Due inchieste sui rapporti dell'Italia
con l'Europa, per le norme europee (firmate anche dai nostri politici
all'Europarlamento che evidentemente le hanno lette male)che
regolamentano gli aiuti di Stato, e un servizio sull'alimentazione e
sui falsi miti.
“L'Europa dice no e Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara saltano. L'Europa dice sì alla Germania che può salvare la sua banca Hsh. Se noi aiutiamo l'Ilva l'Europa dice no, la Francia aiuta e salva Peugeot e l'Europa dice sì. Che cosa abbiamo di diverso?”
Figli e figliastri dunque in questa
Europa che ci ha costretti al Bail in, facendo pagare la crisi
delle banche popolari (per le sofferenze stimate in 2 miliardi) direttamente agli azionisti e agli
obbligazionisti (subordinati), come fossero speculatori di borsa?
E lo stesso discorso si potrebbe fare
per l'Ilva di Taranto, che dovremmo risanare coi soldi pubblici (la
solita Cassa depositi e prestiti) per poi essere ceduta ad un gruppo
privato (si parlava del gruppo Marcegaglia).
Forse le cose non stanno proprio così
e tutti i risparmiatori che sono stati truffati dalle banche
popolari, avendo investito i loro risparmi in titoli che hanno perso
valore, dovrebbero seguire con attenzione il servizio: parliamo delle
4 banche “salvate” via decreto (Salva banche) quando ormai
era troppo tardi invocare l'aiuto pubblico. E parliamo anche delle
banche Venete, la Veneto Banca e la Popolare di Vicenza che
aveva chiesto
alla Rai di rimandare la messa in onda del servizio essendo in
corso un'operazione di ricapitalizzazione, per la quotazione in
Borsa:
«Vi invitiamo a valutare l’opportunità di differire la puntata della trasmissione
a dopo l’importante operazione di ricapitalizzazione in corso».
La replica di Gabanelli: «Quando qualcuno chiede soldi al mercato è dovere del servizio pubblico fare le pulci»Nel frattempo l’aumento di capitale da 1,5 miliardi, destinato a traghettare in Borsa la banca, è slittato alla seconda metà di aprile ma la Popolare non ha cambiato posizione. La Rai dal canto suo ha respinto al mittente le modifiche di palinsesto richieste da Vicenza. E Gabanelli che cosa dice?
«Dico che in vent’anni di Report non mi era mai stata fatta una richiesta del genere. Credo che quando qualcuno chiede soldi, tanti soldi, al mercato, sia dovere del servizio pubblico fare le pulci».
Il
servizio di Giovanna Boursier (qui un'anteprima) cercherà di far capire come si è arrivati a questa situazione di
disastro (non solo economico ma anche sociale), se ci sono stati dei
mancati controlli e quali le responsabilità dei manager: fidi
concessi agli amici senza le garanzie, lauti stipendi e liquidazioni, consulenze milionarie.
Un deja vu in piccolo della storia di Mps.
La giornalista intervisterà il procuratore di Vicenza Antonino
Cappelleri, cui ha chiesto se il prezzo delle azioni della Popolare di Vicenza fosse stato gonfiato:
«Si sente dire che fosse più che
doppio rispetto a quello conforme al mercato» risponde Cappelleri.
La storia è questa: il titolo era sovrastimato dal 2001, Bankitalia sapeva e aveva scritto alla BPVI (ma non fece altro): e dopo l'ispezione della BCE nel 2015, il titolo è crollato del 23%, agli azionisti fu impedito di vendere i pacchetti. Anni di risparmi persi ..
La storia è questa: il titolo era sovrastimato dal 2001, Bankitalia sapeva e aveva scritto alla BPVI (ma non fece altro): e dopo l'ispezione della BCE nel 2015, il titolo è crollato del 23%, agli azionisti fu impedito di vendere i pacchetti. Anni di risparmi persi ..
E anche il
collega Bruno Vespa "titolare negli anni passati di un pacchetto di
azioni di Veneto Banca da 8 milioni di euro, quasi interamente
venduto prima del crollo del valore azionario".
Il giornalista
dà la sua versione dei fatti: «Nel 2010 io chiesi di poter vendere
e non riuscii a vendere. Io ho premuto, insistito in maniera costante
per due anni e otto mesi e dopo due anni e otto mesi nell'estate
del 2013 sono riuscito a vendere una parte rilevante delle azioni».
Prosegue Bruno Vespa: «Mi hanno offerto delle obbligazioni e quindi
ho parecchi soldi che sono andati in fumo: 873mila euro, che valgono
il 10 per cento».”
