19 novembre 2015

Per tutto l'oro del mondo Massimo Carlotto

Una casalinga tranquilla dalla doppia vita: infermiera di giorno e donna di jazz di notte, in quei locali solo per appassionati. O per gente che è li per motivi di lavoro come il detective senza licenza Marco Buratti.
Una rapina in villa di due anni prima finita tragicamente con due morti ammazzati, anche in una maniera molto brutta.
E ora la moglie di una delle vittime che chiede a Marco Buratti di fare un'investigazione molto privata per arrivare ai colpevoli, dopo che la indagini ufficiali della polizia non hanno portato risultati.

Questi gli ingredienti dell'ultimo giallo di Massimo Carlotto della serie dell'Alligatore. Un noir in piena regola, dove l'investigazione del detective è in realtà un pretesto per raccontare il mondo della malavita (quella regolare e quella irregolare) del nordest. Per raccontarne il marcio, tra laboratori in nero, imprenditori hanno bisogno dei soldi della mafia da riciclare per superare il momento di crisi, di casalinghe che si improvvisano prostitute per racimolare qualcosa e di finte casalinghe che nascondono una vena criminale.
Il nordest era terra di confine e le bande attaccavano e si ritiravano con grande facilità. Il disprezzo per la vita umana di questa nuova criminalità globalizzata metteva i brividi.Del resto rispecchiava le logiche che dominavano il mondo. E non c'era il minimo segnale che le cose potessero migliorare”.

Nordest amministrato da politici che rispondono alla pancia del paese, giocando in modo pericoloso con le paure dei cittadini:
[A Padova] L'amministrazione della città era perennemente in guerra con qualcuno. Una signora caritatevole, che aveva ospitato alcuni nigeriani fuggiti dalle zone controllate dai jihadisti di Boko Haram e sopravvissuti ai viaggi verso Lampedusa, era stata contestata duramente dal primo cittadino. Un'associazione di commercianti aveva organizzato una fiaccolata di protesta per scongiurare il pericolo di un'epidemia di solidarietà. Magari a sfilare c'erano pure quelli che riciclavano per conto delle mafie, diventate all'improvviso meno pericolose dato che il loro fiume di denaro sporco contribuiva a sostenere l'economia nel momento di crisi”.

Ma più di tutti, in questo romanzo il faro è puntato sulle bande specializzate nelle rapine in villa e nel mondo attorno dei riciclatori della merce. Una rete di criminali che i nostri protagonisti considerano particolarmente abbietta.
Abbietta anche per gente come l'Alligatore, come il vecchio gangster Rossini e come Max la memoria, l'analista del gruppo. Criminali, certo, ma con delle regole ancora. Da rispettare, se possibile.
E in queste c'è scritto che non si fa una rapina col cane armato, lasciando dietro due cadaveri, seviziati in malo modo e pure un orfano.

Parliamo di Gastone Oddo, il padrone della villa e di Luigina, la domestica. E di Luigino, il ragazzino rimasto senza genitori in mano a degli zii poco contenti di farsi carico.
In questa storia dove troviamo di fronte i cattivi da una parte, e i cattivi senza regole se remore per le persone, parte tutto da qui.
Nemmeno per tutto l'oro del mondo bisogna mettersi in mezzo a queste faccende perché poi il destino ti punisce.”

L'Alligatore e i suoi soci decidono di farsi assumere dal piccolo Luigino, facendosi anticipare una cifra simbolica di 20 centesimi: l'indagine è, come al solito, rognosa, perché li porta a svelare le vere ragioni della rapina e i veri responsabili delle due morti.
Una storia di vendette e di rabbia repressa.
Ma anche di tanta cattiveria.
Era tutto apparentemente assurdo ma nelle logiche che avevano portato allo scontro tra quelle due bande di rapinatori in realtà un senso c'era, anche se orrendamente perverso.Avidità e disprezzo della vita umana da un lato, dall'altro un'idea esasperata e folle della giustizia e della proprietà. Una miscela esplosiva di cui avevamo riacceso la miccia”.

Una storia Che metterà una contro l'altra due bande, una regolare e una di gente all'apparenza civile, perbene. Di quelli che magari di fronte alla recrudescenza del crimine strillano che servirebbe la pena di morte, che basta dobbiamo difenderci noi, che se aspettiamo lo Stato …..
Le leggi non scritte che dominano il mondo dell'illegalità erano complesse e di non facile interpretazione. Appartengono ad un mondo in via di estinzione di cui noi facevamo pervicacemente parte. La criminalità globalizzata che ne rappresentava la modernità le aveva eliminate tutte, l'unico elemento regolatore tra le organizzazioni erano i rapporti di forza. Noi eravamo rimasti tra i pochi uomini liberi a conservare scrupolosamente le regole. Era l'unico modo per tutelare i deboli e le vittime. E le coscienze”.

In questo romanzo compare come un cameo un altro personaggio nato dalla penna di Carlotto: il poliziotto Giulio Campagna, lo strano poliziotto con le sue strane camicie e il suo strano senso della giustizia e del rispetto della legge.
Era l'unico poliziotto che evitava di passare inosservato. Si chiamava Giulio Campagna, ispettore alla sezione antirapine della questura di Padova. Aveva un modo di fare stravagante come il suo abbigliamento che gli aveva negato ogni possibilità di fare carriera”.

Ma un'altra sorpresa vi attenderà alla fine del libro che si chiude facendo comprendere come una nuova sfida, mortale, contro un nemico molto temibile sia alle porte.
Non avevo la minima idea di come sarebbe andata a finire, ma avrei condiviso il destino coi miei amici e avremmo tenuto alta la testa. Di meglio non potevo sperare”.

Il blog dell'autore e la scheda del libro sul sito Edizioni e/o

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