Como, 8 luglio 1899
Il bambino è seduto in fondo al negozio. Ha le spalle appoggiate al muro e una risma di fogli sule ginocchia nude. Sembra più piccolo della sua età, quasi gracile, ma già s'intuisce che il suo corpo sta per germogliare, vigoroso. Scarabocchia concentrato, ogni tanto arrotola un riccio ramato attorno al portamine. Sono i momenti dove dubita del suo segno, o dove la sua mente si perde. Poi riprende a disegnare, di slancio. La punta della lingua fa capolino sulle labbra, in basso a sinistra.
Il bambino che vediamo disegnare in
fondo al negozio del padre, in attesa che questi chiuda il suo lavoro
per portarlo alla grande esposizione per le celebrazioni voltiane a
Como, si chiama
Antonio Sant'Elia.
Sarà uno dei più geniali architetti
italiani del primo novecento, tanto geniale e innovativo quanto
sfortunato: eccetto qualche piccolo lavoro, non realizzerà nessuna
delle sue idee. Perché forse troppo innovative per quei tempi, anni
di rottura in cui un intero mondo è destinato a sfasciarsi e
sparire.
Ma anche perché assieme ad altri
milioni di giovani italiani, troverà la morte sul Carso, in quel
grande carnaio che è stata la Prima guerra mondiale:
“Quanti siano i militari caduti a causa del conflitto non si sa ancora oggi con certezza. Si ipotizza fra i 559.000 e i 651.000, i feriti 947.000.
I morti civili, nella sola Italia, 1.021.000, di questi 589.000 per malnutrizione e carenze alimentari e 432.000 causati dall'influenza spagnola.
L'intero conflitto mondiale causerà, fra morti, feriti, dispersi e prigionieri, 37.494.186 vittime militari. Delle vittime civili s'è perso il conto.”
Questo romanzo di Gianni Biondillo
è un omaggio alla memoria di questo giovane Sant'Elia, il cui
centenario della morte è caduto il 10 ottobre scorso: morì per una
scheggia che lo colpì al volto, durante un attacco alle linee
nemiche sul Carso, il 10 ottobre 1916, indossando una delle “corazze
Farina” che avrebbero dovuto proteggere i fanti italiani dai colpi
delle mitragliatrici austriache, ma che invece servivano solo ad
appesantire i movimenti dei soldati. Le spoglie di Antonio Sant'Elia
sono tornate a Como, sotto il Monumento ai caduti, realizzato
sulla base di un disegno di Sant'Elia stesso: “Torre con
lanterna”.
“Come sugli alberi le foglie”
è il racconto storico basato su una lunga lettura dei diari, delle
memorie di quella generazione di artisti che vollero rompere col
passato, “il chiaro di luna”, le forme classiche, i
“passatisti” per inventarsi nuove forme di poesia, di
musica, di architettura.
Nuove forme e modi in linea coi tempi:
il tram elettrico che stava sostituendo il cavallo, l'elettricità
(scoperta dall'invenzione di Alessandro Volta, comasco anche lui)
nelle strade e nelle case, le auto che iniziavano a sfrecciare nelle
strade.
Una generazione di artisti che aveva in
Marinetti il suo cardine, autore de
“Il Manifesto futurista”:
“Era datato 11 febbraio 1910.
La pila elettrica era carica, pronta
con una scintilla a squarciare il cielo bigio della cultura
nazionale”.
E poi, Russolo, Carrà, Boccioni,
Piatti, Sironi, Erba ..
Anche Sant'Elia aderì al
futurismo, entrando nella casa “rossa” di Marinetti su
invito di Carrà, colpito dall'audacia e dall'innovazione dei
suoi disegni delle case, dei quartieri, degli edifici della città
del futuro che l'architetto comasco aveva in testa e che non riuscì
mai a realizzare.
