12 dicembre 2017

Piazza Fontana – 48 anni dalla strage





Era un venerdì quel 12 dicembre 1969, 48 anni fa, a Milano.
Sono passati tanti anni da quella bomba esplosa nella banca dell'Agricoltura in piazza Fontana, da quelle morti che oggi alla domanda “ma tu dov'eri quel 12 dicembre” in pochi potrebbero o saprebbero rispondere.
L'Italia è un paese senza memoria.

E anche con poco pudore e rispetto per le sue vittime: a 48 anni dalla strage, cosa ci ricordiamo della bomba nella banca dell'agricoltura? E degli altri attentati? Delle bombe scoppiate sui treni, nelle piazze, nelle stazioni? Bombe fatte scoppiare per uccidere, per creare terrore, per preparare il terreno a qualcosa di mostruoso (se possibile, ancora più dei corpi straziati).
La mano proditoria e furtiva di Caino ha sorpreso fratelli ignari e ne ha fatto strage. Ancora una volta il sangue innocente di Abele sparso a macchie enormi offende la mia diletta città.
A quest'ora grave e sacra meglio si addirebbe il silenzio ..[Dall'omelia dell'arcivescovo di Milano, nel giorno dei funerali delle vittime della strage].



Non è vero che non esiste più destra e sinistra. O che il fascismo oggi non esista (o non costituisca un problema).
In questo paese senza memoria una vera destra conservatrice non è mai esistita probabilmente. E a sinistra spesso ci si sentiva in colpa di essere di sinistra, così si è scimiottato la destra nelle sue peggiori forme.
Così rimaniamo ostaggio di vecchi slogan, di vecchi rottami di un passato che non siamo mai stato capaci di archiviare.
Se non siamo in grado di decifrare menzogne e bugie, fatte passare come verità da sorbire tutto d'un fiato.
Leggo i giornali di questi giorni e le notizie che capeggiano riguardano l'ondata neofascista e dell'ingerenza russa nelle nostre questioni politiche, dal passato referendum alle prossime elezioni.

Se avessimo memoria ci ricorderemmo dell'Italia degli anni 60, della sua democrazia ancora fragile, di un paese attraversato da spinte progressiste per cambiare le cose nel mondo del lavoro, nelle università, nella magistratura perfino nella polizia.
Di quel convegno organizzato dall'istituto Pollio all'hotel Parco dei Principi, nel 1965, dove parteciparono vertici degli stati maggiori, politici, elementi dell'estrema destra come Pino Rauti, Delle Chiaie e Merlino, dei servizi come Guido Giannettini.
È dove si pianificò la strategia della tensione: una guerra asimmetrica per contrastare l'avanzata del comunismo, questa la facciata: in realtà serviva bloccare l'avanzata delle sinistre (e di tutti quei movimenti di protesta che chiedevano riforme progressiste tese a svecchiare il paese).
Propaganda, infiltrazione e azioni terroristiche che avrebbero dovuto portare, nella testa dei movimenti neofascisti, ad un colpo di stato. In pratica al consolidamento dello status quo, impedire qualsiasi cambiamento, politico e istituzionale.

La storia della strage di Piazza Fontana, la bomba fatta scoppiare nella banca dell'Agricoltura a Milano (e le altre bombe, sui treni nell'estate del 69 e a Roma), ci riporta indietro nel tempo, ricordandoci quanto la storia a volta si ripete (forse oggi in forma di farsa).

Fanno tanto clamore, oggi, le presunte ingerenze russe, la fabbrica di fake news che avrebbe appoggiato alcune forze politiche per danneggiare il governo.
Ma ci siamo dimenticati del lavoro sporco dei servizi che, con una mano costruivano la finta pista degli anarchici, preparavano il mostro da sbattere in prima pagina (per rispondere alle paure dell'opinione pubblica che loro stessi costruivano).
Con l'altra mano nascondevano le prove alla magistratura: il SID di Maletti e Miceli (e anche i servizi americani) era a conoscenza di cosa stava preparando Ordine Nuovo a Padova da mesi, ma non fece nulla.
E lo stesso vale per i servizi americani visto che Digilio, l'armiere di Ordine Nuovo, era anche una fonte della CIA (nome in codice Erodoto)..
Il SID nascose ai magistrati milanesi la pista della borsa usata per la bomba, comprata a Padova, il lotto di timer comprati a Bologna (simili a quelli che l'ordinovista Franco Freda aveva comprato, un caso..)


