06 luglio 2015

Ricciardi e il senso del dolore

Un uomo passeggia solitario per le strade di Napoli:
Non era uno di quei tutori dell'ordine che fanno della ricerca dei criminali una specie di precetto morale. Si rendeva conto che, dall'esterno, agli occhi dei colleghi della Questura e pure dei magistrati, poteva apparire così: il suo addentare i casi, il suo dedicarsi alla soluzione anima e corpo senza senza intervalli o pause sembrava appunto una missione, qualcosa che andava al di là di ogni mero attaccamento professionale. Del resto, anche il fatto di non avere una vita sociale, una donna o molti amici, feste e ricevimenti da frequentare, circoli ai quali appartenere confermava quest'opinione che ci si poteva fare di lui.Ma non era così, rifletté mentre camminava defilato per evitare la massa di gente che intasava la strada. In realtà lui odiava il lato oscuro dell'animo umano ed era terrorizzato da quanto fosse in grado di concepire la fiumana variopinta e puzzolente che, ridendo, cantando, urlando e chiacchierando si riversava nei vicoli, creando le passioni che l'avrebbero portata alla gioia o, più spesso, alla rovina. Avrebbe evitato volentieri di averci a che fare, col crimine. Avrebbe dato tutto quello che aveva per essere una persona normale, con l'unico obiettivo di farsi una famiglia e portarla avanti il meglio possibile.All'angolo della strada si presentò ai suoi occhi una scena grottesca e terribile. Una piccola fioraia se ne stava accovacciata a terra, con davanti un paniere di viole, rose selvatiche e giunchiglie. Sorridendo, cercava di richiamare l'attenzione dei passanti con una cantilena ..[..] Di fronte alla bambina, a meno di un metro, il commissario percepì il cadavere di un uomo di mezza età. Gli occhi vuoti del morto, con la bocca digrignante di dolore estremo,fissavano alla stessa altezza, senza vederli, quelli della ragazzina: il corpo era stato tranciato di netto a metà dal tram sotto il quale si era gettato, e scompariva alla vista di Ricciardi all'altezza del bacino sanguinante, da cui fuoriuscivano bianche le vertebre e rosei gli intestini.La voce del morto, per lui perfettamente udibile, almeno quanto la cantilena della ragazzina, bestemmiava contro la miseria e la disperazione che lo avevano portato a cercare quella fine atroce.Accelerò il passo senza rispondere all'invito della fioraia, estraendo dalla tasca un fazzoletto profumato e premendoselo sulla bocca per arginare la nausea improvvisa.Ecco il perché, pensò.Ecco la spiegazione al mio attaccamento al lavoro, a quello che potrebbe sembrare il patologico piacere a rimestare nel fango che donne e uomini si portano chiuso nelle stanze segrete del cuore. Come faccio, come farei a ignorare tutto questo dolore? Come potrei sfuggirgli, come posso evitarlo, se mi arriva addosso a un angolo di strada in questo meraviglioso pomeriggio di settembre?”
Da “Anime di vetro” di Maurizio de Giovanni, Einaudi

In questo ultimo romanzo, altri pesi gravano sulle spalle del commissario Ricciardi: il dolore per la perdita della tata Rosa. E l'aver visto con gli occhi l'effetto del suo essersi sempre chiuso in sé, non essere stato capace di aprirsi a nessuna donna …

L'indagine che affronterà in questa storia, un usuraio ucciso e un nobile reo confesso dell'omicidio, lo aiuterà ad affrontare questa situazione.

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