16 ottobre 2016

Come sugli alberi le foglie, di Gianni Biondillo

Como, 8 luglio 1899 
Il bambino è seduto in fondo al negozio. Ha le spalle appoggiate al muro e una risma di fogli sule ginocchia nude. Sembra più piccolo della sua età, quasi gracile, ma già s'intuisce che il suo corpo sta per germogliare, vigoroso. Scarabocchia concentrato, ogni tanto arrotola un riccio ramato attorno al portamine. Sono i momenti dove dubita del suo segno, o dove la sua mente si perde. Poi riprende a disegnare, di slancio. La punta della lingua fa capolino sulle labbra, in basso a sinistra.

Il bambino che vediamo disegnare in fondo al negozio del padre, in attesa che questi chiuda il suo lavoro per portarlo alla grande esposizione per le celebrazioni voltiane a Como, si chiama Antonio Sant'Elia.
Sarà uno dei più geniali architetti italiani del primo novecento, tanto geniale e innovativo quanto sfortunato: eccetto qualche piccolo lavoro, non realizzerà nessuna delle sue idee. Perché forse troppo innovative per quei tempi, anni di rottura in cui un intero mondo è destinato a sfasciarsi e sparire.
Ma anche perché assieme ad altri milioni di giovani italiani, troverà la morte sul Carso, in quel grande carnaio che è stata la Prima guerra mondiale:
Quanti siano i militari caduti a causa del conflitto non si sa ancora oggi con certezza. Si ipotizza fra i 559.000 e i 651.000, i feriti 947.000. 
I morti civili, nella sola Italia, 1.021.000, di questi 589.000 per malnutrizione e carenze alimentari e 432.000 causati dall'influenza spagnola.
L'intero conflitto mondiale causerà, fra morti, feriti, dispersi e prigionieri, 37.494.186 vittime militari. Delle vittime civili s'è perso il conto.”

Questo romanzo di Gianni Biondillo è un omaggio alla memoria di questo giovane Sant'Elia, il cui centenario della morte è caduto il 10 ottobre scorso: morì per una scheggia che lo colpì al volto, durante un attacco alle linee nemiche sul Carso, il 10 ottobre 1916, indossando una delle “corazze Farina” che avrebbero dovuto proteggere i fanti italiani dai colpi delle mitragliatrici austriache, ma che invece servivano solo ad appesantire i movimenti dei soldati. Le spoglie di Antonio Sant'Elia sono tornate a Como, sotto il Monumento ai caduti, realizzato sulla base di un disegno di Sant'Elia stesso: “Torre con lanterna”.

Come sugli alberi le foglie” è il racconto storico basato su una lunga lettura dei diari, delle memorie di quella generazione di artisti che vollero rompere col passato, “il chiaro di luna”, le forme classiche, i “passatisti” per inventarsi nuove forme di poesia, di musica, di architettura.
Nuove forme e modi in linea coi tempi: il tram elettrico che stava sostituendo il cavallo, l'elettricità (scoperta dall'invenzione di Alessandro Volta, comasco anche lui) nelle strade e nelle case, le auto che iniziavano a sfrecciare nelle strade.
Una generazione di artisti che aveva in Marinetti il suo cardine, autore de “Il Manifesto futurista”:
Era datato 11 febbraio 1910.
La pila elettrica era carica, pronta con una scintilla a squarciare il cielo bigio della cultura nazionale”.

E poi, Russolo, Carrà, Boccioni, Piatti, Sironi, Erba ..
Anche Sant'Elia aderì al futurismo, entrando nella casa “rossa” di Marinetti su invito di Carrà, colpito dall'audacia e dall'innovazione dei suoi disegni delle case, dei quartieri, degli edifici della città del futuro che l'architetto comasco aveva in testa e che non riuscì mai a realizzare.
L'architettura deve saper anticipare la tecnologia. Ha tempi più lunghi, dura di più.Per questo deve prevedere il cambiamento, indirizzarlo. Sai cosa m'immagino? Che fra vent'anni usciremo di casa, prenderemo un tram, o un treno, arriveremo alla stazione, saliremo da un ascensore per andare su una pista ad aspettare l'aeroplano che ci porterà a Londra o a New York. Tutti, lo faremo tutti. Io, te, ognuno di noi. Non è meraviglioso?

Progetto per citta' futurista di Antonio Sant'Elia.
Stazione di aeroplani e treni ferroviari con funicolari e ascensori (immagine presa dal sito tracce.morettispa.it)
Artisti che portarono aria nuova nel mondo della cultura, che scandalizzarono il mondo borghese di Milano e che sposarono la causa interventista affinché l'Italia entrasse in guerra contro l'Austria, per la riconquista dei nostri territori “irredenti”.
La guerra come sola “igiene del mondo”, in grado di spazzar via gli inetti, i deboli, i vigliacchi.
Per questo aderirono come volontari, formando quello che fu chiamato “Battaglione Lombardo Volontari Ciclisti Automobilisti”, e molti di loro parteciparono pure ad azioni belliche.
Non erano ben visti dai soldati di carriera e dai richiamati questi artisti, che mai avevano provato la fatica su di sé e che erano qui, al fronte pure volontari. Difficile inquadrarli, difficile chiedere loro la disciplina e difficile pure capirli quando, sotto i colpi degli shrapnel si lanciavano nei loro dialoghi “futuristi che i poveri contadini non riuscivano nemmeno ad afferrare ...

E scoprendo che il conflitto non aveva nulla a che fare con l'idea romantica e futuristica che avevano in mente:
Il conflitto stava iniziando a mostrarsi per quello che era: non una guerra lampo, futurista e artistica”.

