29 marzo 2016

Quei morti ci riguardano, tutte

La gente continua a morire per mano dei terroristi dell'Isis non solo in Europa, a Parigi o a Bruxelles (ma anche ad Ankara, a Beirut, in Nigeria).
Le bombe esplodono in Iraq in uno stadio nella provincia di Babil , uccidendo islamici e non islamici, in Pakistan a Lahore in un parco dove i cristiani festeggiavano la Pasqua.
Bombe che creano terrore, che marcano il territorio, danno il segnale di statevene a casa.
Tanto più l'esercito di terra è in crisi, grazie all'azione congiunta di russi e americano, tanto più l'esercito invisibile dentro le nostre città, le periferie, è in grado di colpire quando vuole.
L'ultima notizia riguarda un aereo della compagnia egiziana Egyptair dirottato (forse) su Cipro.
Abbiamo sottovalutato la forza di queste cellule, forse troppo presi dalla foga nel puntare il dito contro i profughi, gente che scappa da guerre e carestie, che abbiamo chiamato presunti, togliendo loro qualunque alibi.
Muoiono cristiani in terra europea e siamo pronti a dire siamo Charlie, siamo Parigi, siamo Bruxelles, almeno per qualche giorno.
Non siamo però Iraq, Ankara .. altre morti, altre religioni, non ci riguardano.

Eppure questo terrore ci riguarda, perché almeno tre persone legate agli attentati scorsi sono passate per l'Italia: a Treviso era passato Al Bakraoui, l'attentatore alla metropolitana di Bruxelles; in Germania è stato arrestato Mohammed Lahlaoui, in contatto coi terroristi di Bruxelles e col gruppo di Salah, per anni aveva vissuto a Vestone (Bs); infine l'arresto vicino Salerno di Djamal Ouali, accusato di aver fornito documenti ai terroristi.
Persone che giravano con documenti europei o dei loro paesi d'origine: che il nostro paese sia visto come una terra di passaggio, per arrivare agli obiettivi degli attacchi senza destare troppi sospetti?
Ha ancora senso prendersela con quelli che cercano la salvezza coi barchini (e rischiano nei loro viaggi la vita)?

I fondamentalisti radicali hanno dimostrato una cosa: non amano le riforme, le aperture, sono conservatori nella loro ignoranza, sanno nascondersi bene.
A Lahore hanno fatto capire come non accettino le nuove norme sulla blasfemia, sulla protezione delle donne, sostenendo che queste farebbero perdere “l'identità islamica”.
Questi fondamentalisti si mimetizzano nei ghetti e nelle periferie: continueranno a farlo finché queste rimarranno zone “altre”, fuori dallo stato. Finché ci sarà un noi e un loro, finché considereremo le morti in modo diverso le une dalle altre.
E tutto questo avviene in Europa, come un Pakistan, nostro presunto alleato nella lotta al terrore, come l'Egitto di Al Sisi.

Capite che tutto questo è un controsenso: per combattere i fondamentalisti dobbiamo appoggiarci a Putin e Assad, al generale golpista Al Sisi.
Queste morti ci riguardano perché raccontano del di-sgretolamento dei nostri valori di europei, verso una direzione molto oscura.

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