31 ottobre 2013

Arrigoni e il caso di piazzale Loreto, di Dario Crapanzano

Milano 1952

L'incipit:
Faceva un freddo boia la mattina di domenica 7 dicembre, Sant’Ambrogio. Ciò nonostante, alle otto in punto il ragionier Spartaco Spezzaferro, lasciato a malincuore il calduccio della sua abitazione in via Sacchini, partiva per la consueta passeggiata in compagnia del fido Volpino. Volpino con la V maiuscola perché quello non era solo il nome della razza canina di appartenenza della bestiola, ma anche il suo personale, per una curiosa scelta, al tempo stesso banale e anticonvenzionale, del padrone.


7 dicembre 1952, giorno di festa a Milano per la festività di S. Ambrogio: in quella fredda domenica il cadavere di Gilda Dell'Acqua viene trovato da un pensionato, a passeggio col proprio cane, all'interno della propria auto, una topolino.
Gilda Dell'Acqua, assieme alla sorella gemella Violetta, è proprietaria del bar in piazzale Loreto “Le gemelle”: un bar famoso nel quartiere, anche per l'avvenenza delle due ragazze, così uguali per farle distinguere l'una dall'altra hanno scelto di indossare anelli con pietre di colore diverso.
È il delitto di piazzale Loreto, che impegnerà il commissario Arrigoni e la sua squadra intensamente, fin quasi fargli gettare la spugna.

Un delitto complicato: la ragazza, rimasta orfana di entrambi i genitori, viveva in casa di uno zio assieme alla sorella, con cui divideva la cospicua eredità lasciata dal padre. Una vita all'apparenza tranquilla: lavorava nel bar tabacchi aveva un fidanzato studente in ingegneria ..

Ma i colpi di scena arrivano subito: a causare la morte è stata un'iniezione di cianuro, nel collo.

Deduzione numero uno: siamo di fronte a un omicidio premeditato, perché nessuno va in giro con in tasca una siringa contenente cianuro, aspettando che gli capiti l’occasione di far fuori qualcuno. Secondo punto: possiamo con assoluta certezza ritenere che, la sera del delitto, Gilda avesse appuntamento con qualcuno a lei ben noto, infatti lo ha lasciato salire sulla sua macchina.[..]Tutto ciò premesso, il nostro lavoro comincia adesso... cerchio dopo cerchio: caccia al movente, identificazione delle persone sospette, ricerca delle prove. Che poi a questi risultati ci portino motivazioni passionali, vizi più o meno occulti, la cocaina, vallo a sapere...
Cerchio dopo cerchio, dice il commissario: e muovendosi in questo modo, tra i frequentatori del locale, Arrigoni, affiancato dal valido ispettore Giovine e dall'agente Di Pasquale, scoprono che questa Gilda aveva molte frequentazioni “particolari” fuori dal locale.

Partecipava a dei festini, con tanto di spogliarelli e consumo di droga, nella villa di un enigmatico marchese.
Gli investigatori scoprono che, oltre al fidanzato, si lasciava corteggiare da altri personaggi del bar; andava a giocare in una bisca clandestina dove perdeva parecchio denaro. Oltre al gioco d'azzardo, aveva anche il vizio di consumare cocaina che si faceva portare al bar e che poi consumava da sola o nei festini con marchese e consorte. Anche con lo zio, che gestiva per loro il bar tabacchi, aveva con la nipote una morbosa attenzione.

Insomma, Gilda era una ragazza molto attraente e spregiudicata, conscia dell'effetto della propria bellezza sugli uomini. Fascino che sapeva usare a suo piacimento e che intendeva usare fare carriera nel modo dello spettacolo. Tutto il contrario della sorella da cui la divideva anche il modo in cui gestire la ricca eredità lasciatagli dai genitori: tanto Gilda intendeva vendere i beni per incassare denaro, tanto Violetta, maestra in una scuola elementare, intendeva tenere assieme tutto quanto ereditato.
– Le modalità dell’assassinio ci hanno detto in modo chiaro che si è trattato di un omicidio premeditato, e che il colpevole andava cercato nel giro delle frequentazioni della vittima. Vittima che ormai conosciamo come le nostre tasche: più vizi che virtù, amori, amorazzi, passioni, ambizioni. Il parco a nostra disposizione si riduceva però a pochi soggetti: i quattro gatti del bar, il fidanzato, i parenti e i pochi nomi usciti dall’agendina, fra i quali l’unico degno di attenzione sembrava, forse, Emanuele Gargiulo. 
Troppe piste che però, alla fine si rivelano piste morte. Ognuno dei sospettati ha un alibi o comunque non ci sono prove inconfutabili per far scattare le manette (con dispiacere del vice Mastrantonio).
Che fare? Arrivati al punto di gettare la spugna, il caso verrà risolto grazie all'intuito dell'ispettore Giovine che arriva a seguire una pista personale, partendo da alcune note stonate, alcuni particolari del caso che non tornano.
“...però ho registrato inconsciamente una nota stonata che, dopo l’incontro con il marchese, è tornata prepotentemente alla luce. È suonato un campanello d’allarme e, riflettendo sugli sviluppi del caso, mi sono saltate all’occhio alcune anomalie, alle quali non avevamo prestato attenzione, in quanto poco rilevanti per le piste che stavamo seguendo.”

