01 novembre 2017

Conoscere la Sicilia per comprendere l'Italia – Il giorno della civetta di Sciascia

Se vuoi comprendere l'Italia, devi conoscere la Sicilia – diceva Sciascia: un paradosso, all'apparenza, visto che la Sicilia rappresenta solo una parte del paese, una porzione contenuta per definizione, essendo un'isola.
Ma un'isola speciale, che è sempre stata laboratorio politico per sperimentazioni poi cresciute a livello nazionale.
In Sicilia si vota questa domenica: si tratta di elezione regionali in cui gli elettori si troveranno di fronte volti molto noti, di cui molti hanno semplicemente cambiato partito. Poche le novità, Cancelleri per il M5S e Claudio Fava: il primo ha guidato l'opposizione a Crocetta in questi anni e il secondo è un europarlamentare che si è occupato di mafia, di diritti civili.
Cosa si sta preparando in Italia e cosa si sta preparando in questo paese: a vedere i sondaggi, il partito di maggioranza del governo a livello nazionale ha poche possibilità di vincere, qui in Sicilia.
A ben vedere i sondaggi sono poco entusiasti anche a livello nazionale, per lo stesso partito, il PD: in Sicilia il cambiamento di pelle del partito “a vocazione maggioritaria”, il partito per cui “sinistra e conservazione sono in contraddizione” (Veltroni), il partito delle riforme è stato raccontato da un servizio di Presa diretta del 2015.
Partito acchiappavoti veniva definito, il PD di Faraone, che cooptava al suo interno i portatori di voti dal centro destra, lasciando che vecchi iscritti e militanti abbandonassero le sedi e il partito.

Il partito della nazione – è questa la formula suggestiva usata in questi mesi per raccontare quello che stava avvenendo, era sotto gli occhi di tutti, ma da tutti smentito.
Un partito con dentro qualche foglia di fico della sinistra e che arrivava fino a Verdini e Alfano. E pronto a trattare con Berlusconi per qualche riforma o legge comoda a tutti.

È questo quello che si sta preparando in Sicilia? È quello che assisteremo da lunedì in poi?
Per comprendere la Sicilia, la sicilianità e, se diamo retta a Leonardo Sciascia, il nostro paese, ho ripreso in mano il romanzo “Il giorno della civetta”.
L'autobus stava per partire, rombava sordo con improvvisi raschi e singulti. La piazza era silenziosa nel grigio dell'alba, sfilacce di nebbia ai campanili della Matrice: solo il rombo dell'autobus e la voce del venditore di panelle, panelle calde panelle, implorante e ironica. Il bigliettaio chiuse lo sportello, l'autobus si mosse con un rumore di sfasciume. L'ultima occhiata che il bigliettaio girò sulla piazza, colse l'uomo vestito di scuro che veniva correndo; il bigliettaio disse all'autista "un momento" e aprì lo sportello mentre l'autobus ancora si muoveva. Si sentirono due colpi squarciati: l'uomo vestito di scuro, che stava per saltare sul predellino, restò per un attimo sospeso, come tirato su per i capelli da una mano invisibile; gli cadde la cartella di mano e sulla cartella lentamente si afflosciò.

Un romanzo sulla Sicilia, sui siciliani, in forma di romanzo giallo, che si apre fin da subito, nelle prime righe, con un omicidio di un piccolo imprenditore edile.
Il giorno della civetta è uno dei primi romanzi dove è presente la mafia, la mafia che si stava trasformando da mafia rurale ad una mafia di un livello superiore, dentro gli appalti pubblici (in questo romanzo si parla di costruzioni, strade, case).
La mafia che non esisteva: così dicevano i politici regionali e i politici a Roma. Mafia? Dov'è questa mafia?
Questa parola, mafia, era difficile sentirla pronunciare perfino dai magistrati, gli uomini dello Stato deputati a combatterla, assieme agli uomini delle forze dell'ordine.
Solo questione di piccola criminalità, furti di bestiame, rapine.
Sminuire, negare, nascondere sotto un manto di folklore: il sole della Sicilia, la pigrizia dei siciliani, la loro indolenza. La loro omertà.
«Dunque» disse con paterna dolcezza il maresciallo «tu stamattina, come al solito, sei venuto a vendere panelle qui: il primo autobus per Palermo, come al solito ..»«Ho la licenza» disse il panellaro.«Lo so» disse il maresciallo alzando al cielo occhi che invocavano pazienza «lo so e non me ne importa della licenza; voglio sapere una cosa sola, me la dici e ti lascio subito andare a vendere le panelle ai ragazzi: chi ha sparato?»«Perché» domandò il panellaro, meravigliato e curioso «hanno sparato?»

(notate come queste righe seguano di poco la scena iniziale del delitto, in quella piazza silenziosa: si passa nel giro di una sola pagina dal giallo alla commedia all'italiana).

