Siamo nel pieno degli anni '80, presidente del Consiglio è il rampante segretario socialista Tito Cobra, alle cui spalle ha imprenditori che pagano la sua benevolenza come Mario Fedele, il signore delle tv private.
O come Amos Gigliotti, il signore del cemento.
Il giudice Mimmo Incatenato, che per anni ha dato la caccia all'uomo nero Andrea Sterling, sta ora seguendo delle indagini su società che fanno affari con la pubblica amministrazione. Società che vivono e muoiono nel giro di pochi anni, i cui presidenti sono spesso dei prestanome.
Cosa c'è dietro? È la genesi della tangentopoli milanese: al signor giudice lo spiega un amico di famiglia, Guido, una vita dentro le società che fanno affari col pubblico:
Guido appoggia il toscano nel posacenere, lascia che il fumo saturi l'aria mentre spiega per filo e per segno com'è che vanno le cose: «Ascolta, se vai in Germania e chiedi al primo passante che incroci di chi è la panchina su cui poggia il tuo culo alla fermata dall'autobus, quello ti risponderà: “Di tutti”. Se lo chiedi alla sciura in largo Cairoli, ti dirà: “Di nessuno”. La differenza è tutta lì. Qua in Italia non c'è il culto della cosa pubblica, dai retta a me che questo paese, bene o male, c'ho buttato il sangue per costruirlo. E se è venuto come è venuto, io credo, la colpa è anche mia ..»Mimmo lascia che le parole galleggino a mezz'aria, insieme al fumo marrone. Guido viaggia come un treno: «Il meccanismo è il seguente: a Milano, quando si tratta di gestire gli appalti o fare le nomine per decidere chi dovrà costruire coi soldi pubblici, non esistono vere e proprie gare. Cioè, esistono e, se tu hai i requisiti richiesti dal bando, puoi anche partecipare. Però non aspettarti di vincere, no signore. Son sempre loro che vincono. Gli amici degli amici, capito?»Mimmo inizia ad intravedere la luce in fondo al tunnel.«Alla testa di tutto ci sono le segreterie di partito, che decidono chi deve vincere a priori. Poi si passa gli organi istituzionali e la gabola diventa legge, diciamo così. E quindi sono sempre gli stessi che lavorano, e quelli come me restano fuori. Ma tu lo sai perché io non posso competere con loro?»Mimmo: «Perché gli amici degli amici costano meno? Imbrogliano con le gare al ribasso?»Guido sorride. È bravo il terrone, ha intuito. Ma gli manca metà della storia. Ecco perché tocca a lui scrivere il finale: «Mica detto. Anzi a conti fatti, costano sempre di più. Ma i soldi che circolano sono sempre di nessuno. Cioè, tutti sono autorizzati a prenderne una fetta.»[..]Mimmo registra l'informazione.Questo è il punto zero.L'inizio della storia, la svolta, l'epifania.«E come faccio, io, a dimostrare l'illecito? Mica posso mettermi a pedinare mezza Milano. Sulla base di cosa, poi? Di un sospetto? Con tutto il rispetto, comandante, capisci pure tu .. »Pirosi non è il tipo fa farsi impressionare: «Capisco, capisco, signor giudice. Non sarò certo io ad insegnare a te come fare il tuo lavoro. A me nessuno m'ha mai insegnato niente. Han provato a tirami dentro al loro giro ma, quando ho detto no, grazie, son spariti e mi hanno messo all'angolo. Però una cosa te la posso dire : un consiglio a gratis, nani. Poi fai come hai voglia.»Mimmo è tutt'orecchi.«Se vuoi trovare il colpevole, amico mio, ti conviene seguire i soldi. Finora, se non ho capito male, ti sei sempre interessato alle società. Prova, per un attimo, a ragionare sui capitali, corrigli appresso, cerca di capire in che tasche finiscono. E per presto imparerai come gira il mondo, te lo garantisco...»Mimmo si alza e paga le consumazioni.[..]Guido non gli permette di dire niente. Gli stringe la mano, saluta il Gianni dietro il bancone e si avvia verso l'uscita. Sulla soglia, però, si volta indietro e guarda Mimmo nelle palle degli occhi: «Segui i soldi, signor giudice. I soldi non mentono mai..»Gli altri capitoli della trilogia (sempre Marsilio editore)
Simone Sarasso – Il paese che amo, pagina 243
- Confine di stato
- Settanta
La scheda sul sito di Marsilio.
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Mi raccomando, siate umani