07 giugno 2015

Come sta andando a finire? - le inchieste di report 2015 (prima parte)

Dai conti dello Ior all’Anas con il cambio dei vertici, dagli indirizzi dei senzatetto dove abbiamo trovato una sorpresa, a Venezia: il Mose funziona? Come sta andando a finire”.

L'inchiesta di mafia capitale riempie tutti i giornali e i tg, con le sue intercettazioni, con quei dialoghi da commedia all'italiana. Ci si chiede come sia stato possibile arrivare fino a questo? Portare la capitale di una nazione ad un passo dallo scioglimento per mafia. Che poi, magari, mafia non è. È un potere criminale ben inserito nei palazzi del potere romano, capace di agganciare politici di tutti i colori (o quasi), per drenare denaro pubblico e sfruttare le varie emergenze che la politica non vuole o non sa risolvere. Le case, l'arrivo degli immigrati, i campi rom..
Orfini, il commissario del PD che su questo scandalo doveva controllare, ha tirato in ballo i servizi segreti. Bum. Bastava che il PD romano e quello nazionale si fossero rivisti le inchieste di Paolo Mondani sul potere criminale di Roma. Dove già in tempi non sospetti si parlava di Carminati e degli altri ex della Magliana. Dei clan sul lungomare di Ostia che controllavano i lidi. Dello spaccio di droga in mano alla mafia …

Report si è occupata in questi anni di diversi casi, poi sfociati in inchieste delle procure: MPS, lo Ior, il Mose, i beni di Tanzi (e il crac Parmalat). L'ultima puntata di quest'anno si chiude con un riepilogo di alcune di queste, per raccontare come stanno proseguendo.
Con l'augurio che qualche politico prenda appunti prima dell'intervento della magistratura. Perché possiamo essere garantisti finché ci pare. Ma se si controlla prima, allontanando le troppe mele marce, si evitano queste figure. Non sono i No Tav i no Expo, qua, che stanno rovinando l'immagine della capitale e della nazione.

Le inchieste di cui si occuperà questa sera Report riguardano lo Ior, il caso Mose, i lavori dell'Anas e il caso degli indirizzi virtuali usati per frodare il fisco.

I conti (opachi) dello Ior.
La battaglia di papa Francesco per dare maggiore trasparenza alla banca vaticana sta andando avanti. Non siamo più ai tempi di Sindona e Calvi. Ma la strada è ancora lunga.
Dello Ior se ne era occupata Paolo Mondani nell'inchesta del 2010 “Il boccone del prete”
Milena Gabanelli in studio:Nei grandi scandali di corruzione degli ultimi anni, che coinvolge politica e imprenditori, una diramazione spesso porta allo IOR, l’Istituto Vaticano: una tomba che non ha mai collaborato con la giustizia. Ora però le cose dovrebbero cambiare qualche mese fa la Banca d’Italia ha detto: o voi date un nome e cognome ai vostri conti, e siete in grado di dimostrare da dove arriva il denaro, altrimenti finite nella lista nera dei paradisi fiscali. E’ intervenuto il Papa in persona per mettere in regola l’Istituto. L’ultimo fatto che ha coinvolto un conto IOR parte da Catania: la Regione stanzia del soldi per Tizio, che per farli arrivare a Caio, mafioso, li fa transitare da Roma via monsignore.PAOLO MONDANI – FUORI CAMPOLo scorso febbraio, la Procura di Catania ha fatto sequestrare un'azienda ittica di Villasmundo, in provincia di Siracusa, e seicentomila euro che i proprietari hanno avuto dalla Regione Siciliana come contributo per le opere. Il titolare dell'impresa, Antonino Bonaccorsi ha un fratello condannato per mafia e un figlio prete, Don Orazio, che secondo l'accusa ricicla parte consistente dei fondi regionali attraverso lo IOR. Arrivati all'azienda ittica, troviamo proprio loro, i Bonaccorsi.

