20 gennaio 2013

Sukovest, di Massimiliano Smeriglio

L'incipit (le prima pagine le potete trovare qui)

Se prendi un compasso,
ammesso che si trovi ancora in qualche cassetto dei ricordi,
se prendi un compasso
e lo punti tra il Colosseo e il Campidoglio, e fai scorrere
la mina in cerchio lungo il bordo della città, ammesso
che la città abbia ancora un bordo, potrai con facilità
sovrapporre al profilo di Roma quello della rosa dei venti,
invenzione geniale nata sotto i limoni della repubblica
amalfitana.
Se prendi un compasso,
noterai quante e diverse sono le città di Roma.
Questa è una storia che si svolge e si nutre sotto la
spinta del libeccio,
una storia che si confina, per tigna e consapevolezza,
tra i margini sud-ovest della città e che aspetta il vento
della Libia, come il demonio d’estate, per distruggere
piante e raccolti.
È una storia capace di brezza di mare che non asciuga
sudore e adrenalina.
Roma sud-ovest è un suk attraversato da una moltitudine di traffici che si combattono, alimentano ed eludono
a vicenda.
Roma sud-ovest porta con sé la memoria come destino,
come sovrapposizione di epoche, vicende, battaglie,
tradimenti, grandezze infinite e schianti bestiali.
Roma sud-ovest è la città di sotto che ha come unica
possibilità di accesso alla città di sopra quella di aggredire
la punta del compasso.
Oppure di risalire, lungo la direttrice ovest-est, quella
vena putrescente chiamata Tevere. Muovendo di bolina.
Contenendo il grecale.
Quella che si dimena tra il maestrale e lo scirocco, la
città capace di partorire tramontana, è un’altra città.
Roma Nord è una città geneticamente modificata, attraversata
da botulini gentili, filler, acido ialuronico, cellule
staminali, bioplasma, olii essenziali, ultrasuoni antigravità,
liposculture, manager dalla pelle liscia, dog sitter,
parchi per pochi intimi, lucchetti e catenine che con
il suk del sud-ovest non hanno nulla a che vedere.
Il cuore della città, come è noto, pulsa tra le sementi
del suk.
Vale anche per questa città fatta di confini e interstizi
di accesso, fatta di affari e caos senza ritorno.
Nello spazio tra il bordo sud e quello nord del Raccordo
Anulare si situa questa metafora che amplifica e
semplifica le attitudini della città.
Il Raccordo somiglia a una cinta muraria.
Le mura a Roma non hanno mai corrisposto alla dimensione
effettiva della città.
La prima cinta muraria sul Palatino proteggeva un
villaggio di capanne. Le mura serviane si sviluppavano
per undici chilometri includendo la costellazione degli
insediamenti sui colli.
Troppo piccole per contenere gli umori eccedenti.
Aureliano costruì una nuova cinta muraria di diciannove
chilometri, quattordici porte e quasi quattrocento
torri quadrate.
Ancora troppo piccole per le ambizioni forsennate dell’Impero.
Ma anche troppo grandi per difendere la città dal tonfo
e dalla caduta dei secoli successivi.
Vale lo stesso per il Raccordo.
Troppo piccolo per una città in perenne esondazione.
Troppo grande per definirne un profilo accettabile.
Su questa retta, quella che si tira tra i bordi estremi del
GRA, viaggia come un missile il sapore della vendetta.
Dimenticavo.
Roma sukovest non esiste.
È solo un punto di osservazione.
Un desiderio.
Fazioso.
Partigiano.
Bello, questo libro: un giallo scritto bene, crudo nel descrivere la realtà criminale nei quartieri di Roma (come la Garbatella, dove è ambientata questa storia). Una delle micro città dentro Roma, dove ci si conosce tutti, perché si è cresciuti assieme. Anche se poi da grandi si sono prese strade diverse: criminali e poliziotti, come Valerio e Massimo da una parte, piccoli criminali della Garbatella e il loro amico Victor, ispettore di polizia.

