Ieri sera l'episodio della serie tv Rocco Schiavone si intitolava "Castore e Polluce", tratto da un racconto edito da Sellerio ("Turisti in giallo"), raccontava di un incidente in alta montagna dietro cui si cela un delitto.
E di un cadavere, ritrovato dentro un sarcofago di una cappella, di cui non si riesce a conoscere né l'identità né, soprattutto chi l'abbia tumulato la dentro.
Schiavone scopre che due becchini hanno rubato un anello al morto, sfilandoglielo dal dito.
"Qualche euro facile mi faceva comodo" la giustificazione di uno dei due.
In macchina, Italo Pierron commenta l'episodio:
"Certo come si riduce la gente, a rubare ai cadaveri .."
E Rocco risponde:
"La questione è posta male.
La domanda giusta è come si fa a mettere in condizione la gente di rubare ai cadaveri. Hai capito?".
Vedere le cose con un altro punto di vista, di sinistra verrebbe voglia di dire: come è possibile che una persona onesta, per vivere (e non per avidità) debba abbassarsi a fare cose che normalmente riterremmo deplorevoli.
Anche questo è Rocco Schiavone, il poliziotto con una scala di valori tutta sua e con una personale scala di rotture di c...
Un ladro a volte. Ma uno che ruba ai ladri e che sa interpretare e aggiustare la legge quando questa va contro i deboli.
Come un Dio di quart'ordine, volendo citare un altro autore di Sellerio come Camilleri e un poliziotto più celebre come Montalbano.
Poi qualcuno nella serie ci vede solo le canne.
Ma è una limitazione tutta loro...
Noi Rocco Schiavone continuiamo a seguirlo (e a leggere i libri di Manzini, che domenica sarà a Milano per Bookcity).
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