Mala & Fernet – Milano 1975
Incipit
Milano 1975 Venerdì 14 marzo
Le mani fredde
Parco Lambro, poco prima di mezzanotte
“Hai le mani fredde”.
“E allora?”.
"Fai piano".Gianni ha ventidue anni. Rita venti. Si vedono da qualche mese, la loro giovane passione è passata indenne attraverso l'estate, le ferie, il mare. Si sono conosciuti all'Università Statale, in un'afosa mattinata di giugno [..]Gianni vuole slacciarle il reggiseno e Rita, che vuole farselo slacciare, si è inarcata in avanti sul sedile della golf. Fuori dall'abitacolo, incuranti, stanno l'aria fredda e il buio, mentre la nebbia bassa scivola sugli alberi. Soltanto un lampione rilascia un chiarore ovattato, laggiù, sulla destra.
[..]"Lascia, faccio io”. Rita si sgancia il reggiseno, lo butta sui sedili posteriori. Poi invece di lasciarsi andare, si blocca.Gianni invece muove avidamente le mani sotto il pullover verde, sul seno caldo e nudo, la bacia sul collo.
“Perché non togli anche quello?”, chiede sollevando un lembo della lana del pullover. Poi capisce che Rita è assolutamente immobile e sta facendo tutto da solo. Si sente un pirla e si ferma subito.“Beh?”.
Rita ha gli occhi fissi oltre il vetro appannato del parabrezza.
“La”, dice indicando un'altra automobile, una ventina di metri più avanti, sulla sinistra.
Una bomba che esplode in un parco e
ammazza il giovane rampollo di un imprenditore bergamasco, che è
diventato ricco con le sue bistecche.
E poi un'altra bomba, che uccide un
altro ragazzo, nella sua ritirata in una casa di ringhiera nella
periferia milanese, a Villapizzone.
Siamo a Milano in quei giorni freddi in
cui non è ancora primavera e fa ancora tanto freddo. In cui la
nebbia copre e avvolge tutte le cose.
E quando esplode una bomba, non si può
non pensare ad un atto di terrorismo politico. Dopo le bombe di
Piazza Fontana e piazza della Loggia.
Due ragazzi morti sono una bella rogna
da sbrogliare per il commissario Malaspina, detto il Mala, tornato
alla Mobile dopo un anno di purgatorio alla squadra politica.
Perché il commissario capo Puglisi
(quello col busto di Mussolini dietro la scrivania, ve lo ricordate)
vuole chiudere in fretta il caso.
Anche perché il signor Belotti, quello
delle carni, ha avuto la bella pensata di mettere una taglia da 20 ml
sulla testa dell'assassino del figlio.
“Belotti comincia a parlare, ha le idee così chiare su ogni cosa che sembra finto, un attore che recita una parte del duro, una specie di John Wayne della Pianura Padana. “Il grinta della bassa”.”
In questo romanzo, il terzo del
terzetto Besola-Ferrari-Gallone, ritroviamo anche Fernet, al
secolo Dino Lazzati, cronista di nera del corriere e miglior
informatore del Mala, cacciato dal suo giornale per aver scritto la
verità (qualcuno che aveva cercato di rubare la Madunina ..
Operazione
Madonnina – Milano 1973 ).
“Piazzale Selinunte è un monumento immobile e muto.Sonnecchia nella luce schiacciata di questa mattina che sta cedendo il passo a mezzogiorno e sa di piatti cucinati seguendo la tradizione di mille paesi e regioni d'Italia. Il centro è a due passi, ma qui l'ombelico del mondo sembra essersi spostato e tutto ruota intorno alle case popolari e ad un giardinetto spelacchiato dove uomini e e piccioni sembrano beccare la vita più che viverla davvero. In questa piazza consumata c'è l'ufficio del Fernet, il Bar Lafus”.
Ora, costretto a scrivere in una
rubrica di rosa, sta cercando il suo riscatto personale, cercando di
pubblicare il suo primo romanzo “I tartari nel deserto”
(avete capito a chi si sono ispirati gli autori, no?).
Ma il richiamo della nera è troppo
forte per un cronista di “razza” come Dino Lazzati: un
duplice omicidio così particolare (le bombe che colpiscono una
persona sola, non come atto terroristico) è un'inchiesta che non si
può lasciar perdere.