Il giornalista tornerà sul caso, per raccontare delle difficoltà del papa per la trasparenza dell'istituto, con un intervista all'ex presidente Gotti Tedeschi.
Dall'anteprima su Reportime
Da presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi ha provato a mettere in ordine conti e regolamenti ma nel 2012 è stato brutalmente defenestrato. Il Cardinal Bertone, allora Segretario di Stato, riuscì nell’intento di spegnere sul nascere i tentativi di riforma. Dopo di allora, il processo di cambiamento non ha mai preso una direzione decisa e gli uomini che si sono avvicendati alla guida delle finanze vaticane rispondono ancora alle logiche del passato.Al posto dell’apprezzato cardinale Attilio Nicora, alla guida dell’Aif, organo di controllo dello Ior, è arrivato Renee Bruhlart, che si è fatto le ossa in Liechtenstein. Suo vice è attualmente Tommaso Di Ruzza, genero dell’ex Governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Mentre il cardinale Pell, assai chiacchierato a causa dei processi per pedofilia che hanno messo sotto accusa la Chiesa australiana, ha nominato al vertice dello Ior Jean-Baptiste De Franssu e come suo consigliere Joseph Zahra, il banchiere maltese alla guida del colosso finanziario Misco che da anni porta gli italiani facoltosi a investire a Malta.Qualche mese fa, De Franssu ha tentato di creare il Vatican asset management, il nuovo fondo sovrano vaticano sul quale dovevano finire i soldi dello Ior, ma Papa Francesco lo ha fermato. Dopo di che De Franssu ha pensato di costituire una società di investimento in Lussemburgo ma il Papa si è opposto e in poche settimane il Presidente dello Ior ha collezionato due secche sconfessioni da parte del Santo Padre.

Le paratie d'oro del Mose
Nell'ottobre passato, Report si era occupata del Mose (dopo una prima inchiesta sulle grandiopere del 2007), col servizio “Fammi il favore” di Stefania Rimini, su corruzione e appalti
Dall'Expo al Mose, quante tangenti abbiamo pagato e a chi? Corruzione, bustarelle, controllori e controllati che mangiano dallo stesso piatto, uomini con la divisa infedeli, prezzi delle opere pubbliche si gonfiano a dismisura perché tanto paga pantalone. Gare pubbliche per gli appalti dove si vince col massimo ribasso (anche al 50%) e dove si sa prima chi vincerà: un sistema che tutte le aziende conoscono ma se fai i nomi e denunci, alla fine non lavori più col pubblico.
MILENA GABANELLI IN STUDIO E siamo al mostro giuridico del Mose dove lo Stato fa fare tutto ad un unico soggettoche può subappaltare senza gare, il contratto con lo Stato è stato firmato nel ‘91 unattimo prima che l’Europa dicesse queste schifezze non si possono più fare. Cioèdistribuire lavori alle imprese che fanno parte del cartello a prezzi fuori mercato, senza che nessuno possa dire bè. L’ispiratore fu Gianni De Michelis. La spesa è lievitata dai 2 miliardi e 7 del 97, ai 5 miliardi e mezzo di oggi, e l’opera non si può dire nemmeno che sia un gioiello di moderna ingegneria visto che il progetto è abbastanza vecchio.STEFANIA RIMINI FUORI CAMPOIl Mose lo fa il Consorzio Venezia Nuova che è un raggruppamento di imprese che selo progetta e se lo realizza in monopolio. I soci principali sono Mantovani, GrandiLavori Fincosit, Condotte e le cooperative rosse del Coveco. L’idea era stata dell’ex ministro socialista Gianni De Michelis, già condannato per corruzione.

Lo racconta Claudia di Pasquale nel servizio “I mercanti di Venezia”
È passato un anno esatto dall'esplosione dell'inchiesta sul giro milionario di tangenti e false fatturazioni che c'era intorno al Mose, il sistema di barriere che dovrà difendere Venezia dall'acqua alta costato 5 miliardi e mezzo. Un anno fa venivano arrestate ben 35 persone, molti hanno patteggiato, altri attendono l'inizio del processo. Intanto il Consorzio Venezia Nuova, che è il concessionario unico del Ministero per la realizzazione dell'opera, è stato commissariato. Oggi ci sono ben tre commissari che stanno analizzando tutti i conti e che stanno facendo le verifiche sui lavori già fatti. Si tratta di un lavoro molto complesso perché le opere realizzate si trovano sott'acqua e le incognite sono tante, a partire dalla futura manutenzione del Mose. Le prime stime ci dicono che costerà sui 40-50 milioni di euro l'anno, ma questo dato è ancora tutto da accertare. Anche il comune di Venezia è stato commissariato. Oggi si ritrova con un buco di bilancio di ben 60 milioni di euro e per coprirlo la politica adottata in questi anni è stata sempre la stessa: mettere in vendita i gioielli di famiglia. Oggi però con la crisi del mercato immobiliare non funziona più neanche questo sistema. La prossima settimana a Venezia ci sarà il ballottaggio per la scelta del nuovo sindaco di Venezia. Chiunque vincerà dovrà farsi carico di una pesante eredità e di un comune con i conti in rosso.

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