Così quando Valerio torna in Italia, dopo anni di latitanza in Messico, torna a Roma e scopre che il suo amico Massimo Giunti detto il Gatto viene ucciso vicino la fontana Carlotta (dove da giovani facevano la gara a chi teneva la testa più a lungo sotto l'acqua), il suo unico obiettivo è trovare chi l'ha ucciso.

L'amico Victor, che ufficialmente dovrebbe trovare il colpevole o i colpevoli per assicurarli alla giustizia, non è di grande utilità. Anche perché la polizia stessa ha poco interesse ad investigare su questo reato: "finché si ammazzano tra di loro" ..
Deve portare avanti una sua discreta indagine, sentendo i vecchi compari del quartiere, e seguendo la pista dell'ultimo numero di cellulare usato dal Gatto.

Scopre così che il suo amico era implicato in una rapina, con gente di un altro quartiere, i cui soldi sarebbero serviti per entrare in un giro più grosso, quello dei rifiuti. Il Gatto si era avvicinato a un giro pericoloso: ex fascisti e terroristi neri, uomini politici della regione e del governo centrale:
"Ora disponeva delle prime tessere del puzzle: una rapina ben congegnata e poi abortita, un bar punto di riferimento della batteria, la volontà di utilizzare il bottino come posta per entrare in un affare molto più grande, un dirigente regionale, un imprenditore giovane e determinato. Sapeva pure che il bar in questione era un punto di ritrovo per ambienti della destra eversiva e per certi ambienti collaterali della malavita.Si rendeva conto che si stava infiltrando in un ginepraio e che i rischi erano piuttosto alti. Non temeva per sé, la sua scelta l'aveva fatta e sarebbe andato fino in fondo. Solo la vendetta poteva consumare l'odio che si portava dietro.Ma temeva per la sua sgangherata squadra di supporto. Gli amici di sempre: Mario, nicche, Panettone e Papella, abili e arruolati alla bisogna. E poi sirio, piccolo boss di quartiere, e Victor, nient'altro che un poliziotto sfigato spiaggiato su piste inconsistenti.
Soprattutto temeva per le nuove reclute: una prostituta romena in "tournèe", della quale si era probabilmente invaghito,e un pischello mezzo squaiato, geniale e folle in perenne contemplazione del suo muro.Preoccupazioni superflue visto he il fischio d'inizio c'era già stato e che la partita era in corso. E per ora stava perdendo di brutto. non poteva lasciar passare altro tempo, ora serviva organizzare il contrattacco."[pagina 159]
La Garbatella Posse porterà avanti la sua vendetta: Valerio e la sua amica escort Ramona, il writer nonchè hacker Daniele (detto Bracalone); gli amici di una vita Mario, Nicche, Panettone e Papella cresciuti assieme nella Garbatella. 

Sarà anche una vendetta per una vecchia ferita del passato, per una storia che risale agli anni della Roma occupata dai nazifascisti nel 1944, quando gli assassini della banda Koch scorrazzavano per la città, divertendosi a torturare e derubare chiunque capitasse nelle loro mani. Sullo sfondo della storia, un frate benedettino dentro la squadraccia di Koch che aveva catturato e fatto uccidere un amico di famiglia del nonno di Valerio, capo partigiano che era morto senza riuscire a catturarlo per compiere la sua vendetta.
Fascisti di ieri e fascisti di oggi, traffici criminali di ieri (sfruttando la sofferenza di antifascisti finiti nelle mani dei carcerieri tedeschi) e traffici criminali di oggi (sfruttando il business dei rifiuti, dove l'emergenza per la discarica di Malagrotta aleggia sulla città): sarà dal passato che Valerio otterrà la risposta alle sue domande e la sua vendetta.