Terzo caso per il commissario capo Arrigoni e la sua squadra del commissariato di Porta Venezia: un personaggio seriale che ricorda, per i suoi modi e per il suo modo di lavorare, il più celebre commissario parigino Maigret, nato dalla penna di GeorgesSimenon.

Come quest'ultimo, anche Arrigoni deve seguire casi che hanno a che fare con la miseria, con l'avidità, l'amore. Anche Arrigoni cerca di intuire, dalle tracce dell'omicidio, uno spunto per arrivare alle motivazioni dell'omicidio e dell'assassino.
Ma i gialli di Crapanzano sono anche un viaggio dentro la Milano del primo dopoguerra: quella dove si viaggiava a piedi o col tram. C'erano poche auto e nei bar si giocava a scopa (e non c'erano le slot machine) e si mangiava i “sanguis”, l'italianizzazione dei sandwich inglesi, ovvero panini al salame accompagnati da un generoso bicchiere di Barbera.

In questo romanzo Crapanzano racconta della genesi della festa degli “Oh bèj! Oh bèj”: nasce dalla visita nel 1510 a Milano di un rappresentante del regno pontificio:
Il rappresentante pontificio, scoperto che anche la gente condivideva la linea contestatrice dei prelati, preoccupato per la sua incolumità decise di inventare qualcosa per ingraziarsi i favori del popolo. Preparò così un gran numero di pacchi contenenti dolci e giocattoli, e li distribuì alle decine e decine di bambini[..] Di fronte a tanto bengodi, i piccoli milanesi manifestarono la loro gioia gridando festosamente “Oh bèj! Oh bèj”.
Di come sono nati i primi fotoromanzi con le foto degli attori:
“Fu Cesare Zavattini ad avere l’idea di sostituire i disegni con fotografie di persone in carne e ossa, mantenendo lo stesso impianto narrativo: il grande uomo di cinema pensava che con questo accorgimento il successo sarebbe stato anche maggiore. Inoltre, molto pragmaticamente, era convinto che così (“il fine giustifica i mezzi”) si sarebbe in qualche modo avvicinato il popolo all’abitudine della lettura”.
Della storia di Piazzale Loreto:
“Il bar tabacchi “Le Gemelle” si trovava in piazzale Loreto, località teatro di episodi chiave della storia milanese e italiana: qui, il 10 agosto del 1944, diciotto partigiani erano stati giustiziati da un plotone della Legione Muti; qui, il 29 aprile del 1945, erano stati esposti, appesi alla pensilina del distributore di benzina, i corpi senza vita di Mussolini, della Petacci e di cinque importanti gerarchi fascisti”.
Del sindaco di Napoli Lauro:
Parlando di Napoli e del Napoli, è impossibile non dedicare due righe alla figura del sindaco Achille Lauro, personaggio pittoresco della politica italiana degli anni ‘50. Per dirne solo una, durante la sua campagna elettorale, distribuì agli elettori una scarpa, promettendo la seconda solo dopo il risultato positivo delle urne!”.
Infine, la Milano liberty: ad un certo unto il commissario si mette a osservare il palazzo Liberty di via Malpighi 3:
La zona dietro piazza Oberdan era, ed è, un raro concentrato di bellezze architettoniche in stile liberty.[..]i palazzi di queste vie offrono alcuni fra i più splendidi esemplari del liberty meneghino. Arrigoni si fermò davanti al suo preferito, lo stabile di via Malpighi numero 3.[..]si dilungò ad ammirare, toscano in bocca e naso all’insù, i balconi e i balconcini, finemente lavorati in ferro battuto, contornati, a ogni piano, da magnifici affreschi a tutta parete rappresentanti figure umane immerse in un tripudio di piante e fiori”.


È possibile ammirare anche oggi questo palazzo, che si è conservato così bene fino ai giorni nostri.
La scheda del libro sul sito di Frilli editore.

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