Il mostro Valpreda sbattuto in prima pagina, l'anarchico Pinelli (che forse meriterebbe di essere chiamato Pinelli e basta) morto in Questura per un “malore attivo”, ma in stato di fermo oltre i termini della legge.
E poi il processo spostato a Catanzaro.
E quando finalmente i magistrati arrivarono alla pista nera, ecco tornare in campo i servizi e le esfiltrazioni per mettere al sicuro i fascisti: Pozzan, il custode delle armi di Ordine Nuovo, lo stesso Giannettini (l'agente del SID di cui Andreotti e i servizi negarono l'appartenenza ai servizi) e infine di Franco Ventura, anche lui ordinovista come Freda, reo confesso di fronte al giudice D'Ambrosio di quella bomba e delle altre bombe del 1969..

Fanno ridere i sovranisti di oggi, eredi di quel passato fascista che ha insanguinato il paese, pedine di un gioco politico governato anche oltre oceano, che in nome della stabilità politica ogni tanto doveva ricordare al nostro paese da che parte stare.
Anche allora, i neofascisti erano nemici dell'Europa:
è giunto il momento di terminare di baloccarci col fantoccio “Europa” o di fare gargarismi con la sua espressione vocale.
Con l'Europa illuministica noi non abbiamo a che fare. Con l'Europa democratica e giacobina noi non abbiamo nulla a che vedere.
Con l'Europa mercantilistica, con l'Europa del colonialismo plutocratico: nulla da spartire. Con l'Europa giudea o giudaizzata noi abbiamo solo vendette da fare.”[Regensburg – 1964, Franco Freda: ]
(Per quanto questa Europa non sia l'Europa che avevano pensato i suoi fondatori, non vi sembra di averle già sentite queste parole, queste espressioni?)

Paese a sovranità limitata.
Paese della giustizia tradita.
Oggi parliamo di fake news, di ingerenze politiche dei russi.
Ma ci siamo dimenticati dei depistaggi, delle coperture da parte dei nostri servizi dei fascisti neri, dei giornalisti a libro paga dei servizi, di Gladio e della loggia massonica e segreta P2.

Forse è l'Italia che stenta a cambiare se ancora oggi dobbiamo ancora una volta mettere nero su bianco le nostre radici antifasciste, dobbiamo difenderci da questa marea nera (lei si, sovvenzionata anche dall'estero).
Piazza Fontana, la madre di tutte le stragi, un nodo al fazzoletto che noi non scioglieremo mai. Che non ci stancheremo di raccontare.
Avete vinto voi – le parole del giudice Mancuso – “ci avete sconfitti, ma sappiamo chi siete” non ci stancheremo di ripeterlo.

Spunti di lettura:
Piazza Fontana la strage senza giustizia
Una stella incoronata di buio di Benedetta Tobagi
Piazza Fontana, noi sapevamo, di Andrea Sceresini , Nicola Palma , Maria elena Scandaliato
Piazza Fontana di Francesco Barilli Matteo Fenoglio.
Il grande vecchio, di Gianni Barbacetto (primo post e secondo).
Confine di Stato, di Simone Sarasso.
La repubblica delle stragi impunite di Ferdinando Imposimato
Doppio livello di Stefania Limiti
Il segreto di piazza Fontana di Stefano Cucchiarelli
Il sangue e la celtica di Nicola Rao

Sappiamo chi siete e non dimentichiamo – Piazza Fontana 1969 - 2013

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