Che la ’ntricata foresta dintra alla quali lui e Livia si erano vinuti ad attrovari, senza sapiri né pircome né pirchì, fosse virgini non c’era nisciun dubbio pirchì ’na decina di metri narrè avivano viduto un cartello di ligno ’nchiovato al tronco di un àrbolo supra il quali ci stava scrivuto con littre marchiate a foco : foresta vergine. Parivano Adamo ed Eva in quanto erano tutti e dù completamenti nudi e si cummigliavano le cosiddette vrigogne, le quali, a pinsarici bono, non avivano nenti di vrigognoso, con le classiche foglie di fico che si erano accattate da ’na bancarella all’entrata a un euro l’una ed erano fatte di plastica. Siccome erano rigide, davano tanticchia di fastiddio. Ma quello che cchiù fastiddiava era il caminare a pedi nudi.
A mano a mano che Montalbano procidiva, sempri cchiù si faciva pirsuaso che in quel posto c’era già stato ’na vota. Ma quanno? La testa di un lioni ’ntravista ’n mezzo all’àrboli, che non erano àrboli ma felci gigantesche, gli fornì la spiegazioni.
«Lo sai, Livia, dove ci troviamo ?».
«Lo so, in una foresta vergine. C’era il cartello».
«Ma si tratta di una foresta dipinta !».
«Come dipinta ?».
«Siamo dentro al Sogno di Yadwigha, il celebre quadro di Rousseau il Doganiere !».
«Ma ti sei ammattito?».
«Vedrai se non ho ragione, tra un poco dovremmo imbatterci in Yadwigha».
«E come mai conosci questa donna ?» spiò Livia sospittosa.
E ’nfatti, doppo picca, s’imbattero in Yadwigha che, a vidirli, sinni ristò supra al divano, stinnicchiata nuda com’era, ma si portò l’indici al naso facenno ’nzinga di stari ’n silenzio e dissi:
«Sta per cominciare».
Il quadro è questo (ho trovato incipit e immagine qui) ed è citato nell'incipit dell'ultimo libro di Camilleri "Un covo di vipere".
Un consiglio: non leggetevi la pagina dei ringraziamenti, prima di aver finito il libro.
Vi rovinerebbe la lettura.
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