21 gennaio 2017

Torto marcio di Alessandro Robecchi


Tanto di cappello ad Alessandro Robecchi che in questo romanzo che sarebbe riduttivo ritenere solo un giallo, ha raggiunto una piena maturità.
In questo libro sono raccontati tanti drammi della nostra società, delle tensioni che covano sotto la sua superficie, delle sue meschinità e del suo essere ingiusta. La giustizia è un tema che ricorrerà spesso nel corso della storia, presentata in tante sfumature: la giustizia per sanare antichi torti, che affondano in una delle pagine più tragiche della nostra storia recente.
La giustizia nei confronti delle persone meschine, che tanti torti hanno fatto senza mai pagare per le loro colpe. Anzi, sanando in moneta crimini abbietti.
E poi c'è la giustizia nei confronti degli ultimi, che in questa storia sono gli ultimi di Milano: la città capitale morale d'Italia, la città di Expo, dei cantieri e delle gru che salgono verso il cielo per costruire palazzi nel segno del lusso.
E invece, mentre i palazzoni luccicanti rimangono magari invenduti, ci sono interi quartieri dove esiste unwelfare alternativo (a quello dello Stato) per curare anziani e bisognosi, dove è il racket che gestisce l'assegnazione delle case dell'Aler (chiuse, perché non ci sono i soldi per ristrutturarle) e dove si mescola tutto assieme. Lo spaccio, la criminalità spiccia, ragazzi che si arrangiano per vivere nemmeno troppo dignitosamente, anziani senza più soldi per pagare le bollette e movimenti politici che si battono per il diritto alla casa ma che hanno dovuto barattare la loro coscienza.
Gente che ha smesso da tempo di arrabbiarsi e che forse ha capito che non c'è speranza di cambiare il mondo: “case popolari. Popolari, pensa Francesco, sì. Vuol dire povere.”....

C'è la giustizia intesa come giustizia spicciola, per saziare gli umori e la pancia delle persone, quelle spaventate dalle tante trasmissioni che fanno da cassa di risonanza per la cronaca nera.
La gente ha paura per il terrorismo, degli immigrati che ci invadono, delle donne col velo, dei musulmani che ci vogliono imporre le loro usanze …
E poi ci dovrebbe essere la giustizia, quella vera, quello di uno stato democratico che si è dimenticato da tempo degli ultimi, di sanare le diseguaglianze nel paese.
Ma andiamo per ordine.
Milano Marzo 2017
La telefonata è arrivata alle 23.41, come da tabulati del 113. Una che portava fuori il cane, in via Angelo Mauri, e che non la finiva più di parlare, anche se non aveva niente da dire. Solo che aveva sentito un botto, forte, e che era andata a vedere,..

La città è sotto choc per due omicidi, due persone perbene, almeno così vengono presentate dai giornali, persone “che di solito non muoiono così”. Sparati per strada da un assassino che lascia sul loro corpo anche una firma o un messaggio:
Ma poi. Sul petto del cadavere, appoggiato apparentemente con qualche cura, un sasso.”

Fabrizio Gotti,
di professione macellaio, anzi il re dei macellai milanesi, i cui punti di vendita sono come delle boutique della carne.
E poi, a distanza di pochi giorni, un architetto con le mani in pasta in tanti affari (leggi speculazioni, ma non si può dire) sia a livello milanese che regionale. Cesare Crisanti, “garante e magnaccia di ogni mattone messo su un altro mattone in città”.
Uno choc che scuote anche la Questura, i cui agenti vengono estromessi dalle indagini perché da Roma arriva una squadra di investigatori esperti, affiancata perfino da un profiler israeliano, la cui prima intuizione è che l'assassino ha una personalità distorta.

Uno schiaffo morale per gli agenti della Mobile che però, nonostante siano stati esautorati, decidono di portare avanti una loro indagine parallela, più casalinga e clandestina.
Così, mentre sono ufficialmente in ferie, il sovrintendente Carella e il vice sovrintendente Ghezzi, oltre a Sannucci e Selvi, si incontrano a casa del Ghezzi per condividere le informazioni, per leggersi le carte, spulciare i dati.
Carella e Ghezzi: due poliziotti solitari e giochetti politici,un cane da caccia giovane e instancabile il primo, mentre il vecchio Ghezzi è uno di quei poliziotti capaci e scrupolosi che non ha fatto carriera, dopo 30 anni e passa di lavoro, perché poco incline a rispettare gerarchie.

Da dove partire per l'indagine non autorizzata, almeno sulla carta?
Da quello che hanno in comune due persone normali, della borghesia milanese, uccise nella stessa maniera da un assassino che usa delle vecchie armi, che sa come rendersi invisibile alle telecamere che ci scrutano quando siamo per strada. Se non esiste un collegamento nella loro vita di oggi, nel loro lavoro, allora si deve scavare nel loro passato.
«È qualcosa che viene dal passato… Ma c’è un problema: nel passato recente non si trova niente, quello remoto è troppo remoto per scavare».