Sarà dunque un'indagine a due, una
doppia indagine, quella raccontata dai tre scrittori: quella
ufficiale del “mala” e quella non autorizzata del
“fernet”.
Che poi il mala, in questo giro, non è
nemmeno da solo: viene affiancato nei suoi giri per Milano da un
giovane poliziotto romano, Venditti, che ricorda molto per i suoi
modi, il personaggio di Tomas Milian, er monezza …
Rimane sempre la domanda: chi ha ucciso
quei due ragazzi e perché? Come mai ha scelto l'esplosivo? Cos'hanno
in comune un ricco figlio di papà che non aveva ancora capito cosa
fare da grande e un suo coetaneo con la passione per la musica?
“Daniele Belotti. Ventitré anni. Figlio di uno coi soldi. Figlio di uno con le sue idee. Proprio per questo, forse, simpatizzante delle idee opposte. Un rosso per ribellione. Appassionato di musica, fumetti, libri, cinema. A tempo perso studente universitario alla Statale. Sport: nessuno. Alla Politica uno così sarebbe stato etichettato con il termine sociopatico.La seconda vittima, Ruggero Colombo, ventiduenne, nullatenente e nullafacente, secondo il primo rapporto. Nessuna tessera di partito. Nel bilocale nessun indizio che possa ricondurre a qualche simpatia politica. Un perdigiorno che abitava in una vecchia cascina della periferia milanese. Da solo. ”
Bisogna trovare i puntini e unirli come nel rebus della Settimana enigmistica, pensa Malaspina.
Lo spietato assassino continua con le sue morti, mentre il mala e l'assistente Venditti (che alla fine si rivelerà migliore dei suoi modi rozzi) intravedono una pista, qualcosa che legava i ragazzi morti: la passione per la musica, il miraggio del successo che acceca tante ragazze che arrivano nella grande città del nord.
Lo spietato assassino continua con le sue morti, mentre il mala e l'assistente Venditti (che alla fine si rivelerà migliore dei suoi modi rozzi) intravedono una pista, qualcosa che legava i ragazzi morti: la passione per la musica, il miraggio del successo che acceca tante ragazze che arrivano nella grande città del nord.
Almeno uno spiraglio per cercare di intuire il
disegno del killer. Prima che Puglisi si contenti di un colpevole qualsiasi, per placare la pressione dei giornalisti.
Il colosso di Corso Lodi è un noir con
morti riferimenti al genere poliziottesco anni '70 (come per esempio
un certo Rambo, come il personaggio de Il Giustiziere sfida lacittà di Umberto Lenzi).
Ma è anche uno sguardo sulla metropoli
milanese, non ancora città da bere, ma che già si è lasciata
dietro i bei (?) tempi del boom.
Già si intravede una certa crisi e una
certa disgregazione, come se non ci fosse una sola Milano, ma più
città, che su muovono su binari diversi.
“Dino Lazzati ha sempre avuto un pregio: quello di vederci lungo. Ha sempre capito prima degli altri come si sarebbe mossa Milano, e i suoi abitanti di conseguenza. Ha sempre pianto per primo le lacrime che avrebbero rigato le guance degli altri e ha sempre cercato di nasconderle sotto questi occhiali da sole sovradimensionati, schiacciando tutto nel Fernet per provare a pulire i sentimenti della metropoli.Una città a due velocità che si muove su binari paralleli destinati a non incontrarsi mai.C'è chi fa scoppiare le bombe, chi lotta, e chi stanno fermi come arazzi bui che si apprestano al prossimo inganno quotidiano. La verità di questa notte a Milano è un'epifania figlia della nebbia tardiva e di qualche bicchiere di troppo che velocemente cederà il passo al mattino incantatore e alla sua routine alienante.Viale Certosa è vuoto e sembra un'autostrada tutta per il Fernet, un filare di case e lampioni che corrono dritti verso La Tigre”.
Ma è anche un noir dove emerge la dimensione umana dei protagonisti: non solo le doti investigative del "Mala", ma anche i suoi dolori personali (che scopriremo leggendo le pagine del libro).
E l'umanità di Dino Lazzati detto Fernet, uno dei giornalisti capaci di vedere i cambiamenti dentro la città. A qualcuno viene in mente un certo Giorgio Scerbanenco?
La scheda del libro sul sito di Frilli
editori
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Mi raccomando, siate umani