06 aprile 2017

Ad Aquila non si ride ancora

Sette anni dopo, a l'Aquila si fa fatica a ridere: diversamente dagli imprenditori sciacalli che la notte della scossa assaporavano già l'odore dei soldi per gli appalti pubblici da fare in emergenza e senza gara, gli aquilani hanno sperimentato sulla loro pelle la doppia faccia dei nostri rappresentanti.
Che, in quelle prime settimane si sono presentati sulle rovine dicendo loro "ghe pensi mi", tranquilli.
La favola delle new town, le belle CASE di Berlusconi, accoglienti e moderne.

Sono servizi solo pochi mesi per comprendere la bugia dietro la narrazione favolistica.
I costi gonfiati di queste case, coi balconi che crollano.
La ricostruzione del centro che, per anni, è rimasta ferma.

Il 6 aprile 2009 l'Italia si risvegliava più fragile e indifesa.
Negli anni successivi, indifesi e lasciati soli.
Come soli si sono sentiti in questi mesi gli abitanti dei paesi nel centro Italia colpiti dalle scosse del terremoto del 24 agosto (e successivamente a fine ottobre e gennaio).
Soli da uno stato che ha saputo promettere.
Le casette di legno, il piano casa Italia.

E, nel frattempo si continua a costruire male, a cementificare e, in barba alle promesse dopo il referendum di aprile 2016, pure a trivellare.

Solo la solidarietà del paese, quella, non è mancata mai.
Il paese che quella notte, sotto le scosse, non rideva.

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