Booktrailer


Intervista dell'autore su repubblica di Silvana Mazzocchi:
Dalla Roma di Romanzo criminale, che cosa è cambiato?"È cambiato tutto. È cambiata la città, più aspra, dispersa, frammentata, piegata su se stessa. Per certi versi ostaggio di una ferocia e un rancore quotidiano senza precedenti. Ci sono due livelli che viaggiano paralleli e che, a volte, si incontrano. La grande criminalità organizzata del sud, prevalentemente calabrese, che, approfittando della crisi, investe in città immettendo su di un mercato asfittico grande liquidità. E poi c'è la micro criminalità di quartiere impazzita, alterata dal costante uso di droghe sintetiche e alla continua ricerca di nuove piazze di spaccio. In ogni caso la dimensione anarchica, indisciplinata della città prevale anche nelle vicende criminali.O forse non è cambiato niente visto che ogni volta che si tira un filo relativo a fatti di criminalità si arriva ai protagonisti di sempre. Banditi anni Settanta che si ostinano a non andare in pensione, ex fascisti degli anni di piombo trasformati in business men capaci di divorare la cosa pubblica, di mangiarsi la città, i suoi servizi, persino la bellezza. In questo senso sembra che a Roma non passi mai nulla, neanche il tempo. De Cataldo descrivendo Suk Ovest. Banditi a Roma definisce questo stato di sospensione il male di sempre. Penso che abbia ragione".
Quanto realismo c'è nella sua crime novel?"Molto. Il libro si muove su due calendari, quello del 1944 e uno contemporaneo. Per quanto riguarda l'occupazione di Roma, la banda Koch, via Tasso e le Fosse Ardeatine, la ricostruzione storica è molto dettagliata. Su quel contesto così preciso, almeno spero, faccio muovere con una certa libertà i protagonisti.Per la vicenda contemporanea ci sono fatti di cronaca reinterpretati in termini di finzione. Il contesto sociale culturale che fa da riferimento ai nuovi padroni della città credo sia molto verosimile. Così come la vicenda del business dei rifiuti è molto aderente alla realtà. Nel libro viene riportato un documento firmato dal sindaco di Roma e dall'ex Ministro della Difesa che individuava un sito a nord di Roma come nuova discarica, in barba ai vincoli paesaggistici e anche al buon senso. Il documento è reale e fu pubblicato da "Repubblica", anzi fu un vero e proprio scoop".Ci sono tante Roma, Che cosa è il Suk ovest?"È la riva sinistra del Tevere, Roma sud ovest è una forzatura stilistica ma in fondo esistono tante Roma, forse tante quanti sono i suoi quartieri. Una città enorme, nel perimetro di Roma c'è posto per dieci Parigi. Eppure una città ancora provinciale legata a dinamiche localistiche.E in queste diverse città vigono comportamenti, stili di vita, linguaggi, atteggiamenti sociali parecchio differenti. Roma nord, la riva destra, sono in fondo i luoghi della città che conta, dei quartieri bene, degli affari, degli avvocati, del Vaticano, della Comunicazione.Roma sud ovest è la città prevalentemente popolare, a tratti plebea, a metà strada tra la modernità e un suk arabo per l'assoluta assenza di qualsiasi forma di pianificazione e razionalizzazione urbanistica, sociale, persino antropologica.Inoltre il nostro modo d'intendere la città è quasi esclusivamente un tragitto che parte dal quartiere dove si risiede verso il centro e viceversa.La mobilità tra quartieri è assai scarsa anche per la mancanza di centralità, con poli di attrazione tutti purtroppo ben concentrati quasi esclusivamente dentro le Mura Aureliane.Suk Ovest in fondo è il conflitto tra la città di sopra e la città di sotto che si danno adunata su di un palcoscenico unico al mondo: il centro, la punta del compasso, la città museo che tutto ingoia e divora. A volte persino la vita dei suoi abitanti".

Il link per ordinare il libro su ibs.
Il sito dell'autore.

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