fuori.
Perché il popolo è fascista: costretto ad essere fascista per l'assenza di ricambio, e i giovani sono scelti fin da subito in base alla loro fedeltà ai vecchi.
Per rompere questa crosta, occorre rompere questa mentalità conservativa: sotto la crosta c'è un potere inamovibile e le parole di Monti sembrano dire ai leader dei partiti, “voi lì non potete intervenire”.
La prima cosa da fare sarebbe la bonifica da ogni clericalismo.
Matteo Renzi: la politica ha fallito a Taranto, perché ha rinviato per anni il problema, ha fatto una rimozione nel futuro dei problemi (il Sulcis, il debito pubblico). Allucinante anche la privatizzazione dell'Ilva: il secondo stabilimento d'Europa è stato quasi regalato (senza nessun obbligo di bonifica) alla famiglia Riva (dal governo tecnico di Dini, ma gli accordi erano precedenti con Prodi e Berlusconi).
Il privato ha fatto profitti miliardari, in questi anni, e non ha investito in bonifiche.
E le leggi per farlo ci sono: è mancata la volontà di applicarle.
Il giornalistaDragoni ha raccontato, brevemente, la storia della famiglia Riva: da una industria di gestione rottami, ha iniziato a comprarsi acciaierie in Italia e all'estero. Arrestato per omicidio colposo nel 1975, ha fermato gli impianti finché non fu scarcerato.
Condannato anche per mobbing, perché teneva impiegati in una palazzina a non far nulla tutto il giorno.
Con l'Ilva, acquistata nel 1995, si è garantito 4,4 miliardi di profitti, mentre sono rimasti allo stato i 3,5 miliardi di debiti della bad company.
Un po' come è successo con la privatizzazione dell'Alitalia: è entrato in Cai con 120 milioni nel 2008, quando, guarda caso, il ministero dell'ambiente di Prestigacomo (e Clini) era restio a concedere l'Aia (l'autorizzazione) perché l'Arpa regionale pugliese aveva portato dei dati negativi.
Il ministro contestò quei dati e l'autorizzazione fu concessa. Un caso.
Dragoni ha anche ricordato i 98000 euro dati da Riva a Bersani, e l'accordo fatto coi DS in Liguria, dopo la dismissione dell'impianto di Cornigliano. Un'area demaniale occupata fino al 2060.
Maurizio Landini ha voluto ricordare che dietro gli impianti di Taranto ci sono 20000 persone, c'è un acciaio che per il 70% rimane in Italia. Bloccando Taranto, a catena si creerebbero problemi anche ad altre imprese.
È uscito dall'incontro con Monti, senza capire quali fossero le sue intenzioni: ma quello che occorre fare è ripristinare la fiducia tra lavoratori e imprese. Perché questi imprenditori hanno grosse responsabilità: se è vero che l'acciaio e le industrie vanno salvaguardate, oggi servono investimenti per rifare gli altoforni, per coprire i parchi minerari. Parliamo di 4 o 5 miliardi: oggi il governo dovrebbe prendere un ruolo di controllo, non rimanere semplice osservatore.
Stefano Bianchi, tarantino anche lui, ha portato in studio le voci degli operai: come Cataldo, che ha fondato il “comitato dei cittadini liberi e pensanti”.
Ho molto apprezzato l'intervento di Guido Crosetto che, sulla questione Ilva, si è dimostrato molto più di sinistra di altri candidati.
Un'azienda seria non dice ai propri operai di occupare la città, dopo il sequestro degli impianti da parte della magistratura (come ha raccontato poco prima Cataldo).
Un'azienda seria mette a norma gli impianti.
Lo stato dovrebbe prendere i soldi, per le bonifiche, direttamente dai profitti dei Riva (senza arrivare alla nazionalizzazione, come ha fatto Hollande)..
Perché un imprenditore vero è uno che mette i soldi, rispetta le regole: altrimenti è un prenditore.
Renzi ha ricordato che, oltre Taranto, esistono altri 51 siti da bonificare: il 3% del territorio nazionale. Anche questa è una sfida che lo stato deve affrontare.
L'intervento di Marco Travaglio: la superiorità della politica.
A proposito di Talk show modello italia dei tecnici: chissà come l'ha presa Pierluigi (l'uomo delle metafore), l'intervento del vicedirettore de Il fatto.
I soldi dei Riva (e di federacciai), il governo che decreta contro i giudici (o forse no), l'autonomia della politica che prende soldi dalle imprese. E nessun politico (che poi oggi spera anche di finire a Palazzo Chigi) che si chieda, come mai questa persona mi da dei soldi? E chi è questa persona? Cosa vorrà in cambio?
L'inchiesta della procura su Taranto si chiama “ambiente venduto”. A svenderlo sono stati in tanti.
Ieri ci sono state le solite nomine Rai lottizzate (cambiano i governi e non cambia nulla, nemmeno coi tecnici): sopra la crosta i leader cantano, sotto la crosta i poveri crepano.
E sotto la crosta rimane ancora imprigionata l'informazione e la cultura.
Le immagini di Taranto.
Pare incredibile, ma nonostante la sbornia di informazioni che ci vengono date, ci sono immagini della protesta di Taranto, da parte degli operai che non si fidano più di nessuno, che non abbiamo mai visto nei TG. Il porto dopo il passaggio del tifone (con l'operaio ancora disperso in mare), la protesta contro il direttore dell'impianto che promette ancora la messa a norma, la protesta contro Vendola (“non l'abbiamo mai visto”) e contro gli altri candidati del centrosinistra.
