20 aprile 2016

La (vera) natura della barbarie

Nella giornata di ieri, due personaggi politici hanno rivelato la loro vera natura.
Bertinotti, l'ex leader della sinistra comunista, che al meeting di CL ha trovato casa. E che ci rimanga, in quella casa.

E poi il presidente del Consiglio che, per difendere il suo governo dalle due mozioni di sfiducia, ha sfoderato un discorso che in Parlamento non si sentiva da anni. Dagli anni in cui nello stesso palco parlava Berlusconi. Sono solo cambiate le facce e le battutine, ma il succo del discorso dove, più che le indebite influenze, gli emendamenti approvati per favorire le lobby, si è scagliato contro la magistratura e i giornali che pubblicano le intercettazioni.
O meglio, contro quei magistrati che passano le veline ai giornali.
"Io rispetto le sentenze dei giudici, non le veline che rompono il segreto istruttorio. Quando auspico che si arrivi a sentenza, non attacco la magistratura ma rispetto la Costituzione: un avviso di garanzia è stato per oltre 20 anni come una condanna definitiva. Vite di persone perbene sono state distrutte, ma un avviso di garanzia non è mai una condanna ed è per questo che non chiederemo le dimissioni del consigliere del Movimento 5 Stelle di Livorno, perché crediamo nella presunzione di innocenza. Questo paese ha conosciuto figure di giudici eroi che hanno perso la vita ma anche, negli ultimi 25 anni, pagine di autentica barbarie legata al giustizialismo". 

C'era una volta il Renzi 1 che chiedeva la testa dei ministri non indagati e senza nessun avviso di garanzia Alfano e Cancellieri.
Erano i tempi in cui si combatteva la guerra di logoramento contro il governo Letta (come raccontano anche altre intercettazioni col generale Adinolfi).

Oggi siamo nel solco di B. e anche di C.: lasciateci lavorare, magistrati, collaborate col governo, cancellate le intercettazioni imbarazzanti (non perché violano la privacy).
Questo paese può tollerare la corruzione, la raccomandazione (che oggi si chiama traffico di influenze), il clientelismo, ma non può accettare che i cittadini siano informati di quello che noi combiniamo.

Al presidente Renzi ha risposto, come al solito nei modi e nei toni corretti, il presidente dell'ANM Davigo, ieri sera a di Martedì e oggi nell'intervista a Il fatto quotidiano.
Su giustizia ad orologeria, sulla prescrizione, sulle intercettazioni (e sul diritto alla difesa e ad essere informati).
Lo chiamano giustizialismo, confondendo l'azione penale ed obbligatoria della magistratura, con quello che i cittadini e la Costituzione chiedono: trasparenza, onestà, rispetto per le istituzioni.
Piercamillo Davigo, dopo l'inchiesta di Potenza Renzi parla di “25 anni di barbarie giustizialista”, mentre Napolitano denuncia un “riacutizzarsi ”del conflitto politica-giustizia e invoca la riforma delle intercettazioni. 
Non commento le dichiarazioni del presidente del Consiglio. Ma è una vecchia sto-ria, questa del ‘giustizialismo’e del ‘conflitto’. Non c’è nessuna guerra. Noi facciamo indagini e processi. Se poi le persone coinvolte in base a prove e indizi che dovrebbero indurre la politica e le istituzioni a rimuoverle in base a un giudizio non penale, ma morale o di opportunità, vengo-no lasciate o ricandidate o rinominate, è inevitabile che i processi abbiano effetti politici. Se la politica usasse per le sue autonome valutazioni gli elementi che noi usiamo per i giudizi penali e ne traesse le dovute conseguenze, processeremmo degli ex. Senza conseguenze politiche. Il conflitto fra politica e magistratura è fisiologico?Le frizioni fra poteri dello Sta-to sono la naturale conseguenza della loro separatezza e indipendenza. Chi vuole che tutti i poteri vadano d’amore ed’accordo dovrebbe proporre il ritorno alla monarchia assoluta, dove il sovrano deteneva tutti i poteri senz’alcun conflitto: il re era sempre d’a c c o r-do con se stesso. È questo che vogliono? Io, se non ci fosse tensione fra politica e giusti-zia, mi preoccuperei.
Napolitano e Renzi reclama-no una legge che vi imponga di espungere dagli atti le intercettazioni penalmente irrilevanti o riguardanti i non indagati, così i giornali non potranno più pubblicarle.
 
Non ne vedo la necessità. Ba-stano e avanzano le norme sulla diffamazione e sulla pri-vacy, che puniscono chi mette in piazza fatti davvero privati e privi di interesse pubblico: si possono sempre aumentare le pene, specie per la violazione della privacy, ma poi si va a sbattere contro la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che sconsiglia lo strumento penale contro la libertà di stampa. E, soprattutto, ha già affermato che, quando un giornalista pubblica notizie anche penalmente irrilevanti, ma moralmente importanti, su personaggi pubblici, non può essere punito.
Ma la legge dice che dovete essere voi magistrati a cancellare dagli atti le conversa-zioni extra-penali.
 
A parte il fatto che una conversazione può essere irrilevante ai fini del reato per cui si procede e non di un altro per cui è comunque lecito procedere. Ma poi, chi decide cosa mettere o togliere? Il pm? Il gip? E i diritti della difesa chi li tutela? Mi meraviglia chequesti discorsi vengano da chi sbandiera garantismo un giorno sì e l’altro pure: ma lo sanno o no che ciò che è irrilevante per il pm o per il giudice può essere rilevantissimo per il difensore? Esempio:Tizio intercettato racconta una sua serata con un trans.Tutti diranno: orrore, privacy, bruciare tutto! Già, e se poi quella serata col trans serve a uno dei due interlocutori come alibi per provare che la sera di un delitto erano altrove?Siccome l’alibi è stato distrutto, l’innocente rischia la con-danna. Bel garantismo.
Forse la barbarie non la pubblicazione delle intercettazioni, ma l'inquinamento di Viggiano, la trattativa stato mafia (a proposito della morte del consigliere D'Ambrosio), dei quartierini per gestire appalti e affari.

Gilioli oggi, prova a raccontare la stessa storia secondo un altro punto di vista: l'uscita di ieri come strategia per occupare l'agenda, costringere le persone ad avere una reazione immediata, schierarsi senza sfumature o con me o contro di me.
Il fronte del si contro il no, quelli delle riforme contro quelli che non le vogliono.
Tutto semplice, come ai tempi di B.
Tutto pur di non parlare del boom dei voucher, dei posti di lavoro in calo (con la fine degli sgravi), del PIL fermo ....

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