04 dicembre 2017

Report – Italia vendesi

Un bel servizio sulla fine della politica industriale in Italia, poi il peso delle lobby e la parità salariale uomo donna.

Ma prima, un approfondimento sugli studi alimentari. Ma tu, che cavolo mangi?


In tempi di rischi alimentari, almeno possiamo consolarci con un caffè?
No, danneggia il cuore, fa venire l'ansia, falso fa dormire ..
Riduce il rischio di tumore al fegato.
A Boston il direttore del dipartimento di nutrizione rassicura: il caffé ha dei benefici e rassicura, niente soldi dall'industria del caffè.

Invece gli studi su zuccheri e grassi sono spesso inficiati da interessi dell'industria: come gli studi della Mars sui benefici del cioccolato.
Il cacao contiene anti-ossidanti, ma l'insalata fresca sull'uomo ha più potenzialità antiossidanti, ma non vale per quella in busta.

E i super cibi, come zenzero e le bacche di Goji? Non esistono evidenze sull'uomo, dunque gli effetti di questi cibi sono da prendere con le pinze.
Non solo: “la nutrizione deve essere sartoriale”, spiega un ricercatore dell'AIRC, dipende dal contesto dove vive la persona.

Gli studi seri si fanno su un campione vasto di persone: su queste basi si riescono a fare statistiche accurate, come per esempio per capire la correlazione tra grassi industriali e cancro.
Ci sono studi falsi che correlano latte e latticini con cancro.
E' complicato stabilire questa correlazione: sappiamo che il calcio fa allungare le ossa che però sono soggette maggiormente a fratture.

La nutrizione è importante nella prevenzione delle malattie: peccato che oggi i medici non fanno studi sulla nutrizione e che molti di questi siano pagate dalle aziende.
Per esempio Coca cola che finanzia ricerche che poi assolvono le bevande zuccherate dall'obesità.
In Europa è EFSA che deve stabilire se un cibo è nocivo per la salute: ma non esiste una legge che rende trasparente la ricerca nell'Unione, dice il commissario alla salute alimentare.

Peccato che sulle decisioni dell'Europa pesano le pressioni delle lobby, come racconterà il servizio di Giorgio Mottola, dove si racconterà la storia della sigaretta elettronica e di come la sua diffusione è stata bloccata dalle tasse imposte dal nostro Parlamento.


In questi anno abbiamo trasferito all'estero parte della nostra storia industriale, da Fiat a Pirelli, i nostri prodotti alimentari, lo spumante, i marchi del lusso, il nostro patrimonio paesaggistico in Sardegna, come la Costa Smeralda.
Ci rimangono i veleni dell'acciaieria più grande d'Europa, perché i Riva più che alla salute hanno pensato a mettere i soldi nell'offshore.
Mentre a Taranto si causavano morti e malati, i Riva si sono arricchiti e oggi la trattativa per la vendita agli indiani è in crisi per un ricorso al TAR della regione.
Un buon imprenditore è anche una persona che si cura della salute delle persone – così parla il santo padre: non uno speculatore che vede solo il profitto e allora l'economia perde contatto con le persone concrete.

Il servizio di Giovanna Boursier – Venduti- è partito dall'Ilva: gli indiani hanno vinto la partita coi francesi, al prezzo di 4000 esuberi.
A Taranto negli altoforni lavorano col carbon coke, per uno stipendio di 1500 euro: il ministro nell'intervista ha rassicurato che le persone in esubero saranno impiegate nelle bonifiche.
La storia dell'Ilva è una storia di inquinamento, di soldi trasferiti all'estero, schermati dietro paradisi fiscali, di tanti commissari che si sono susseguiti senza che le bonifiche siano andate molto avanti.
Nelle mani dei commissari c'è la salute dei cittadini e il futuro di Taranto: sono loro che hanno scelto Mittal e Marcegaglia, che manterranno la produzione a carbone (mentre l'altra cordata che aveva dentro anche CDP pensava ad una trasformazione a gas).

Oggi, pur di non chiudere, si va in deroga alle prescrizioni e la scelta della produzione a carbone non va bene al presidente Emiliano.
Perché è stata scelta Mittal che fa la carbonizzazione?
Mittal ha offerto di più, compra a 1,8 miliardi: ma nel bando l'offerta economica vale solo il 50%, la questione economica solo il 15%.
Viene il sospetto che la cordata CDP fosse servita solo a far rilanciare l'offerta degli indiani – dice la giornalista.
C'è poi la questione dell'antitrust per cui, per limiti imposti dall'Europa, Marcegaglia dovrà sfilarsi. Chi prenderà il suo posto, con quel 15%, in questo caso?

