Una casalinga tranquilla dalla doppia
vita: infermiera di giorno e donna di jazz di notte, in quei locali
solo per appassionati. O per gente che è li per motivi di lavoro
come il detective senza licenza Marco Buratti.
Una rapina in villa di due anni prima
finita tragicamente con due morti ammazzati, anche in una maniera
molto brutta.
E ora la moglie di una delle vittime
che chiede a Marco Buratti di fare un'investigazione molto privata
per arrivare ai colpevoli, dopo che la indagini ufficiali della
polizia non hanno portato risultati.
Questi gli ingredienti dell'ultimo
giallo
di Massimo Carlotto della serie dell'Alligatore. Un noir in piena
regola, dove l'investigazione del detective è in realtà un pretesto
per raccontare il mondo della malavita (quella regolare e quella
irregolare) del nordest. Per raccontarne il marcio, tra
laboratori in nero, imprenditori hanno bisogno dei soldi della mafia
da riciclare per superare il momento di crisi, di casalinghe che si
improvvisano prostitute per racimolare qualcosa e di finte casalinghe
che nascondono una vena criminale.
“Il nordest era terra di confine e le bande attaccavano e si ritiravano con grande facilità. Il disprezzo per la vita umana di questa nuova criminalità globalizzata metteva i brividi.Del resto rispecchiava le logiche che dominavano il mondo. E non c'era il minimo segnale che le cose potessero migliorare”.
Nordest amministrato da politici che
rispondono alla pancia del paese, giocando in modo pericoloso con le
paure dei cittadini:
“[A Padova] L'amministrazione della città era perennemente in guerra con qualcuno. Una signora caritatevole, che aveva ospitato alcuni nigeriani fuggiti dalle zone controllate dai jihadisti di Boko Haram e sopravvissuti ai viaggi verso Lampedusa, era stata contestata duramente dal primo cittadino. Un'associazione di commercianti aveva organizzato una fiaccolata di protesta per scongiurare il pericolo di un'epidemia di solidarietà. Magari a sfilare c'erano pure quelli che riciclavano per conto delle mafie, diventate all'improvviso meno pericolose dato che il loro fiume di denaro sporco contribuiva a sostenere l'economia nel momento di crisi”.
Ma più di tutti, in questo romanzo il
faro è puntato sulle bande specializzate nelle rapine in villa e nel
mondo attorno dei riciclatori della merce. Una rete di criminali che
i nostri protagonisti considerano particolarmente abbietta.
Abbietta anche per gente come
l'Alligatore, come il vecchio gangster Rossini e come Max la memoria,
l'analista del gruppo. Criminali, certo, ma con delle regole ancora.
Da rispettare, se possibile.
E in queste c'è scritto che non si fa
una rapina col cane armato, lasciando dietro due cadaveri, seviziati
in malo modo e pure un orfano.
Parliamo di Gastone Oddo, il padrone
della villa e di Luigina, la domestica. E di Luigino, il ragazzino
rimasto senza genitori in mano a degli zii poco contenti di farsi
carico.
In questa storia dove troviamo di
fronte i cattivi da una parte, e i cattivi senza regole se remore per
le persone, parte tutto da qui.
“Nemmeno per tutto l'oro del mondo bisogna mettersi in mezzo a queste faccende perché poi il destino ti punisce.”
L'Alligatore e i suoi soci decidono di
farsi assumere dal piccolo Luigino, facendosi anticipare una cifra
simbolica di 20 centesimi: l'indagine è, come al solito, rognosa,
perché li porta a svelare le vere ragioni della rapina e i veri
responsabili delle due morti.
Una storia di vendette e di rabbia
repressa.
Ma anche di tanta cattiveria.
“Era tutto apparentemente assurdo ma nelle logiche che avevano portato allo scontro tra quelle due bande di rapinatori in realtà un senso c'era, anche se orrendamente perverso.Avidità e disprezzo della vita umana da un lato, dall'altro un'idea esasperata e folle della giustizia e della proprietà. Una miscela esplosiva di cui avevamo riacceso la miccia”.
Una storia Che metterà una contro
l'altra due bande, una regolare e una di gente all'apparenza civile,
perbene. Di quelli che magari di fronte alla recrudescenza del
crimine strillano che servirebbe la pena di morte, che basta dobbiamo
difenderci noi, che se aspettiamo lo Stato …..
“Le leggi non scritte che dominano il mondo dell'illegalità erano complesse e di non facile interpretazione. Appartengono ad un mondo in via di estinzione di cui noi facevamo pervicacemente parte. La criminalità globalizzata che ne rappresentava la modernità le aveva eliminate tutte, l'unico elemento regolatore tra le organizzazioni erano i rapporti di forza. Noi eravamo rimasti tra i pochi uomini liberi a conservare scrupolosamente le regole. Era l'unico modo per tutelare i deboli e le vittime. E le coscienze”.
In questo
romanzo compare come un cameo un altro personaggio nato dalla penna
di Carlotto: il poliziotto Giulio Campagna, lo strano poliziotto con
le sue strane camicie e il suo strano senso della giustizia e del
rispetto della legge.
“Era l'unico poliziotto che evitava di passare inosservato. Si chiamava Giulio Campagna, ispettore alla sezione antirapine della questura di Padova. Aveva un modo di fare stravagante come il suo abbigliamento che gli aveva negato ogni possibilità di fare carriera”.
Ma un'altra
sorpresa vi attenderà alla fine del libro che si chiude facendo
comprendere come una nuova sfida, mortale, contro un nemico molto
temibile sia alle porte.
“Non avevo la minima idea di come sarebbe andata a finire, ma avrei condiviso il destino coi miei amici e avremmo tenuto alta la testa. Di meglio non potevo sperare”.
Il blog
dell'autore e la scheda del libro sul sito Edizioni
e/o
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