25 gennaio 2017

Intrigo italiano, di Carlo Lucarelli

Incipit
2 gennaio 1954, sabato
La lancetta del contagiri si impennò vibrando nell’occhio rotondo del quadrante di destra, veloce, mentre De Luca si incassava con le spalle tra il sedile e la portiera. L’Aurelia aveva fatto un balzo in avanti ma si era fermata subito, col ruggito del motore che si spegneva in un ringhio trattenuto. Giannino bestemmiò, la c di cane aspirata come un colpo di tosse, alla toscana, poi abbassò la levetta del cambio e la tirò indietro ..

Bentornato commissario De Luca: lo abbiamo lasciato mentre saliva le scale del palazzo di Giustizia per rispondere alle accuse di aver lavorato nella polizia fascista, nel 1948 (Via delle Oche, Sellerio), accuse nate anche come vendetta per aver troppo investigato su una morte dentro il “bordello” di via Delle Oche a Bologna ..
Lo ritroviamo dopo cinque con un altro incarico e un altro cognome: ingegner Morandi.
Cosa ci fa nuovamente a Bologna, su quella Aprilia a fianco di una persona che scopriremo poi lavorare per un servizio (anzi, per il “Nostro Servizio”)?
E quell'incidente sul ponte della Persicetana, è stato solo un caso oppure è stato un attentato e qualcuno ha cercato di ucciderlo?

Per scoprire tutti questi misteri, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e rivedere, un giorno dopo l'altro a partire dal 21 dicembre (fino al 7 gennaio successivo), la storia di questa inchiesta, in “Intrigo italiano” in cui sono coinvolti i servizi italiani e quelli stranieri, in quella guerra “fredda” e a bassa intensità combattuta in Italia, portaerei nel Mediterraneo e anche paese cerniera tra est e ovest.
Siamo alla fine del 1953, l'anno della morte di Stalin e, nell'agosto successivo, della morte di Alcide De Gasperi: una “cortina di ferro” è scesa sull'Europa, teatro della “guerra fredda” tra spie dei due blocchi, una guerra combattuta con le spie e non con i cannoni ma non meno cruenta.
Una guerra dove i nemici (o le persone sospettate di essere invischiate in certi giri) vengono fatte sparire, magari in uno strano incidente stradale.

Ma anche l'anno in cui una bella ragazza romana viene trovata morta sulla spiaggia di Torvaianica: affogata a seguito di un malore, o forse no. Forse è morta in uno di quei festini, noti a tutti, in cui partecipano i figli della Roma bene e anche qualche rampollo di un politico noto della DC.
E' lo scandalo Montesi, uno dei primi “scandali” della storia recente repubblica, per l'eco che ebbe sulla stampa, per il coinvolgimento del figlio del senatore DC Piccioni, perché toccava argomenti “sensibili” per la mentalità bigotta e ipocrita di quella Italia ..
Cinque anni prima lo avevano messo in aspettativa in vista del processo. Il giudice istruttore che lo aveva interrogato aveva sul tavolo «l’Unità» del 15 luglio 1948, lui aveva cercato di spiegare tutto, che non era mai stato veramente fascista, cioè, lo era stato come tutti, come tanti, almeno, che era soltanto un poliziotto ..

In questa guerra si ritrova coinvolto anche Achille De Luca: dopo il processo del 1948 ci sono stati anni di naftalina, anni dietro la scrivania o in posti periferici a coprire un buco.
Poi un incarico in uno dei tanti uffici del servizio segreto civile “l’Ufficio affari riservati”, direto dal commendatore D'Umberto, napoletano e vorace, che lo manda a Bologna sotto copertura per indagare sulla morte di Stefania Cresca, moglie del professor Cresca (che lavorava presso la facoltà di Fisica), strangolata nella vasca del “trappolone”, l'appartamento dove il marito si incontrava con le amanti.

Tu sei un cane da tartufo, ragazzo mio. Ecco, per quelli come noi, invece, ci vuole un cuore di cane bastardo.

Il compito vero, ma anche queste cose le scopriremo poi, non è tanto quello di trovare il vero colpevole.
Ma De Luca è un poliziotto vero: “sono solo un poliziotto”, ripeteva a Pugliese quando si trovava di fronte come indiziati persone importanti, da non toccare.
E in questa storia, il fiuto da “cane da tartufo” del commissario lo porta a scoprire dei particolari che non tornano: perché la morta, dopo essere stata colpita alla testa, si è messa a battere una lettera sulla macchina da scrivere? Che fine han fatto i vestiti della signora?
Chi è “faccia da mostro”, la persona vista dal bambino che abita al piano di sotto del “trappolone”?

Allora hai visto qualcuno, – disse De Luca e questa volta Albertino annuí. Spinse avanti il quaderno.
– Faccia di Mostro, – disse, la voce arrochita dal silenzio.
– È uscito dalla casa di quella signora.
– Faccia di Mostro, – disse, la voce arrochita dal silenzio.
– È uscito dalla casa di quella signora.

