06 aprile 2014

Doppia ombra, di Roberta Gallego


"Storie di una procura imperfetta", recita il sottotitolo. 
Come nel primo romanzo, anche quest'ultimo presenta lo stesso schema narrativo: una storia principale, l'inchiesta seguita dal procuratore Alvise Guarneri, attorno a cui scorrono dei casi "minori" affidati agli altri magistrati della procura o agli ufficiali di polizia giudiziaria che qui lavorano.


Sono storie che raccontano dal di dentro il funzionamento della della giustizia, con tutte le sue imperfezioni: non solo le imperfezioni che derivano dall'imperfezione umana, ma anche dall'imperfezione della macchina. Come l'enorme burocrazia nella trasmissione degli atti e nella loro protocollazione, che costa tempo e risorse senza portare alcun beneficio.
La scarsità di risorse con cui cancellieri e procuratori devono combattere tutti i giorni: spassoso l'episodio in cui si decide di usare il fax del kebabbaro sotto gli uffici, perché quelli in uso alla procura sono in riparazione o rotti
«Facciamo partire i fax per la Cassazione da un rivenditore di kebab?» «La vocazione all’asporto ce l’ha... e poi, dottore’, l’ultima volta che ci siamo appoggiati a quella cancelleria del Tribunale per la ricezione dei fax...»
Ma la vera imperfezione cui si riferisce all'autore è quella dell'uomo: ogni magistrato è un piccolo mondo a se che vive nel cosmo della procura (inventata ma forse molto più reale dell'immagine che ci arriva dalle notizie di cronaca) di Ardesia:

"Ci sono tre tipi di magistrato in una Procura: quelli che sono magistrati, perché svolgono un servizio che li identifica e ci credono; quelli che fanno i magistrati, perché svolgono un lavoro e sanno che la vita è altrove; e quelli che si sentono magistrati, perché hanno ricevuto un’investitura e ci devono credere tutti gli altri".
C'è il magistrato guascone e arrembante, Marcello Teatini, apprezzato per i modi diretti dagli investigatori che lavorano con lui.

C'è anche quello indolente come Mascherini, che si rende irreperibile anche quando sarebbe di turno, che si dimentica in auto atti di inchieste di suoi colleghi. Ma che riesce a salvare un padre di famiglia dal suicidio, suo malgrado.
Agostina Arcais è invece il prototipo della persona pignola e competente: due qualità che fanno tremare i polsi a carabinieri e poliziotti quando devono comunicare a lei notizie di reato o l'aggiornamento di indagini in corso.
Ci sono anche magistrati come Fossa uno che "insisteva a mandare tutti a processo con rito direttissimo, perché così scaricava in statistica centinaia di numeri di procedimenti già evasi".
Che fanno da contraltare a giudici come Guido Lisseni, "detto il Vescovo per l’approccio ecumenico al delinquente medio – «Va’, e non peccare più...»".
Il giorno di ordinaria follia del magistrato Silvestri.
La dottoressa Anna Vescovo e un brutto caso di abuso su un minore.
Il giovane sostituto Tibaldi, alle prese con l'omicidio di un cavallo.
L' ispettore De Oliverira, il cavallo pazzo in forza alla Squadra mobile, che scopre un lager per anziani.

Ma i protagonisti principali di questo romanzo, come nel precedente, sono il pm Alvise Guarneri e il suo collaboratore Saverio Alfano, maresciallo dei carabinieri.
Entrambi li abbiamo conosciuti nel primo racconto dell'autrice "Quota 33": entrambi con un dolore personale dentro, per la perdita dei rispettivi figli. Solo un abbandono per il figlio di Guarneri, a Parigi per disintossicarsi dalla droga.

Sono loro a portare avanti l'indagine sul brutto omicidio del farmacista Fulvio Alabastri, ucciso in casa sua, dopo essere stato torturato. Presumibilmente al termine di una rapina in villa, compiuta da una banda di albanesi che nel passato avevano compiuto un crimine analogo in un paese poco lontano.
"Fulvio Alabastri troneggiava nel centro della sala, come si addice a un vero padrone di casa: seminudo, seduto su una poltroncina Luigi XV, con le mani e i piedi legati al legno dorato, teneva il capo chino sul petto, quasi a non poter tollerare la vista della devastazione barbarica che lo circondava".
Il farmacista è stato accoltellato ripetutamente, seviziato con la lama di un coltello, delle bruciature di sigaretta sul costato, gli occhi strappati dalle orbite: sembra uno di quei casi fatti apposta per stuzzicare l'indole giustizialista del popolino nei confronti delle bande straniere e che spingono prefetti e dirigenti di polizia e carabinieri (nelle riunioni del comitato per la sicurezza) per a trovare prima possibile i colpevoli per placare i cittadini e le loro paure.
Ma in questo caso ci sono cose che non tornano, ad un esame più approfondito degli elementi raccolti: il procuratore Guarneri e il suo collaboratore Alfano non intendono seguire la facile pista della banda di albanesi.
Alcuni indizi lasciano pensare: l'anello di valore lasciato in terra, davanti il cadavere, nel caos generale? Perché i ladri non l'hanno rubato, come altri oggetti di valore?
Perché i ladri non hanno lasciato tracce sul giardino antistante la villa, coi loro mezzi?

Occorre approfondire un pò la vita della vittima: chi era Fulvio Alabastri, che vita conduceva, cosa era accaduto nel passato recente per cui ultimamente era più nervoso del solito?
Gli inquirenti scoprono così che la vittima, separato da diversi anni dalla ex moglie, andava regolarmente da una psicologa, soffriva di attacchi d'ansia per cui era costretto a prendere degli ansiolitici.
Un quadro familiare abbastanza intricato, se aggiungiamo anche il figlio in Inghilterra che non ha raggiunto la famiglia per il funerale.
Dei soldi che, mensilmente, il farmacista spediva di nascosto alla moglie di un operai morto per mesotelioma vent'anni prima ...

Un caso in cui gli investigatori dovranno sollevare la coltra d'ombra che copre e nasconde i dettagli importanti della vita della vittima.
Una doppia ombra, una fata Morgana.

Come per "Quota 33", saranno le parole del procuratore in pensione Speranza, ad indirizzare Guarneri e Alfano sulla strada giusta:
La Fata Morgana è una specie di miraggio: è un’immagine che compare davanti ai nostri occhi, apparente e mutevole,[..]pare stagliarsi sul mare, all’orizzonte della percezione visiva, riproducendo il soggetto intuito.[..] «In realtà, caro Alvise, forse l’effetto Fata Morgana che più spesso ci riguarda, che muove le nostre azioni, che determina molte nostre omissioni, è la proiezione soggettiva, contro l’orizzonte interiore, dei nostri sogni e delle nostre paure.
Cos'è che Alabastri vedeva, allora, come proiezione delle sue paure e che temeva che potesse realizzarsi?
E' sempre il vecchio procuratore che parla a Guarneri: "per scoprire il movente del suo omicidio, dovrebbe scandagliare quale era la Fata Morgana che agitava Fulvio Alabastri".

La scheda del libro sul sito di Tea edizioni

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