Certo: con che faccia si è presentato lo Stato in Sicilia, dall'unità d'Italia ad oggi?
A Palermo, per anni, la faccia dello Stato era quella di Vito Ciancimino e Salvo Lima, uomini della corrente di Andreotti, uomo potente (e disinvolto) a Roma. Il sette volte presidente del Consiglio.
Come ci si poteva fidare di questo Stato, dei suoi rappresentanti, degli uomini in divisa che dovevano far valere la legge. Far valere i propri diritti contro i soprusi dei potenti:
I due fratelli Colasberna e gli altri soci della cooperativa edilizia Santa Fara aspettavano l'arrivo del capitano: stavano seduti in fila, vestiti di nero, e i due fratelli con neri scialli spugnosi, la barba lunga, gli occhi arrossati; aspettavano in una sala della stazione dei Carabinieri di S. , immobili, gli occhi fissi ad un bersaglio colorato dipinto sul muro e alla scritta che diceva 'luogo per scaricare le armi'. Bruciavano di vergogna per il luogo in cui si trovavano e per l'attesa. Niente è la morte in confronto alla vergogna.

Ma lo stato in Sicilia, coi suoi uomini in divisa, spesso si è mostrato con la faccia del bargello, del capo degli sbirri: non quello che doveva far rispettare la legge uguale per tutti, l'accesso ai beni comuni per tutti.
Il capitano si avvicinò al cane per accarezzarlo.
«No» disse il vecchio allarmato «è cattivo; una persona che non conosce, magari prima si fa toccare, la fa assicurare: e poi morde .. E' cattivo quanto un diavolo».«E come si chiama?» domandò il capitano, incuriosito dallo strano nome che il vecchio aveva pronunciato per acquietarlo.«Barruggieddu si chiama» disse il vecchio.«E che vuol dire?» domandò il capitano.«Vuol dire che è uno è cattivo» disse il vecchio.«Mai sentito» disse il brigadiere. E in dialetto chiese altre spiegazioni al vecchio. Il vecchio disse che forse il nome giusto era Barricieddu, o forse Bargieddu: ma in ogni caso significava malvagità, la malvagità di uno che comanda; ché un tempo i Barruggieddi o Bargieddi comandavano i paesi e mandavano gente alla forca, per il piacere malvagio.«Ho capito» disse il capitano «vuol dire Bargello: il capo degli sbirri».Imbarazzato, il vecchio non disse né si né no.

Un delitto maturato nel mondo degli appalti edilizi, un capitano dei carabinieri che deve indagare sul delitto (e sulla scomparsa di un potatore che forse ha visto troppo) e scalfire l'ostilità dei testimoni, delle persone che sanno e che non vogliono dire, che sanno e non possono dire.
Un silenzio rumoroso, perché anche il silenzio parla per le tante lettere anonime, per le chiacchiere dal barbiere, perché in Sicilia tutti i delitti sono delitti passionali, storie di corna:
"Nelle statistiche criminali relative alla Sicilia e nelle combinazioni del giuoco del lotto, tra corna e morti ammazzati si è istituito un più frequente rapporto. L'omicidio passionale si scopre subito: ed entra dunque nell'indice attivo della polizia; l'omicidio passionale si paga poco: ed entra perciò nell'indice attivo della mafia."

Le indicazioni per arrivare ai responsabili dal delitto arrivano dal confidente dei carabinieri, Parrinieddu (piccolo prete, perché come i preti parlava con la stessa ipocrisia dei preti): confidente per vocazione e illudendosi di avere così una certa impunità per i suoi affari sporchi.
Illusione certo, perché sa che si trova in mezzo alle due cosche della mafia del paese e i carabinieri: mentre parla col capitano Bellodi (continentale e dunque gentile, anche se uno che non capisce niente) “il piombo della sua morte intanto colava”.

Una pista che porta ad un piccolo criminale, vicino ad un certo onorevole e al capo mafia del paese, don Mariano Arena.. Una pista che spaventa, sia i notabili di S. che i notabili che a Roma sono osservatori attenti di quello che succede in Sicilia.

La forza di un libro sta in questo: ancora oggi “Il giorno della civetta” è un romanzo che ha qualcosa da raccontare ancora oggi: può essere letto su più livelli, senza perdere nulla. Come il racconto di una indagine ostile e su cui l'investigatore “si romperà la testa”.
Come il racconto di un mondo, di un contesto, di una regione che si fa paese, col salire della linea della Palma.
Ma anche come atto d'amore per quanti, questa Sicilia, questo paese, hanno cercato di cambiarlo davvero: di far arrivare la legge e i diritti per tutti anche in questa isola, anche a S.


Il giorno della civetta – Leonardo Sciascia, Adelphi edizioni

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