C'era l'attesa della battaglia, le notti insonni, il non potersi lavare, l'assalto frontale alle posizioni nemiche (frutto della strategia perversa del capo di Stato Maggiore generale Cadorna).
Ci sono le bombe sulle trincee:
In quei giorni i soldati in trincea cadevano a terra falcidiati, a mucchi, a mazzi, come sugli alberi le foglie quando arriva l'autunno. In piena primavera”.

Una guerra senza logica, anzi con la logica assurda dello sfondamento frontale delle linee del nemico, con armamenti scadenti e inutili: le baionette arrugginite e le cesoie per tagliare i reticolati austriaci senza filo.
Per i vigliacchi che osano rifiutare questo ordine era pronto il plotone di fucilazione, coi carabinieri pronti a spararti alle spalle o in pancia. “Avanti il prossimo ...”.

IL romanzo è costruito facendo dei salti avanti e indietro nel tempo: c'è il racconto di quei mesi terribili della guerra, dove Sant'Elia incontro con altri “grandi” della nostra cultura, Carlo Emilio Gadda, Emilio Lussu e Ungaretti e la sua poesia
Veglia

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

Giuseppe Ungaretti

Ci sono poi i capitoli della storia personale di Antonio che si alternano ai precedenti e che raccontano degli studi da perito a Como, dell'incontro con Clio, che sarà la sua compagna nella vita, dei primi lavori, dei giri a Milano per vedere i lavori di un importante architetto dell'epoca Sommaruga.
L'incontro a Milano con Emilio Salgari dove cercano di immaginarsi (riuscendoci anche) come saranno le città del futuro.
Il primo contatto con i futuristi, per la mostra a Brunate e il disegno di Boccioni sul cartellone.
Antonio però non un ragazzo che si accontenta: capisce che se oltre ad immaginare la città del futuro vuole anche progettarla e realizzarla, deve entrare in Accademia e lasciare la famiglia a Como.
Siamo nel 1909 e Milano è una città in trasformazione e dove c'è modo di incontrare gente come Carlo Erba, Achille Funi, Possamai. E Carrà e Fontana.
Era datato 11 febbraio 1910. 
La pila elettrica era carica, pronta con una scintilla a squarciare il cielo bigio della cultura nazionale”.

E successivamente verranno pubblicati altri “Manifesti”, quelli della pittura, della musica e dell'architettura.
Sono anni frenetici per Antonio, senza requie: l'abbandono di Brera e successivamente il diploma di Architetto preso a Bologna. Le polemiche con i professori dell'accademia e con i critici musicali, incapaci di immaginare qualcosa di diverso. Passatisti contro futuristi:
«Sai come vedono il mondo i passatisti?» 
«Come?» 
«Così! Come sto facendo io .. nascono, crescono, invecchiano .. si muovono certo! Mica stanno fermi. Ma quello che vedono è sempre il passato. Capito?»

E, ancora, la parentesi come consigliere politico a Como, l'amicizia con Giuseppe Sinigaglia, il Sina, il campione di canottaggio a Londra (anche lui vittima del conflitto, nel 1916). I venti di guerra che iniziano a soffiare sull'Europa, con l'iniziale neutralità sposata dal governo italiano di Salandra (nonostante fossimo alleati con gli imperi centrali tramite la Triplice Intesa).
Ma sarà una neutralità breve: a soffiare sul fuoco della guerra, dell'intervento saranno in tanti. Come il direttore dell'Avanti, il socialista Benito Mussolini (che aveva titolato un chiaro “Abbasso la guerra ”), poi fondatore del partito fascista assieme a Marinetti.
Interventisti anche le “grandi menti” del pensiero italiano: il vate D'Annunzio rientrato in Italia dopo anni di “esilio” a Parigi per incendiare le masse coi suoi discorsi infarciti di retorica.
Interventisti anche i futuristi, con le loro manifestazioni anche violente, contro l'Austria e contro i cacadubbi, contro i bifolchi, i vigliacchi.
«E non preoccuparti … pochi mesi, Antonio mio, e te li farai ricrescere .. Quanto vuoi che duri la guerra? Arriveremo a Vienna prima della fine dell'anno».

Così Marinetti convince Sant'Elia ad arruolarsi nel battaglione di Ciclisti Volontari Automobilisti. E con medesime parole i Marinetti, i D'Annunzio, i Mussolini, i Salvemini, i Soffici portano il paese alla guerra.
Ma è più pazzo chi usa queste parole da esaltato o chi gli ha dato retta?
La guerra lampo, la guerra futurista. La guerra per strappare il suolo patrio all'aquila austriaca.
Ma che in realtà divenne la guerra degli imboscati (i figli di Pirelli, di Agnelli, i figli di Salandra imboscati negli uffici), degli assalti alla trincea, delle carneficine, dei soldati mandati al massacro con armi inefficienti e col plotone di fucilazione alla spalle.
Come le foglie sugli alberi , oltre a colmare il vuoto di memoria nei confronti di questo giovane architetto comasco, Antonio Sant'Elia, colma anche una lacuna importante nel panorama storico raccontando un'epoca, la fine della belle epoque che portò al conflitto mondiale e che preparò poi il terreno ai totalitarismi del '900.
Assieme al protagonista seguiremo i dialoghi tra i tanti artisti del racconto, entreremo nella casa di Marinetti, incontreremo Salgari, assisteremo all'esecuzione di Cesare Battisti.
Ci troveremo sbattuti in prima linea, al fronte, a respirare i gas, a sentire il fischio delle pallottole assieme ai soldati.
La guerra è una cosa semplice nei loro racconti. Ci sono contadini che sparano ad altri contadini. E ci sono generali che nel frattempo fanno carriera di cimitero in cimitero.

La scheda del libro sul sito di Guanda
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