21 marzo 2017

Milano, fa paura la 90, il delitto di via Botticelli di R. Besola, A. Ferrari e F. Gallone

Martedì 2 marzo 1976 
Primo giorno del carnevale Ambrosiano 
Armanda Floris in Fiore ha 85 anni.Oltre alla sua età possiede in trilocale in via Botticelli che quasi s'affaccia su viale Romagna, un conto in banca non particolarmente entusiasmante, la pensione minima più quella di reversibilità del marito, fu Oreste Fiore, due figli ormai sposati che vede domenica a pranzo, quando si ricordano di lei, e soprattutto dopo che lei ha inforcato gli occhiali, dato che è presbite e da vicino non riconoscerebbe se stessa davanti allo specchio, e un cane di nome Lothar.

Succede tutto nell'arco di una settimana: quella che va dal martedì grasso, fino al sabato di carnevale.
Nell'arco di pochi giorni, nella Milano frenetica di fine inverno, nei giorni dove si festeggia il Carnevale Ambrosiano, una signora anziana prima vede passargli davanti la 90, intesa come il filobus, senza alcun guidatore.
Poi scopre il cadavere di una ragazza. E non solo quel cadavere: un vampiro calato su di lei come se volesse dargli l'ultima succhiatina di sangue al collo.
E, quella ragazza, morta, ha proprio due segni profondi sul collo. Sì, proprio i segni di un morso del vampiro ..

Non sarà l'unica stranezza in questa storia, in questa indagine il trio delle meraviglie Besola-Ferrari-Gallone, la quarta della serie col commissario Malaspina (Il Mala) e il giornalista Dino Lazzati (Fernet), ci infila dentro anche l'uomo lupo, la mummia, maciste e il nano.
Ma, attenzione, non è una storia dell'orrore: il delitto, anzi i delitti, che alla fine saranno tre, hanno tutti una ragione molto terrena e molto veniale.
Ma andiamo con ordine.

La donna morta in via Botticelli si chiama Guendalina Falci e di mestiere fa la bidella all'istituto tecnico Rizzoli, dove si insegnano ai ragazzi le tecniche di stampa.
Di mestiere, nel passato, la povera Guendalina avrebbe fatto anche altro, ma questo non giustifica quella morte. L'assassino ha usato un asse con dei chiodi per colpirla e l'ha pure strozzata.

Il vampiro è nient'altro che Fernet, al secolo il cronista de La Notte Dino Lazzati, reduce da una festa in maschera.
E se c'è Fernet (“detto Fernet per l'amore incondizionato che ha per l'omonimo amari digestivo” consumato nel suo ritrovo al Bar Lafuss...) non manca il commissario Malaspina, seguito dal suo attendente Venditti.
Ci sarebbe anche l'ispettore Guerra Lampo: “mascella quadrata, gli occhi azzurri, i capelli biodo cenere. Piace alle donne quanto le pistole piacciono a lui ..”.
Avete capito il genere di poliziotto no? Quello tutto azione e poco pensiero. Tutto al contrario del Mala, il poliziotto “misericordioso e giusto, consumato da un perenne esame di coscienza”.

Chiarito l'equivoco col giornalista, assieme al commissario e all'attendente, se ne tornano in Questura a redigere il classico verbale, che a Fernet in quanto cronista di nera verrà meglio.
Anche perché c'è il rischio di passare per pazzi: un filobus senza autista, una testimone anzianotta e strana, dracula e la morta con quei due buchi sul collo ..
Ma prima una puntata a casa della ragazza, in via Moretto da Brescia: qui un'altra scoperta, nascosto nello sgabuzzino i nostri trovano un bambino. È Sebastiano, il figlio di Guendalina: figlio dell'amore per la precisione, essendo ignoto il padre (per i trascorsi della bidella).

Sebastiano non finisce in un istituto per minori: abbiamo già detto che il Mala, il commissario Malaspina, è uno di quei poliziotti con un cuore troppo grande e dalle diventate troppo larghe per sostenere il peso di tutto il male che incontra.
Quel bambino lo porta a casa sua, dalla moglie Rossella. Troppe volte avevano cercato un figlio assieme e ora, il destino, ne ha portato uno in casa.
Ma tanto la moglie si scopre subito portata per il pupo, tanto il Mala scopre quanto può essere pesante vivere con un esserino così piccolo in casa che urla così tanto.