Gli ospiti in studio, erano Aldo Busi, il sindaco Matteo Renzi, Maurizio Landini e Guido Crosetto.
Prendendo spunto dal suo ultimo libro, il primo ad intervenire è stato lo scrittore: oggi, se un leader volesse combattere le lobby, la corruzione, verrebbe fatto fuori.
Perché il popolo è fascista: costretto ad essere fascista per l'assenza di ricambio, e i giovani sono scelti fin da subito in base alla loro fedeltà ai vecchi.
Per rompere questa crosta, occorre rompere questa mentalità conservativa: sotto la crosta c'è un potere inamovibile e le parole di Monti sembrano dire ai leader dei partiti, “voi lì non potete intervenire”.
La prima cosa da fare sarebbe la bonifica da ogni clericalismo.
Matteo Renzi: la politica ha fallito a Taranto, perché ha rinviato per anni il problema, ha fatto una rimozione nel futuro dei problemi (il Sulcis, il debito pubblico). Allucinante anche la privatizzazione dell'Ilva: il secondo stabilimento d'Europa è stato quasi regalato (senza nessun obbligo di bonifica) alla famiglia Riva (dal governo tecnico di Dini, ma gli accordi erano precedenti con Prodi e Berlusconi).
Il privato ha fatto profitti miliardari, in questi anni, e non ha investito in bonifiche.
E le leggi per farlo ci sono: è mancata la volontà di applicarle.
Il giornalistaDragoni ha raccontato, brevemente, la storia della famiglia Riva: da una industria di gestione rottami, ha iniziato a comprarsi acciaierie in Italia e all'estero. Arrestato per omicidio colposo nel 1975, ha fermato gli impianti finché non fu scarcerato.
Condannato anche per mobbing, perché teneva impiegati in una palazzina a non far nulla tutto il giorno.
Con l'Ilva, acquistata nel 1995, si è garantito 4,4 miliardi di profitti, mentre sono rimasti allo stato i 3,5 miliardi di debiti della bad company.
Un po' come è successo con la privatizzazione dell'Alitalia: è entrato in Cai con 120 milioni nel 2008, quando, guarda caso, il ministero dell'ambiente di Prestigacomo (e Clini) era restio a concedere l'Aia (l'autorizzazione) perché l'Arpa regionale pugliese aveva portato dei dati negativi.
Il ministro contestò quei dati e l'autorizzazione fu concessa. Un caso.
Dragoni ha anche ricordato i 98000 euro dati da Riva a Bersani, e l'accordo fatto coi DS in Liguria, dopo la dismissione dell'impianto di Cornigliano. Un'area demaniale occupata fino al 2060.
Maurizio Landini ha voluto ricordare che dietro gli impianti di Taranto ci sono 20000 persone, c'è un acciaio che per il 70% rimane in Italia. Bloccando Taranto, a catena si creerebbero problemi anche ad altre imprese.
È uscito dall'incontro con Monti, senza capire quali fossero le sue intenzioni: ma quello che occorre fare è ripristinare la fiducia tra lavoratori e imprese. Perché questi imprenditori hanno grosse responsabilità: se è vero che l'acciaio e le industrie vanno salvaguardate, oggi servono investimenti per rifare gli altoforni, per coprire i parchi minerari. Parliamo di 4 o 5 miliardi: oggi il governo dovrebbe prendere un ruolo di controllo, non rimanere semplice osservatore.
Stefano Bianchi, tarantino anche lui, ha portato in studio le voci degli operai: come Cataldo, che ha fondato il “comitato dei cittadini liberi e pensanti”.
Ho molto apprezzato l'intervento di Guido Crosetto che, sulla questione Ilva, si è dimostrato molto più di sinistra di altri candidati.
Un'azienda seria non dice ai propri operai di occupare la città, dopo il sequestro degli impianti da parte della magistratura (come ha raccontato poco prima Cataldo).
Un'azienda seria mette a norma gli impianti.
Lo stato dovrebbe prendere i soldi, per le bonifiche, direttamente dai profitti dei Riva (senza arrivare alla nazionalizzazione, come ha fatto Hollande)..
Perché un imprenditore vero è uno che mette i soldi, rispetta le regole: altrimenti è un prenditore.
Renzi ha ricordato che, oltre Taranto, esistono altri 51 siti da bonificare: il 3% del territorio nazionale. Anche questa è una sfida che lo stato deve affrontare.
L'intervento di Marco Travaglio: la superiorità della politica.
A proposito di Talk show modello italia dei tecnici: chissà come l'ha presa Pierluigi (l'uomo delle metafore), l'intervento del vicedirettore de Il fatto.
I soldi dei Riva (e di federacciai), il governo che decreta contro i giudici (o forse no), l'autonomia della politica che prende soldi dalle imprese. E nessun politico (che poi oggi spera anche di finire a Palazzo Chigi) che si chieda, come mai questa persona mi da dei soldi? E chi è questa persona? Cosa vorrà in cambio?
L'inchiesta della procura su Taranto si chiama “ambiente venduto”. A svenderlo sono stati in tanti.
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Mi raccomando, siate umani