"La riforma costituzionale porta 500 milioni di euro di risparmi. Noi stiamo togliendo il giochino dei rimborsi ai partiti, dal Pd ai Cinquestelle. Chi vota sì toglie questo meccanismo, chi vota no, vota la casta".
Chi ha ragione, chi ha torto nel duello Renzi Travaglio ad Otto e mezzo?
Chi ha vinto l'incontro?
Chi ha convinto di più gli spettatori?
Il confronto di ieri sera ha mostrato quello che è uno dei classimi meccanismi della comunicazione politica: raccontare solo quello che fa più comodo della realtà, mostrare certi numeri e nasconderne altri, puntare su alcuni argomenti e non su altri.
Tutto vero che la riforma costituzionale toglie il bicameralismo perfetto che rallenta l'iter approvativo delle leggi.
Tutto vero che ci saranno 200 senatori in meno.
Che si toglie il CNEL.
Tutto vero che la riforma non tocca i poteri del premier.
Tutto vero che il PIL dopo anni ha segno positivo.
Tutto vero che i numeri del lavoro sono positivi.
Ma questa, per usare un'espressione cara al Camilleri di Montalbano, significa raccontare ai cittadini solo la mezza messa.
Per onestà e trasparenza servirebbe raccontare la messa intera.
Il bicameralismo rimane e l'iter approvativo potrebbe essere anche più complicato. E, di fronte alle proposte di legge dei prevedenti governi, potrebbe non essere un dramma (chi si ricorda quando Berlusconi voleva approvare il bavaglio alla stampa, come minaccia per i suoi processi?).
200 senatori in meno, di fronte al quasi milione di persone che lavorano per la politica non è un gran risparmio. Ieri abbiamo scoperto che il dirigente che si occupava di comunicazione per il ministero della Lorenzin guadagna come il presidente Mattarella. Nel sottobosco dei ministeri si potrebbe risparmiare di più.
Se si chiede agli italiani se sono d'accordo a 200 senatori in meno si dovrebbe chiedere anche se sono d'accordo nel non eleggerli.
Perché non è scritto da nessuna come verrano selezionati. Non è scritto che lavoreranno in senato solo pochi giorni. Che riusciranno a fare contemporanemante il sindaco e il senatore.
Il PIL cresce ma meno che in altri paesi europei. E il periodo buono potrebbe essere passato.
Quei posti di lavoro sono stati creati grazie agli sgravi, costati 20 miliardi.
Questa la messa intera.
E poi avremmo potuto parlare del voltafaccia sull'Italicum (aveva posto la questione di fiducia), sulle dimissioni che avrebbe presentato in caso di sconfitta.
Della questione dei voucher, dei mille asili in mille giorni, della questione delle banche (MPS in particolare).
Ma per queste domande sarebbe servito più tempo (e una giornalista che stoppava i suoi comizi).
In ogni caso se vince il no rimane tutto come ora: se ora c'è la Casta, come dice Renzi, pure lui ne fa parte. Giusto per raccontare la messa intera....
Prima o poi qualcuno dovrà pur dirgli "basta, adesso hai detto proprio una fesseria!". Il finanziamento ai partiti non è disciplinato in nessuna parte della Costituzione, l'articolo 49 definisce solamente la natura dei partiti.
RispondiEliminaChe sia per ignoranza o per malafede è comunque gravissimo che un primo ministro intasi ogni buco mediatico raccontando inesattezze come quella che chi vota No mantiene il finanziamento ai partiti, tra l'altro aboliti dal governo Letta e con legge ordinaria.
Pure i 500 milioni di risparmio è un'altra pubblicità ingannevole. Il risparmio oscilla da un minimo di 57,7 milioni (Ragioneria dello Stato, organo del Mef) fino ad un massimo di 150 milioni (Roberto Perotti, economista). Province incluse.
Se Letta era un "incapace" (Renzi Matteo, 11 gennaio 2014, beccato a telefono con il gen. Adinolfi a raccontare la cospirazione contro chi rassicurava via Twitter), come mai lo statista di Rignano continua ad intestarsi il lavoro del suo predecessore?
Complimenti per il blog, un vero concentrato di competenza e oggettività.
Grazie
RispondiEliminaAldo