La verità non sta sempre in fondo
al pozzo
Edgar Allan Poe
Incipit
Eccolo, l'intruso. Scivola nella penombra dell'ingresso chiudendosi alle spalle la porta dell'appartamento. Rimane immobile, ansimando, perché anche se ha preso l'ascensore e non le scale il cuore gli batte forte, come ogni volta. [..] Apre gli occhi e mette a fuoco i dettagli di un disordine promettente..”
L'amicizia e il tradimento, l'avventura
e le difficoltà della vita quotidiana, l'amore e il dolore ..
E, ancora, una generazione costretta a
vivere alle spalle dei genitori, come “parassiti” o arrangiandosi
con espedienti poco regolari.
Il rapporto tra genitori e figli,
diventato difficile in questo mondo dove siamo tutti eternamente
giovani e eternamente attaccati al presente. Si può perdonare ad un
padre qualche sbandata, anche se è arrivato ad un'età dove dovrebbe
prevalere buon senso e saggezza?
E se si perdona questo agli adulti, le
persone che dovrebbero dare il buon esempio e preparare il mondo per
le generazioni che verranno, cosa si deve perdonare a ragazzi senza
futuro, che passano il tempo tra aperitivi, locali, qualche lezione,
ogni tanto un lavoretto.
Una vita amara e il desiderio di
mollare tutto, scappare lontano, nella giungla del Brasile o magari,
un po' più vicino, a Venezia.
Milano, marzo 2014.
Sono molti gli spunti e le riflessioni
che nascono dal romanzo, che parte da un piccolo appartamento in
via Castaldi, a Milano: un appartamento subaffittato a turisti o
ospiti irregolari per 70 euro da Valerio, l'intruso che ha il
vizio di entrare nelle vite degli altri, curiosando tra i vestiti
abbandonati, alla ricerca del passaggio di queste persone, capelli
sul lavandino, asciugamani ancora umidi..
“Il vizio di entrare a curiosare fra le cose degli ospiti gli era venuto dopo qualche mese che affittava”
Valerio di Marco lo conosciamo
fin da subito: un padre venuto su dall'Abruzzo negli anni 60, quando
a Milano se avevi un'idea e anche fortuna riuscivi a combinare
qualcosa, e una madre che li ha abbandonati poco dopo la sua nascita.
Due genitori da cui “non ricordava di aver mai ricevuto un bacio
o una carezza dai suoi genitori. Nemmeno da sua mamma..”.
Una laurea nel cassetto, un lavoro
nell'azienda di sw del padre, qualche ora alla settimana a sbrigar
qualche pratica nell'attesa di uno stipendio che arriva a singhiozzo.
Il suo miglior amico si chiama Simone,
Simon: bello e dannato, conosciuto alle superiori quando sua madre
(di Simon) lo mandò da quel compagno così bravo per evitare
l'ennesima bocciatura.
Dai banchi di scuola, alla mansarda
dove Valerio va a dormire quando subaffitta l'appartamento del padre,
per tirar su quei 70 euro al giorno.
Valerio ha, anzi avrebbe anche una
fidanzata, Elena: architetto figlia di architetti grazie a cui
ha almeno un lavoro nello studio dei genitori.
Tanti desideri e poche possibilità,
alcune frustrate dalla vita, altre dalla pigrizia, dall'assuefarsi
alla routine, nel compiere gli stessi passi. Un'uscita assieme la
sera, qualche bevuta, ogni tanto qualche rissa per quel caratteraccio
di Simon.
Che vorrebbe fare lo scrittore e pure
ne avrebbe di idee. Ma manca la forza di iniziare a scrivere.
Così come Valerio, che il libro della
sua vita ancora deve iniziare a scriverlo:
“Sono colpevole quanto Simon, pensò. Anzi peggio [..] agli altri puoi perdonare tutto, tranne di fare i tuoi stessi errori”.
Una generazione che vive in uno stato
di perenne dipendenza dai genitori:
“Valerio lo pensava spesso: era impressionante come la sua generazione dipendesse ancora dai genitori. Né lui né i suoi coetanei che conosceva facevano un lavoro che gli piaceva,e non avrebbero mai guadagnano i soldi che avevano guadagnato loro. E oltre a questo non si potevano neanche permettere di ribellarsi alla famiglia come loro avevano fatto, ai tempi. Sì, potevano lamentarsi. coltivare orticelli di risentimento, ma alla fine bastava guardarli: lui arrancava dietro alle fatture del padre, oltre a prostituire questa povera casa che comunque non gli apparteneva; Simon lavorava da sua mamma e anche Elena era nello studio dei suoi. Siamo tutti dei parassiti, si ripeteva, ma io sono quello messo peggio ..”