L'architettura deve saper anticipare la tecnologia. Ha tempi più lunghi, dura di più.Per questo deve prevedere il cambiamento, indirizzarlo. Sai cosa m'immagino? Che fra vent'anni usciremo di casa, prenderemo un tram, o un treno, arriveremo alla stazione, saliremo da un ascensore per andare su una pista ad aspettare l'aeroplano che ci porterà a Londra o a New York. Tutti, lo faremo tutti. Io, te, ognuno di noi. Non è meraviglioso?
Progetto per citta' futurista di Antonio Sant'Elia. Stazione di aeroplani e treni ferroviari con funicolari e ascensori (immagine presa dal sito tracce.morettispa.it) |
Artisti che portarono aria nuova nel
mondo della cultura, che scandalizzarono il mondo borghese di Milano
e che sposarono la causa interventista affinché l'Italia entrasse in
guerra contro l'Austria, per la riconquista dei nostri territori
“irredenti”.
La guerra come sola “igiene del
mondo”, in grado di spazzar via gli inetti, i deboli, i
vigliacchi.
Per questo aderirono come volontari,
formando quello che fu chiamato “Battaglione Lombardo Volontari
Ciclisti Automobilisti”, e molti di loro parteciparono pure ad
azioni belliche.
Non erano ben visti dai soldati di
carriera e dai richiamati questi artisti, che mai avevano provato la
fatica su di sé e che erano qui, al fronte pure volontari. Difficile
inquadrarli, difficile chiedere loro la disciplina e difficile pure
capirli quando, sotto i colpi degli shrapnel si lanciavano nei loro
dialoghi “futuristi”
che i poveri contadini non riuscivano nemmeno ad afferrare ...
E scoprendo che il conflitto non aveva
nulla a che fare con l'idea romantica e futuristica che avevano in
mente:
“Il conflitto stava iniziando a mostrarsi per quello che era: non una guerra lampo, futurista e artistica”.
C'era l'attesa della battaglia, le
notti insonni, il non potersi lavare, l'assalto frontale alle
posizioni nemiche (frutto della strategia perversa del capo di Stato
Maggiore generale Cadorna).
Ci sono le bombe sulle trincee:
“In quei giorni i soldati in trincea cadevano a terra falcidiati, a mucchi, a mazzi, come sugli alberi le foglie quando arriva l'autunno. In piena primavera”.
Una guerra senza
logica, anzi con la logica assurda dello sfondamento frontale delle
linee del nemico, con armamenti scadenti e inutili:
le baionette arrugginite e le cesoie per tagliare i reticolati
austriaci senza filo.
Per i vigliacchi
che osano rifiutare questo ordine era pronto
il plotone di fucilazione, coi carabinieri pronti a spararti alle
spalle o in pancia. “Avanti il prossimo ...”.
IL romanzo è costruito facendo dei
salti avanti e indietro nel tempo: c'è il racconto di quei mesi
terribili della guerra, dove Sant'Elia incontro con altri “grandi”
della nostra cultura, Carlo Emilio Gadda, Emilio Lussu e Ungaretti e
la sua poesia
Veglia
Un'intera nottatabuttato vicinoa un compagnomassacratocon la sua boccadigrignatavolta al pleniluniocon la congestionedelle sue manipenetratanel silenzioho scrittolettere piene d'amore
Non sono mai statotantoattaccato alla vita
Giuseppe Ungaretti
Ci sono poi i
capitoli della storia personale di Antonio che si alternano ai
precedenti e che raccontano degli studi da perito a Como,
dell'incontro con Clio, che sarà la sua compagna nella vita, dei
primi lavori, dei giri a Milano per vedere i lavori di un importante
architetto dell'epoca Sommaruga.
L'incontro a Milano
con Emilio Salgari dove cercano di immaginarsi (riuscendoci anche)
come saranno le città del futuro.
Il primo contatto
con i futuristi, per la mostra a Brunate e il disegno di
Boccioni sul cartellone.
Antonio però non
un ragazzo che si accontenta: capisce che se oltre ad immaginare la
città del futuro vuole anche progettarla e realizzarla, deve entrare
in Accademia e lasciare la famiglia a Como.
