11 dicembre 2013

L'alibi ai forconi

Non vorrei che le analisi sul chi sono le persone del movimento dei forconi, chi li sta strumentalizzando (ora, alla vigilia del voto sul governo Letta e dopo le primarie che hanno eletto un segretario “vincente” nel PD), e sui rischi eversivi che queste proteste semi spontanee e apartitiche, ci facesse dimenticare la sostanza che sta dietro.


La gente che protesta in piazza, ma anche quella che a protestare non ci va, ha la pancia vuota. Non siamo più ai tempi delle rivendicazioni salariali e dei diritti sul lavoro, come negli anni settanta.
La Cisl Lombardia nel suo dossier dice che in cinque anni, in questa regione, si sono persi 300000 posti di lavoro. Mentre a livello nazionale la disoccupazione è passata dal 7% → al 12%.
I lavori che vengono offerti oggi sono precari e a basso salario. E gli stessi salari hanno perso potere di acquisto: quello che era 1000 (euro al mese) oggi diventa 890 euro.


Senza lavoro, o con un lavoro in nero, poco pagato, usurante, sotto ricatto del licenziamento, senza possibilità di vedere un futuro migliore.


Bassi salari significa rischio povertà: povertà che si abbatte anche sui bambini: Save the children nel suo rapporto mette assieme le minori spese per la salute, l'educazione, lo sport. La crisi la pagano anche i bambini (che si portano addosso fin da piccoli il peccato originale del debito pubblico). In Italia un bambino su dieci vive in condizioni di povertà.

Ecco, detto questo, dovrebbe sorprendere che a prendere le parti dei “forconi” sia proprio un miliardario e i suoi giornali (quelli che quando protestano i sindacati li chiama i bamba): un miliardario evasore che ha condotto il paese in questa situazione di crisi, negandola addirittura per anni.

Lui che ha firmato i patti europei che vincolano le nostre finanziarie. Cosa hanno da spartite con lui gli agricoltori, le partite Iva, i precari, gli studenti senza istruzione, gli autotrasportatori.


Ma tutto fa brodo in Italia, pur di creare quel clima di confusione e caos, per bloccare poi l'agenda politica. Che dovrebbe occuparsi di lavoro, di politiche industriali, di rilancio del turismo, della messa in sicurezza del paese, di dare la caccia agli evasori, di mettere fine agli sprechi della politica e alla piaga della corruzione.


Se in piazza c'è gente che chiede a chi occupa il palazzo di andarsene a casa, è proprio perché nel palazzo c'è gente che continua a non occuparsi del paese. Quanti mesi si sono persi per parlare di saggi, di riforme che non si faranno, di legge elettorale, delle coperture dell'Imu?


E nel frattempo Pompei crolla, le aziende chiudono, quelle più appetitose finiscono in mani straniere, altre falliscono (e la gente rimane a spasso), interi quartieri finiscono sott'acqua, nel fango per colpa delle solite precipitazioni eccezionali.
E poi ci tocca ascoltare ministri parlano di luce in fondo al tunnel?




Hanno fatto il deserto e lo chiamano pace … anche la dittatura del Cile fu preparata con gli scioperi e le manifestazioni di piazza. Per cui, per cortesia, togliete ogni alibi a questi movimenti.

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