La scheda del servizio Saltimbanche
– Giovanna Boursier
Le banche popolari sono le banche del territorio con migliaia di clienti che ricevono finanziamenti, ma che sottoscrivono anche azioni e obbligazioni perché si fidano dei dirigenti e degli impiegati che conoscono da anni. Quando Banca Marche, CariChieti, CariFerrara e Banca Etruria vanno in crisi, si applica il bail-in, che per legge obbliga migliaia di azionisti e obbligazionisti a intervenire per salvarle e così alla fine perdono tutto. Ma come si è arrivati a questo? Banca Etruria è la più nota alle cronache perché il vicepresidente era il papà della ministra Maria Elena Boschi, e oggi è indagato per concorso in bancarotta fraudolenta. Dalle indagini emergono, con le responsabilità, anche liquidazioni milionarie per i manager e crediti concessi ai membri del cda senza le dovute garanzie. Nei guai sono finite anche le popolari venete, Veneto Banca e Bpvi, dove avevano gonfiato il prezzo delle azioni, che alla fine del 2014 valevano 62 euro e oggi 6 euro e 30. Quando il valore ha cominciato a crollare quasi nessun azionista ha potuto vendere. Tra coloro che ci sono riusciti anche Bruno Vespa che, intervistato, ci spiega come ha fatto. Dalle inchieste della magistratura emerge anche che la popolare, per gonfiare il capitale, finanziava l’acquisto di azioni per milioni di euro garantendo solo a pochi selezionati soci, con lettere segrete, il riacquisto. Gianni Zonin, grande produttore di vini ed ex dominus della popolare, oggi indagato per bancarotta, ha trasferito il suo patrimonio a moglie e figli.Ma come si è arrivati a questo punto se tutte le banche erano commissariate da Banca d’Italia? Giovanna Boursier intervista il Direttore generale, Salvatore Rossi, che dà la sua versione dei fatti, nella puntata in onda domenica sera alle 21.45 su Rai3. E a Bruxelles ci spiegano come funzionano le regole europee e come sono andate le trattative intraprese dal nostro governo per evitare di far pagare i danni agli obbligazionisti. Vista da fuori sembra che l’Europa a noi italiani non conceda di salvare banche e aziende con aiuti di stato mentre, per esempio, alla Germania sì. E’ veramente così? Risponde anche Daniéle Nouy, presidente della Vigilanza della Bce.
Gli aiuti di Stato per l'Ilva: anche sull'Ilva, l'Europa ha detto no, niente soldi pubblici (nonostante tutti i governi passati hanno aiutato l'azienda privata attraverso i decreti Salva Ilva ..).
Europa matrigna oppure ancora una
volta, dopo le banche, non abbiamo saputo leggere e comprendere bene
le regole europee sugli aiuti di stato: bastava seguire le regole e
non fare le solite cose all'italiana.
Parliamo di un'azienda che da lavoro a
migliaia di persone, di un territorio da bonificare, del futuro
dell'acciaio italiano (sempre che ci sia un futuro).
Forse, più che prendercela con la
perfida Europa, dovremmo prendercela con i nostri europarlamentari,
troppo presi dagli impegni nei talk show. Dovremmo mandare gente
preparata a Bruxelles, non solo riciclati o trombati alle politiche
nazionali.
Perché
loro e noi no, di Giorgio Mottola
L’Ilva è stata messa ufficialmente in vendita. Ma se non verranno fatti prima i costosissimi lavori di adeguamento ambientale, sarà difficile trovare qualcuno disposto a comprarla. Per questo lo Stato italiano ha deciso di stanziare per l’acciaieria, un tempo di proprietà dei Riva, un altro prestito di oltre un miliardo di euro. L’idea però non è piaciuta a Bruxelles. In Europa, infatti, gli aiuti di Stato alle imprese sono permessi solo se si seguono regole rigorose. Invece noi italiani, secondo la Commissione europea, le regole le abbiamo violate più di chiunque altro negli ultimi dieci anni. E così, in molti casi, a Francia e Germania è stato concesso di salvare le proprie imprese e all’Italia no. Siamo vittime di un complotto, della nostra poca affidabilità o della nostra incapacità di applicare le regole? Il dubbio è legittimo visto che a volte perdiamo milioni di euro perché, quelle regole, neppure sappiamo leggerle bene.
Infine, un servizio di Stefania
Rimini sui falsi miti in ambito alimentare
Falsi
miti nel piatto – Stefania Rimini
E' vero che bisogna bere un litro e mezzo di acqua al giorno? Che la sogliolina è più sana di un grasso sgombro? Oppure che “il vino fa sangue” e che diventiamo più forti mangiando gli spinaci? Molti credono che per assumere calcio bisogna bere latte, andiamo a vedere se è proprio così. Girano falsi miti sul mangiare mentre le nostre cellule per funzionare al meglio e tenerci giovani e in salute necessitano di equilibri ben precisi tra determinati alimenti. Gli omega 6 devono essere in un certo rapporto con gli omega 3, idealmente 5 a 1, invece in media stiamo a 15 a 1, cioè siamo sempre in deficit di omega 3 mentre di omega 6 ne mangiamo fin troppi. I grassi più importanti sono tutti nella membrana cellulare e se non sono in equilibrio noi facciamo faticare di più le nostre cellule per mantenere il tessuto funzionante. Con l’innovazione scientifica si è in grado di misurare quant'è sano il nostro stile di vita addirittura a livello di membrana cellulare. Impariamo a mettere nel carrello i grassi giusti per far felice la nostra membrana cellulare. E’ lei il “portiere di casa” del nostro corpo, se funziona bene fa entrare le sostanze che ci fanno stare meglio.
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Mi raccomando, siate umani