19 novembre 2013

Di emergenza in emergenza


Stonano un pò, le notizie che arrivano dalla Sardegna: una parte della regione è finita sott'acqua, per le forti pioggie di questi giorni. Le morti, le città alluvionate con l'acqua ai tetti, quei paesaggi devastati dal vento e dall'acqua.
Stonano in un paese bloccato dalla scissione tra falchi e lealisti, dove non si riescono a far applicare nemmeno le sentenze passate in giudicato. Dove il Parlamento e i partiti della maggioranza perdono tempo in discussioni su un ministro che "dovrebbe valutare se rassegnare le sue dimissioni" ...

Abbiamo un paese sotto emergenza: c'è l'emergenza occupazionale, l'emergenza debito (ma ora ci penserà mr. spending review).
Ma anche un paese a rischio alluvioni, frane, terremoto: un paese dove si è costruito senza rispettare le norme di sicurezza (nemmeno all'Aquila, dopo il terremoto, le Case di Berlusconi oggi mostrano tutti i loro problemi).
Dove non si è mai fatta prevenzione, dove non ci si è mai preoccupati a sufficienza della messa in sicurezza del territorio.

Abbiamo già visto le scene che arrivano da Olbia: le abbiamo viste a Genova, alle cinque Terre, nella lunigiana, in Calabria.
E ogni volta c'era qualcuno che cercava di minimizzare dicendo che era piovuto tanto e in modo concentrato.
Ogni tanto la natura ci ricorda quanto siamo italiani noi italiani.
Capaci di creare le emergenze ma non di risolverle.
Piangiamo, poi, lacrime di coccodrillo per le morti. Fino alla prossima tragedia.
E continueremo a condonare, cementificare, costruire senza rispetto delle regole, non applicare le norme.

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