E Carlo Monterossi? Il suo ruolo in questo racconto è un po' più defilato,entra in scena più tardi e per un bel tratto la sua storia scorre parallela a quella dell'indagine sul killer dei sassi.
C'è Maria, che ancora appare nei suoi sogni, ma Carlo sa che non tirnerà più.
C'è la “fabbrica della merda”, ovvero la trasmissione televisiva della diva Flora de Pisis di cui è pure autore: non si occupa più di cuori infranti e storie d'amore, no.
Ora è la cronaca nera ad andare forte sugli schermi di “Crazy love”:

Se la cronaca nera tira più del sesso e dell’intrigo amoroso siamo messi male, pensa Carlo.Ma lo pensa come vedendo una nave che lascia il porto, non più una sua creatura o una sua proprietà.Ma insomma, per ore e ore di diretta è tutto un signore e ragazze e signori e ragazzi in lacrime, parenti delle vittime, derubati vari, minacciati di ogni specie. Tutti in gramaglie, sospesi tra indignazione e spasimo, tutti a chiedere giustizia o almeno, se di quella non ce n’è più, a volere una passerella nella tivù del dolore e della sfiga, con tanto di cachet, contrattini, liberatorie, istruzioni per piangere meglio, «e poi il vestito che le diamo per la diretta se lo può tenete, signora»”.

Ancora tre puntate e poi potrà concentrarsi solo sul saggio che sta scrivendo sull'adorato Bob Dylan, lo Zelig capace di diventare Sinatra come anche un suonatore di blues, sempre mantenendo quella sua “curvatura”.
Un saggio che ora, dopo la vittoria del Nobel, non si può più rimandare.
Tutte le volte che signor Carlo vede signor Oscar arriva guai. Ancora questa volta o è solo cena di amici?”. Carlo ride. È vero, Oscar e i guai sono due cose che vanno parecchio d’accordo, e Katrina ha assistito più volte a faccende intricate che potevano finire male.
Ma no, Katrina, due chiacchiere e qualche bicchiere, non preoccuparti”.

In che modo le strade di Carlo Monterossi e dell'amico investigatore Oscar si incrociano con quelle della squadra di Ghezzi e Carella?
Milano è una città a compartimenti stagni, dove pochi isolati separano gli appartamenti della borghesia più ricca d'Italia, con dentro quadri di Campana e gioielli di valore come fossero musei,
da altri appartamenti, più miseri e malridotti, come quelli della Casbah dei casermoni di piazza Selinunte, in zona San Siro.
Ma capita anche che questi due mondi comunichino in qualche modo, così, inseguendo un ladro che ha rubato un anello (dal valore affettivo) alla madre della sua agente, Katia Sironi, a Carlo viene rivelato un dettaglio che finalmente mette un luce un legame tra i due morti del killer dei sassi.
Eccola, la storia del passato, quello degli anni di piombo, le cui ombre arrivano a proiettarsi fino al presente.
Un legame che mette a confronti mondi opposti e generazioni opposte: il mondo di chi ha tutto e il mondo di chi deve vivere di espedienti, ai limiti dell'illegalità, col sogno di uscire da quella condizione di precarietà per una casa che non c'è (nella Milano dei palazzinari) e per un lavoro precario, covando una rabbia pronta ad esplodere.
Milano è una città cattiva” - dice l'autore, commentando questo microcosmo di spacciatori, trafficoni, gestori del racket delle case abusive.
«Ti hanno cercato i calabresi».
«Quale?».
«Quello basso».
Quindi questioni di case, pensa Francesco. I calabresi si occupano di tanti traffici, lì dentro, ma il business principale è quello degli alloggi.Sanno quali sono vuoti e quali si possono liberare con piccole innocue minacce. Buttano giù porte e procurano chiavistelli nuovi.Per cinquemila euro puoi avere la tua casa popolare, un prezzo onesto se pensi che spesso è gente che ne ha spesi altrettanti per attraversare il mare su un canotto del cazzo.Scampati ai negrieri, arrivano qui e trovano due fratelli che sembrano usciti dritti dal neorealismo, che li rapinano per la casa. Ma almeno dormono in un letto, per la prima volta dopo chissà quanto tempo.Francesco non è mai riuscito a tracciare un confine certo tra ingiustizie della vita e gente che ne approfitta. Tra racket degli alloggi e gente con un bambino in braccio che ti dice «non so dove dormire».

Ma attenzione, ci dice Robecchi, anche dall'altra parte nulla è come appare. A cominciare da ministri e prefetti terrorizzati dalla paura del ritorno del terrorismo e indifferenti alle centinaia di morti in carcere. Ai giornali che inseguono e cavalcano le paure della gente..
In questa storia dove tutto si intreccia, le ingiustizie e le vendette, la tensione narrativa non smette mai di crescere, fino alla fine:
C'è tutto lì dentro, le ingiustizie dei secoli e le ingiustizie di quegli anni folli. Non che questi di adesso...

E, arrivati alla fine, scopriremo che tutti, in questa brutta storia, hanno torto marcio:
E lui lo sa, come finisce. Un altro poveraccio che si farà trent'anni, pure di più, ergastolo sicuro come l'oro. E per cosa? Per fare giustizia? Per vendetta? Per chiudere i conti? Che cazzata. Certi conti non si chiudono mai....
Gli viene in mente quello che pensava la sera prima sceso dalla metropolitana... Hanno tutti torto marcio. Tutti.

Altri stralci per un invito alla lettura

Il blog dell'autore AlessandroRobecchi.
La scheda del libro sul sito di Sellerio

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

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