Due amici, una mansarda e
quell'appartamento in via Castaldi su cui aleggia lo spirito dello
zio Willy, morto sulle rive dell'Adda anni prima, in odore di
satanismo e che avrebbe lasciato un tesoro. Forse proprio in quelle
quattro mura.
Una vita con troppi sogni e poca
gloria.
Finché un giorno, nella vita di
Valerio (e Simone) non entra Viola, Viola Mastrangelo:
bionda, minuta, venuta da Udine a Milano per degli incontri per
teatro.
Una donna
enigmatica, Viola: Valerio se ne sente attratto, la corteggia, una
sera, di ritorno da una passeggiata proprio sulle sponde del fiume
dove anni prima è morto lo zio, arriva anche a strappare un bacio.
Ma Viola è una donna in fuga, che lo respinge:
«Sei diverso. Diverso. Ma io sono già lontana, Valerio, non sono più qui.»
Due ragazzi, una mansarda, un
appartamento su cui aleggia lo spirito dello zio e un cuore infranto.
Quello di Valerio. Sa che Viola non tornerà, anche se ha lasciato a
casa sua un vestito, forse un regalo, chi lo sa.
Chissà fino a quando durerebbe il
dolore per la perdita di Viola, se nella sua vita non entrasse un
nuovo personaggio: strano e particolare anche lui.
“La testa calva dell'uomo luccicava di sudore e la cosa più incredibile era che portava un impermeabile bianco, spiegazzato che lo faceva sembrare un incrocio fra un uovo in camicia e il tenente Colombo”.
Ci vuole poco per scoprire che questo
Ric Velardi non è uno qualsiasi e che non è capitato per caso in
quell'appartamento, proprio in quei giorni:
«Un poliziotto?»«Privato. Ingaggiato una settimana fa dal signor Raffaele Mastrangelo per indagare della scomparsa di sua moglie Viola»
Assieme allo strano detective, Valerio
scoprirà delle verità dolorose su questa donna misteriosa e perfino
sul suo amico più caro.
Quel Simone, che voleva fare lo
scrittore ma non aveva mai scritto un rigo.
E con quel sogno di fuggire, dal
presente e anche dal tempo:
“.. quando ci troviamo in una strada dove non passavamo da anni, ecco, ci viene da misurare tutto il tempo che è trascorso. Oppure rivediamo una persona, metti un vecchio compagno delle medie, e la sua faccia non è più quella di allora, e lui pensa lo stesso di noi.
Insomma, il tempo di frega perché siamo costretti a pensare a quanti mesi o anno sono passati dall'ultima volta, come siamo cambiati noi e gli altri. Dovremmo fare ogni giorno le stesse cose, invece.Mai ripetere un'azione che non sia di ieri, massimo di una settimana fa, mai rincontrare le vecchie conoscenze. Restare imprigionati in un eterno presente. Così sì che fermeremmo il tempo. Dì, sarebbe un bel soggetto per un romanzo, no?”
Al termine di un'avventura, anche
pericolosa, da Milano fino al Rio delle Amazzoni, la vita di
Valerio sarà destinata a cambiare per sempre. Ma non è detto che
tutto quel dolore sarà inutile: forse è l'occasione per ricostruire
quel rapporto col genitore e per chiudere per sempre con la leggenda
dello zio.
“Forse la vita non assomiglia affatto agli scacchi, pensò mentre il vecchio si era acceso addirittura il sigaro. come faceva solo nelle grandi occasioni, e lo agitava nell'aria dilungandosi voluttuosamente nei suoi vaniloqui.La vita è come il poker e la briscola: il giocatore può essere un campione, può essere un brocco, ma vincere o perdere dipende anzitutto dalle carte che hai in mano. E le sue erano veramente schifose. Da alzarsi dal tavolo e andarsene via subito”.
Non a caso, la storia inizia e finisce
sul fiume (dei ricordi e del passato):
Mentre il fiume si allontanava, gli sembrava che fosse tutta quanta quyella storia a scomparire piano piano alle sue spalle, finalmente!
La scheda del libro sul sito
di Baldini e Castoldi, il primo
capitolo e il sito dell'autore.
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