19 maggio 2016

Prima che termini lo spot

Se la politica è una perenne campagna elettorale, allora il tutto si riconduce a spot, promesse, titoloni a tre colonne.
L'importante è tenere viva l'attenzione dello spettatore (non cittadino), nascondere la polvere sotto il tappeto, e questo spiega i movimenti attorno ai giornali di questi mesi.
Perché si vota nelle grandi città e si voterà ad ottobre al referendum sulla nuova Costituzione trasformato nel plebiscito su Renzi.
Il bonus bebè annunciato su Repubblica e poi smentito.
I bonus per fare figli, visto il calo della natalità: come se potessimo invertire il trend con gli 80 euro (o 160) e non con gli asilo, con stipendi più alti, con una politica sulle case, con un mondo del lavoro che non si appoggia sul precariato e sui voucher.
Si legge che l'UE ci garantisce la flessibilità necessaria per altre spese in deficit, ma in realtà ci chiederà altre 9 miliardi nel 2017 (da prendere dove?).
Per il momento abbiamo un tesoretto da spendere in promesse, poi vedremo.
Togliamo il bollo, togliamo Equitalia (sostituita da chi?).

Le inchieste giudiziarie diventano armi di distrazione di massa, se coinvolgono l'opposizione (vedi caso Quarto), si lanciano proclami che durano pochi giorni (il Daspo per i corrotti), e poi tutto torna come prima.
La prescrizione, il potenziamento per gli organici nei Tribunali, il processo penale informatico.

Non ce stiamo accorgendo, ma pezzo dopo pezzo, stiamo perdendo dei diritti, tolti senza che se ne accorga.
Il diritto al voto, il diritto alla trasparenza, il diritto ad essere informati. Ad essere curati, a ricevere un'istruzione adeguata.
Da Repubblica parlamentare, dove la "sovranità appartiene al popolo", ci stiamo spostando verso un altro modello.

Vi piace, non ci piace?
L'importante è saperlo prima che termini lo spot, quando non potremo più tornare indietro.

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