30 aprile 2014

Il partito della polizia - la presentazione a Milano

Marco Preve, in piedi e gli altri ospiti della presentazione
Gabriele Ghezzi, Mirco Mazzali e Marco Preve
Vittorio Agnoletto
L'autore, al momento degli autografi
Più o meno negli stessi istanti in cui i sindacalisti del Sap applaudivano ai poliziotti condannati per la morte di Federico Aldrovandi, il giornalista Marco Preve presentava a Milano il suo libro "Il partito della polizia".
Un saggio dove si parlava di un sistema, di quello che è diventata la polizia in questi ultimi venti anni: l'utilizzo della tortura dai tempi del terrorismo a Bolzaneto; i casi di persone morte quando erano nelle mani delle forze dell'ordine; i pestaggi e i depistaggi dopo l'irruzione alla Diaz, per il G8 di Genova nel 2001.
E anche le promozioni dei dirigenti responsabili di quella operazione, che non hanno visto la violenza e hanno firmato i falsi verbali (e le finte prove come la molotov).
Gli appalti milionari gestiti dal dipartimento della pubblica sicurezza per l'informatizzazione della polizia: 1 miliardo in sette anni, gestito con molta dicrezionailtà e con criteri antieconomici.
Tutto questo, che può essere riassunto nella formula di "partito della polizia": un gruppo dirigente che si è mosso in questi anni come un partito politico, creando agganci coi partiti veri, usando logiche di promozione non meritocratiche ma per cooptazione.
Un partito che ha goduto della protezione di stampa (le grandi firme di giudiziaria di Corriere, Repubblica e La Stampa), della magistratura (che certi fascicoli sui pezzi grossi del Viminale avrebbe preferito non aprirli), della politica. Non solo a destra, ma anche a sinistra.

A presentare il libro, oltre all'autore, erano presenti l'avvocato Mirco Mazzali, il consigliere comunale PD Ghezzi (ex segretario del Siulp, un sindacato di polizia), l'ex magistrato Sinagra del tribunale di Milano. E' intervenuto in modo molto appassionato anche Vittorio Agnoletto, portavoce all'epoca del Genoa Global forum, che ha vissuto sulla sua pelle la violenza di quei giorni.
E anche l'omogeneità della stampa, quando parla di questi argomenti.
E il sentirsi tagliato fuori dalla politica, per la sua coerenza nella battaglia per la verità sul G8.

L'intervento più interessante è stato quello dell'ex poliziotto Gabriele Ghezzi: ha parlato della necessità di raccontare della mattanza della Diaz, di quello che è successo dopo. Ghezzi ha parlato di classe dirigente inappropriata a gestire l'ordine pubblico, di come Genova sia stata  un'interruzione del processo di democratizzazione della polizia.
Parole pesanti che portano ad una conclusione: la polizia meriterebbe un vero processo di riforma interno.

Peccato perché, nonostante l'importanza dell'argomento, c'era poca gente ieri sera, che però erano molto interessata e che ha contribuito all'incontro con doverse domande.

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