Meglio starsene fuori, sulle strade di Sant'Ambrogio, a scoprire chi ha ucciso la bidella.
A cominciare dall'istituto tecnico Rizzoli, “una struttura massiccia, di un grigio che se c'è nebbia fitta nemmeno la vedi ma pazienza”..
Ambiente strano quello della scuola: non perché sia covo della rivolte studentesche, come in altri istituti di quegli anni.
Strano è il bidello, “il becchino senza cimitero intorno”.
Strano l'atteggiamento del preside (“un uomo grigio come l'intonaco della scuola”).
Venditti, sfruttando la fratellanza di chi è nato a Roma, raccoglie una voce su professori che allungherebbero le mani sulle studentesse.
Uno di questi, guarda caso, non si è presentato all'istituto.

Che tutto debba ruotare attorno alla scuola lo si capisce quando il professor Placcani viene trovato, una mattina, al cimitero Monumentale. Rannicchiato sotto al tavolo de l'Ultima cena, opera dello scultore Giannino Castiglioni.
Spaventato a morte, quasi, dall'uomo lupo. Che lo voleva uccidere.
Dopo Dracula, un altro tassello che non si incastra da nessuna parte in questa storia.

Qual è il segreto che si nasconde dentro la scuola di via Botticelli?
Cosa succede la notte, nei sotterranei, nel laboratorio?

Il Mala, il romanissimo Venditti (coi suoi occhiali a goccia) e Fernet dovranno far incastrare uno con l'altro i pezzi del puzzle, prima che la tensione, sulle strade e dentro casa, salga oltre il limite consentito.
Un'indagine tra maschere per Carnevale, inseguimenti per le strade dei Navigli (le vecchie vie d'acqua della città), visite all'istituto psichiatrico Paolo Pini (“il linoleum grigio ricopre anche le pareti, sembra di stare in un ambiente in cui il pavimento e il soffitto sono uno la prosecuzione dell'altro”) e pianti notturni che mettono a dura prova i nervi del Mala.
Ma anche Fernet ha i suoi grattacapi: qualcuno manipola i titoli dei suoi pezzi, mettendolo in cattiva luca con l'amico poliziotto (che gli passa le notizie).

Finale con lieto fine?
La legge farà il suo corso e così il giro di malaffare dietro queste morti verrà scoperto.
Ma sarà un finale dal sapore un po' amaro per i nostri protagonisti, abituati alle cattiverie di una vita dove anche se lavori bene, non puoi aspettarti qualcosa di più che una pacca sulle spalle..

Alla quarta prova, il terzetto del giallo anni '70 milanese, Besola-Ferrari-Gallone (in ordine alfabetico, come a scuola, avendo una scuola al centro è d'obbligo) si confermano esperti tessitori di trame, inventandosi uno spazio tutto loro, in cui muovere i loro personaggi.
Mescolando assieme scene da poliziottesco con dialoghi spassosi.
E raccontando una città, conosciuta solo attraverso vecchi filmati, storie di cronaca, con i suoi luoghi, le sue storie, i suoi misteri.

Città alle prese coi suoi cambiamenti sociali, le sue paure, le due debolezze e le sue crudeltà.
Che solo la penna di Fernet, ovvero Dino Lazzati (omaggio allo scrittore Dino Buzzati) può raccontare:
“Non lo facevano per la ricchezza facile. Lo facevano per dar qualcosa di falso ad un mondo che radica le proprie sicurezze sulla falsità. Sull'apparenza. Un mondo che guarda ad un nano che si esibisce come un goffo funambolo, e lo applaude, senza sentirsi in colpa. E, sempre senza sentirsi in colpa, mentre compra il pane o va a lavorare, mentre sceglie i vestiti in una boutique o stringe le mani durante la messa, finge che i nani non esistano. Ma i mostri esistono. I mostri siamo noi, tutti noi, poiché ciascuno di noi è mostruoso, a suo modo. I mostri esistono, e sono costretti ad esibirsi come buffoni, come fenomeni bizzarri, o a celarsi per sempre agli occhi di tutti in un istituto, in un cotolengo...”

Gli altri libri scritti per Frilli (con la coppia Male&Fernet)
- Operazione Madonnina - Milano 1973
La scheda del libro sul sito di Frilli editore
La pagina Facebook (comune) degli autori.

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

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