Incipit
Potreste pensare che questa non sia una storia vera, perché una parte di essa contiene cose a cui è difficile credere, ma vi assicuro che non c’è niente di inventato, dall’inizio alla fine. Voglio scriverla tutta prima che il tempo mi porti a inzepparla di dettagli interessanti, come se questa storia ne avesse bisogno.Capita di mentire sugli avvenimenti. Lo so. Mio padre era un bugiardo. Riusciva a prendere una cosa vera e a renderla una bugia. Gli bastava continuare ad aggiungere particolari fino a ingrandire tutto, tirando dentro cose che non erano mai accadute ed eliminando gradualmente la verità, cosí che alla fine rimaneva solo la parte inventata e lui stesso non sapeva piú riconoscere la verità dalla menzogna.Spero che questa cosa non sia ereditaria.
In attesa del ritorno in libreria di un
nuovo capitolo della saga di Hap e Leonard, Joe Lansdale ci regala un
questo nuovo personaggio, (Dorothy) Dot Sherman, protagonista del
romanzo al femminile “Io sono Dot”.
Siamo sempre nell'east Texas, a Marvel
Creek: qui incontriamo Dot, una ragazza diciassettenne che vive in un
camper assieme alla madre, alla nonna e al fratellino.
In un altro camper vive la sorellastra,
Maylynn, assieme ai due figli.
Romanzo al femminile, si è detto
perché in questo racconto i maschietti non fanno bella figura.
Il papà di Dot se ne è andato un
giorno, nella più classica delle maniere, mentre andava a comprarsi
le sigarette.
E' stata dura per la madre tirare su i
tre bambini, come non è stata nemmeno facile per Maylynn: un primo
figlio da un ragazzo di cui era innamorata. E che poi l'ha
abbandonata.
E un altro figlio da Tim, il nuovo
ragazzo, un ubriacone senza lavoro che, per dare quel tocco in più,
ogni tanto la picchia..
Ma, soprattutto, non è stata facile la
vita per Dot: un lavoro sui pattini al Drive In di Bob, il “Diary
Bob”, non tanti soldi ma sufficienti per andare avanti. Cosa non
facile nell'east Texas, specie se non hai nemmeno un diploma in tasca
con cui cercare un lavoro migliore o, meglio ancora, scappar via
prima che qualche maschio di metta incinta.
Era facile per gli altri dire cosa potevo o non potevo fare, molto più difficile per me farlo davvero. A volte mi sentivo come un topo in una di quelle gabbie con dentro la ruota, e io ero dentro la ruota. Correvo, sempre più veloce ma proprio come quel topo non andavo da nessuna parte.E il topo, se non altro, non aveva un appuntamento con un giudice.
Un giorno, davanti la casa mobile degli
Sherman si presenta lo zio Elbert, il fratello del padre, quello che
se scappato mentre andava a prendersi le sigarette. Nemmeno lui si
presenta molto bene: un furgoncino scassato e pieno di robaccia, non
un lavoro e pure qualche giorno di galera per un tentativo di furto
in una banca. Lo zio Elbert, “aspirante criminale”, nonostante la
diffidenza che suscita in Dot, cerca di darle lo stesso qualche
consiglio: tenere a bada la sua rabbia, per esempio, evitare di
commettere errori da scontare per il resto della vita
- Non sto cercando di dirti come devi vivere, - disse Elbert. - Cerco solo di spiegarti che alcune cose stupide che ho fatto potrebbero essere molto simili ad alcune delle cose stupide che potresti fare tu. O che magari hai già fatto.- Mi stai dicendo di seguire i tuoi suggerimenti e non il tuo esempio? - chiesi.- Esatto, - disse, annuendo. - E ti sto anche dicendo che ho imparato dai miei errori. O almeno ci ho provato.
Ma non è facile controllare la rabbia,
le reazioni impulsive, la diffidenza nei confronti dei ragazzi:
specie se arrivi da una famiglia come la sua, che ha avuta tanta
sfortuna e che si è rassegnata ad un destino già scritto e che non
si cambia.
- Tu ti divertivi alla mia età, mamma? - le chiesi.- No, - disse lei.- Neanch'io, - disse nonna.- Perché?- Ci siamo sposate tutte e due troppo presto, e con uomini sbagliati.- Almeno mio marito è morto giovane, le disse nonna. - Non è scappato.- Grazie, - disse mamma. - Questo mi fa sentire molto meglio.- Non era mia intenzione farti sentire meglio, - disse nonna.- Lo sospettavo, - disse mamma. Mi guardò. - Forza, Dot. Vado a prenderti quei soldi.
Perché Dot non è una ragazza come le
altre, è una che si sa difendere e anche alzare le mani, per esempio
contro il ragazzo della sorella che una sera, dopo che l'ha riempita
di botte, lo aspetta sotto casa con una bella trave di legno in mano.
E non è nemmeno una che si tiene le
parole in bocca:
“A volte capita che la mia bocca
firmi assegni che odia dover incassare”.
Ma forse non è ancora detta l'ultima
parola, forse il destino ha in serbo per Dot, la coraggiosa Dot,
qualcosa di speciale: magari un ragazzo perbene, come Herb, che la
rispetta e non le fa pesare la sua condizione.
E una sfida sui pattini, contro una
squadra femminile di pattinatrici, “Le killer del circo”, che
girano il paese in un circo itinerante sfidando le squadre locali: in
palio ci sono 10000 dollari, ma questa per Dot è una sfida che va
oltre il valore dei soldi.
Una sfida per dimostrare di saper far
qualcosa e di saperla portare fino in fondo:
“.. se porti a termine questa cosa potrai riuscire anche in altro. A prendere il tuo diploma. E magari ad andare all'università. E a costo di prendermi qualche altro insulto, lascia che ti dica una cosa ancora, visto che ci sono. Elbert potrebbe avere molta più ragione di quanto immagini. Pensaci, tu non ti fidi mai di nessuno. Neanche di te stessa”.
Io sono Dot è una storia che, con lo
stile amaro e divertente di Lansdale, racconta di una crescita, di un
cambiamento: quei cambiamenti che ti fanno comprendere come nella
vita “non esistano rose senza spine”, ma non per questo le cose
debbano sempre andare come sono andate, senza speranza.
In bocca al lupo Dot!
La scheda del libro sul sito di Einaudi
e qui un estratto
del libro
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