25 aprile 2015

La guerra di liberazione, oggi

La formazione partigiana Stella Rossa, attiva sull'appennino Bolognese
La nostra democrazia, le nostre istituzioni, il nostro paese vengono da lì.
Da una guerra, dalle macerie, dagli eserciti che ci hanno liberato da una dittatura che pure negli anni aveva avuto un certo sostegno popolare.
E anche dalla guerra di liberazione.

Veniamo da lì: da quei ragazzi andati sui monti per fare resistenza. Per uno slancio ideale, per la volontà di essere parte in questa lotta.
Altri scelsero di starsene zitti, di mugugnare tra sé, di non fare nulla, di calare la testa. Sono quelli che divennero partigiani, ma dopo.

Questo è uno dei valori da ricordare e tramandare della guerra di liberazione: la volontà di riprendere in mano il proprio destino, di cambiare il paese affinché ogni persona potesse esprimere le sue idee e scriverle, riunirsi in associazioni, partecipare liberamente nella cosa pubblica.

Era finito il tempo del duce, dell'uomo solo al comando, del regime che ci voleva tutti uguali, tutti senza pensieri, che i pensieri sono pericolosi. Senza idee politiche, se non quelle di lui.
Purtroppo per arrivare a questa “liberazione” siamo dovuti passare per le macerie, per la fame, per la guerra. Evidentemente a noi piace così: delegare, non occuparci, non impegnarci, non ragionare, non usare la nostra testa.

È scontato fare un parallelo tra la storia di ieri e quella odierna: ci hanno fatto innamorare e ci siamo innamorati di tanti uomini forti. A cui dovevamo dare carta bianca, ci avrebbero pensato loro a cambiare le cose.
Ma le democrazie sono altro da questo.
Se c'è un autoritarismo è anche perché ci sono persone che si lasciano usare. Cui piace stare dalla parte del più forte, nel gregge, belli coperti e tutti uguali.
Gente che ragiona in 140 caratteri su twitter e che non è più in grado di articolare un ragionamento. Per esempio su riforme, scuola, Costituzione e legge elettorale.

Non sono io a tirarla fuori: è il sottosegretario Lotti che oggi usa la Resistenza (nella retorica dei giovani ragazzi che hanno tanto lottato ..) in un'intervista su Repubblica, spiegando come l'Italicum porti avanti lo stesso spirito.
Chissà, bisognerebbe chiederlo, qualcuno ancora in vita lo si trova.
Avete scelto la montagna, il rischio della morte, il freddo, per questo? Per un paese dove si è svuotato il parlamento, il ruolo dei partiti, dove è aumentata la distanza tra paese e palazzo? O avete lottato perché ad un certo punto, dopo anni di fascismo (tutti uguali, tutti senza idee, tutti inondati dai messaggi del duce su radio e giornali..), avete deciso che volevate partecipare anche voi?


Forse, ogni giorno è buono per fare una nostra battaglia per la liberazione.

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