Siamo nel 1909 e
Milano è una città in trasformazione e dove c'è modo di incontrare
gente come Carlo Erba, Achille Funi, Possamai. E Carrà e Fontana.
Nel 1910 esce il
“Manifesto” di Marinetti:
“Era datato 11 febbraio 1910.
La pila elettrica era carica, pronta con una scintilla a squarciare il cielo bigio della cultura nazionale”.
E successivamente
verranno pubblicati altri “Manifesti”, quelli della
pittura, della musica e dell'architettura.
Sono anni frenetici
per Antonio, senza requie: l'abbandono di Brera e successivamente il
diploma di Architetto preso a Bologna. Le polemiche con i professori
dell'accademia e con i critici musicali, incapaci di immaginare
qualcosa di diverso. Passatisti contro futuristi:
«Sai come vedono il mondo i passatisti?»
«Come?»
«Così! Come sto facendo io .. nascono, crescono, invecchiano .. si muovono certo! Mica stanno fermi. Ma quello che vedono è sempre il passato. Capito?»
E, ancora, la
parentesi come consigliere politico a Como, l'amicizia con Giuseppe
Sinigaglia, il Sina, il campione di canottaggio a Londra
(anche lui vittima del conflitto, nel 1916). I venti di guerra che
iniziano a soffiare sull'Europa, con l'iniziale neutralità sposata
dal governo italiano di Salandra (nonostante fossimo alleati con gli
imperi centrali tramite la Triplice Intesa).
Ma sarà una
neutralità breve: a soffiare sul fuoco della guerra, dell'intervento
saranno in tanti. Come il direttore dell'Avanti, il socialista Benito
Mussolini (che aveva titolato
un chiaro “Abbasso la guerra ”), poi fondatore del
partito fascista assieme a Marinetti.
Interventisti anche
le “grandi menti” del pensiero italiano: il vate D'Annunzio
rientrato in Italia dopo anni di “esilio” a Parigi per incendiare
le masse coi suoi discorsi infarciti di retorica.
Interventisti anche
i futuristi, con le loro manifestazioni anche violente, contro
l'Austria e contro i cacadubbi, contro i bifolchi, i vigliacchi.
«E non preoccuparti … pochi mesi, Antonio mio, e te li farai ricrescere .. Quanto vuoi che duri la guerra? Arriveremo a Vienna prima della fine dell'anno».
Così Marinetti
convince Sant'Elia ad arruolarsi nel battaglione di Ciclisti
Volontari Automobilisti. E con medesime parole i Marinetti, i
D'Annunzio, i Mussolini, i Salvemini, i Soffici portano il paese alla
guerra.
Ma è più pazzo
chi usa queste parole da esaltato o chi gli ha dato retta?
La guerra lampo, la
guerra futurista. La guerra per strappare il suolo patrio all'aquila
austriaca.
Ma che in realtà
divenne la guerra degli imboscati (i figli di Pirelli, di Agnelli, i
figli di Salandra imboscati negli uffici), degli assalti alla
trincea, delle carneficine, dei soldati mandati al massacro con armi
inefficienti e col plotone di fucilazione alla spalle.
Come le foglie
sugli alberi , oltre a colmare il vuoto di memoria nei confronti
di questo giovane architetto comasco, Antonio Sant'Elia, colma
anche una lacuna importante nel panorama storico raccontando
un'epoca, la fine della belle epoque che portò al conflitto
mondiale e che preparò poi il terreno ai totalitarismi del '900.
Assieme al
protagonista seguiremo i dialoghi tra i tanti artisti del racconto,
entreremo nella casa di Marinetti, incontreremo Salgari, assisteremo
all'esecuzione di Cesare Battisti.
Ci
troveremo sbattuti in prima linea, al fronte, a respirare i gas, a
sentire il fischio delle pallottole assieme ai soldati.
La guerra è una cosa semplice nei loro racconti. Ci sono contadini che sparano ad altri contadini. E ci sono generali che nel frattempo fanno carriera di cimitero in cimitero.
La scheda del libro sul sito di Guanda
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