Dopo l'attentato di Berlino e la scoperta
che l'attentatore tunisino, Amri, aveva vissuto in italia per quattro
anni, passati in carcere per lo più, è arrivata la risposta
della politica.
Risposta che non passa per il
Parlamento, per la politica vera e propria: si tratta della circolaredel capo della polizia Gabrielli che prevede maggiori controlli e un
incremento delle espulsioni, almeno sulla carta, per gli immigrati
irregolari, i clandestini.
La svolta sulle espulsioni viaggia
assieme alla proposta del ministro Minniti per la riapertura dei
centri di identificazione ed espulsione, i CIE.
Uno per ogni regioni, nelle intenzioni
del ministro: a Milano, per esempio, si parla del centro di via
Corelli, trasformato tre anni fa in un centro di accoglienza (e che
ora per tornare alle funzioni di CIE avrebbe bisogno di nuovi lavori
di ristrutturazione).
Nel 2014, quando avvenne il cambiamento
d'uso del centro, l'allora giunta milanese di Pisapia
festeggiò la scelta, sulla scia di tutte le polemiche che questi
centri suscitavano.
Centri di identificazione che erano
delle carceri di immigrati, persone che non avevano ancora commesso
reati, ma erano lì chiuse per un provvedimento amministrativo in
attesa di quella espulsione che spesso non avveniva mai.
Perché sono pochi i paesi con cui
l'Italia aveva stipulato accordi bilaterali e nemmeno con questi le
cose funzionavano: Amri era tunisino, col foglio di via ma era
rimasto sul nostro territorio.
Contro i CIE l'allora centro sinistra
si era scagliato a fasi alterne: perché erano proposte muscolari, di
facciata, dall'alto costo sociale ed economico e dalla scarsa
efficacia.
Oggi la situazione è pure peggiorata:
il terrorismo islamico e le ondate migratorie condizionano le
politiche delle democrazie (più che non le delocalizzazioni o la
disoccupazione giovanile e delle stesse mafie), così in Italia per
non farsi superare a destra, in attesa delle prossime elezioni,
ritorniamo a questo passato prossimo.
Tra qualche mese le statistiche dei
controlli, delle espulsioni sulla carta saranno anche aumentate e noi
forse, con tutti i soldati armati nelle principali città italiane ci
sentiremo più sicuri.
Anche se con tutti i 17000 agenti che
presidiavano Istanbul il 31 dicembre, l'attentatore ha potuto sparare
sulla gente e fuggire dalla città blindata.
Non basta il solo presidio del
territorio, a macchia di leopardo e non bastano nemmeno i numeri di
controlli e provvedimenti di espulsione (in stile Alfano).
Perché i flussi migratori, quelli per
questioni umanitarie e quelli per questioni economiche, non
diminuiranno.
Non con queste soluzioni: sorprende
che, di fronte a questa realtà, l'Europa e l'Italia abbia trovato
solo la misera ricetta del ministero della verità.
Prima di Natale Grillo sul blog aveva
parlato della necessità di aumentare controlli ed espulsioni sugli
irregolari: “chi ha diritto all'asilo resta in Italia e tutti gli
irregolari devono essere rimpatriati subito”.
Grillo come Le Pen – titolava
Repubblica (che oggi tace sulla circolare della polizia).
E ora siamo al “piano straordinario
di controllo del territorio”, alla necessità di “conferire il
massimo impulso all'attività di rintraccio dei cittadini dei paesi
terzi in posizione irregolare”, per “l'avvio delle procedure di
espulsione”.
Pura post verità, direi.
Per fortuna che nel suo discorso difine anno il presidente della Repubblica aveva detto “l'equazione
immigrato uguale terrorista è ingiusta e inaccettabile”.
A quando un piano
straordinario per il lavoro, per i giovani che se ne vanno all'estero
(e magari non sono così male come dice Poletti), a quando una
risposta europea sui flussi migratori?
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