Affiancato da Giannino, un altro agente di questa branca dei servizi, De Luca inizia una sua indagine sul caso, sulle persone che frequentavano quella casa, quando ancora il marito della signora Stefania era vivo.
Perché anche lui, Mario Cresca, è morto in circostanze strane: un incidente stradale che poi si scoprirà essere stato provocato ad arte.

Perché Mario Cresca è stato eliminato? A chi dava fastidio?
E perché quelle telefonate della moglie ad un certo Aldino, uno che frequentava anche i servizi russi (cose che succedevano in quell'Italia strana, crocevia di servizi e di spie, specie a Bologna).
De Luca inizia a scoprire tante cose, ma viene subito stoppato dal commendatore D'Umberto:
- Non ci interessa sapere chi ha ammazzato il professore Cresca, non ce ne frega proprio niente. Vuoi sapere perché, ragazzo mio? Perché lo sappiamo. Siamo stati noi.
Il commendatore si tirò indietro, incrociando le mani sulla pancia. De Luca era rimasto così interdetto che non si accorse neanche della tazzina da caffè che Giannino gli aveva messo sotto il naso.- Noi? - disse, roco. - Come, noi … In che senso?Il commendatore indicò sé stesso, poi fece un gesto circolare con il dito grassoccio che sembrava comprendere tutto, De Luca, Giannino, il bar, Bologna e il resto del mondo.- Il nostro servizio, - disse, - noi.- E perché?- Perché ce l'hanno chiesto gli americani. Lo mangi, quello?De Luca scosse la testa, istintivamente, e il commendatore prese il suo bombolone.

Ma a Bologna De Luca incontra anche Claudia (o Franca, o Faccetta Nera), una bellissima cantante in un gruppo jazz, gli Alma Mater, che conosceva bene il morto. Bella ragazza la Claudia, figlia di padre italiano e madre somala, partigiana (non staffetta, proprio partigiana) e con la passione per la musica.
Si era innamorato di una donna alla quale non poteva dire che faceva parte di un’organizzazione che aveva ucciso il suo amico. Va bene, non lo aveva fatto lui fisicamente, non gli piaceva e non lo approvava neanche, ma per lei sarebbe stato lo stesso. Adesso, come una volta.
E' una storia che non può finire bene. Lo capisce anche De Luca che, dovendo cercare qualcuno di cui fidarsi, ritrova a suo fianco il maresciallo Pugliese, suo aiutante ai tempi della Mobile.
In questa storia, in questo “intrigo italiano”, nessuno vuole scoprire la verità, probabilmente: non lo vuole la polizia e nemmeno i servizi.
Solo a De Luca interessa, per la sua ostinazione da poliziotto, per la sua tensione che non lo fa dormire la notte e mangiare di giorno. A De Luca interessa sapere il perché e chi.
Anche a costo di mettere a rischio la propria vita.
Sicuramente al costo di mettere a rischio la carriera.
Meglio non farsi troppe domande su certi “delitti imperfetti” in cui si imbatte:
- Non faccia la verginella, De Luca, c'è dentro fino al collo. C'è sempre stato. E non mi faccia la morale. Io non sono un maiale, un facocero venduto come D'Umberto, io non servo qualcuno, servo un'idea.Lo sentì più vicino, l'alito asciutto che gli accarezzava una guancia.- Sì, De Luca, un'idea. Quest'Italia e questo mondo non ci piacciono, non ci piace come siamo usciti dalla guerra, ma per adesso non si possono cambiare. Possiamo solo gestirli, con tutto quello che serve per farli rimanere così.Siamo i custodi dell'ordine.- Cani, - mormorò De Luca dentro il braccio, - cani bastardi.- No, - disse Elvani, - cani da guardia -. E da come lo aveva fatto De Luca capì che si era tirato indietro, e non era più arrabbiato. Tolse il braccio dal volto, sbattendo le palpebre per riabituarsi alla penombra.- Io sono un poliziotto, - disse, ma lo fece così piano che Elvani non lo sentì neppure. Si era alzato dalla sdraio.

Intrigo italiano è un quadro di quell'Italia degli anni '50 che già allora non era più innocente da un pezzo: le guerre all'interno delle correnti della DC (per la successione a De Gasperi) che coinvolgevano anche pezzi delle istituzioni fedeli alla persona e non allo Stato.
Le correnti dentro i servizi e le rivalità all'interno delle forze dell'ordine.
Ma è anche un quadro della Bologna di quegli anni: coi tram che giravano sulle vie della città, col culto della guerra partigiana ancora fresco. Una città viva, nonostante il freddo e la guerra passata da poco.
Un'indagine a tempo di jazz con un finale che, per noi appassionati di Lucarelli e del suo investigatore, De Luca, fa ben sperare.

Io non sono un cane bastardo. Sono un cane da caccia. Sono un poliziotto.
– Sciocchezze. Lei fa parte del nostro mondo, ormai. Con tutto quello che ha fatto, con tutto quello che sa, crede davvero che la lasceremo andare?
– Trattiamo.
– Sciocchezze. Lei fa parte del nostro mondo, ormai. Con tutto quello che ha fatto, con tutto quello che sa, crede davvero che la lasceremo andare?
– Trattiamo.

Gli altri libri di Lucarelli col commissario De Luca
La scheda del libro sul sito di Einaudi

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