Nel frattempo Ilva continua ad inquinare: nelle giornate di vento la polvere entra nelle case e nelle scuole, che devono essere chiuse.
Succede nel quartiere Tamburi, dove la gente vorrebbe anche andarsene via, se solo avesse la possibilità: la gente ha sempre lottato per coprire i parchi minerari, sopra la collina.
Quando scatta l'allarme vento la gente si chiude in casa: l'ultima volta il 28 novembre, case e scuole chiuse.
I bambini forse sono contenti, ma il diritto allo studio che fine ha fatto?
La mortalità nei bambini fino a 14 anni è più 21%: nell'aria si trova diossina, che non ha limiti per legge, che esce dai camini ed entra nelle acque.

I parchi non sono coperti da anni e ora Mittal ha imposto una deadline nel 2020 mentre Calenda vorrebbe anticipare: il senatore Della Seta (ex PD) ricorda tutti i decreti salva Ilva che anziché tutelare la salute tutelavano il profitto dei Riva.
Della Seta ha continuato a rompere le palle, anche ora con la Mittal: quell'impianto non ha futuro se non si risana l'ambiente. L'ex commissario Bondi infatti voleva riconvertire già anni fa a gas, ma poi è stato cacciato da Renzi.

A fine maggio arrivano i miliardi confiscati ai Riva, per la tutela della salute, fuori dal perimetro delle bonifiche in carico a Mittal.
Con quali garanzie? È questa la preoccupazione di Emiliano e del sindaco tarantino.
E le trattative sugli esuberi stanno andando avanti e sono partite pure male: Mittal intende assumere col jobs act, facendo perdere ai dipendenti Ilva almeno 6mila euro l'anno.
Dopo uno scontro ad ottobre, il confronto è ripartito a novembre: dobbiamo aspettare però, perché per il momento Mittal è in affitto, non ha ancora comprato.
L'obbligo di acquisto è solo dietro due condizioni: l'ok dell'Europa e dei sindacati, mentre il contratto è top secret.

Insomma, nessuna garanzia – dice Emiliano.
Calenda spiega che è firmato il contratto d'affitto, è vero: ma è l'unico progetto industriale possibile e i sindacati devono assumersi le loro possibilità.
Così, dopo che sindaco e governatore hanno fatto ricorso al TAR, Calenda ha fatto saltare il tavolo.
Sembra un gioco in cui nessuno vuole fare un passo indietro.

I debiti dei Riva sono stati in parte sanati da Banca Intesa che ora ha tutto l'interesse a vendere l'impianto alla cordata che ha una parte economica migliore, non gli interessa la componente ambientale.
La politica industriale la fanno le banche e non la salute delle persone.

Fiat in America, Ducati ai tedeschi, Parmalat ai francesi, Penigotti ai turchi, poltrone Frau ai russi, mentre Luxottica si sta trasferendo a Parigi.
Siamo un paese in ritirata – dice l'ex presidente dell'Iri Prodi.
Siamo un paese industriale, di piccole e medie imprese: abbiamo medie imprese che sono però formidabili.

Brioni ha vestito grandi attori, presidenti americani: dal 2011 è passato ai francesi che sono passati alla produzione industriale, tagliando i posti di lavoro in Italia.
Era un motivo d'orgoglio lavorare in Brioni: pensavano che l'arrivo dei francesi fosse una fortuna, dopo la crisi.
Oggi i francesi hanno dimezzato i lavoratori, hanno chiuso la linea femminile e molti lavori fatti a mano sono fatti dalle macchine.
E gli operai hanno paura a parlare di fronte alla giornalista: “speriamo di lavorare”.

Chi la fa la politica industriale? I governi, risponde l'ex presidente Prodi: come fanno i francesi, che difendono i loro marchi.
La vendita dei patrimoni industriali impoverisce anche la classe dirigente: i francesi comprano gli asset stranieri per eliminarli, per ammazzare la concorrenza.

Anche Telecom è in mano francese: Vivendì ha il 23% e nemmeno ce ne siamo accorti subito.
Vivendì ha mentito di fronte alla Consob: chi controlla Telecom può controllare dati tabulati di 40ml di persone, controlla Telsi che gestisce i dati criptati in Italia, i dati digitali della PPAA, TV Sat ovvero il digitale terrestro, Tim e Sparkle (i cavi sottomarini dove passa il traffico internet verso Turchia e Israele).
Attraverso Telecom passano dati strategici: il governo può applicare il golden power ma fino a dove può arrivare?
Calenda racconta che ha esercitato il potere di controllo fino a dove può e che ha rinfacciato a Vivendì il suo comportamento scorretto.
Le prescrizioni del golden power sono chiare: per interesse nazionale nomina dei manager italiani anche se, ricorda il ministro, non è che Telecom in mani italiane sia stata gestita meglio.

Bollorè controlla un gruppo da 7 mld di dollari, è dentro i trasporti, telecomunicazioni, nell'agroalimentare (i vini), l'assicurazione e le banche.
È stato sanzionato dalla Consob per 3ml di euro per la scalata dei Premafin: dopo la denuncia di Berlusconi è indagato dalla procura di Milano per la scalata Telecom.
Sulla sua rete passano le telefonate della procura di Milano e della Rai, con la trasmissione Report.

La partita sull'ultimo miglio: il governo Letta ha detto no allo scorporo della rete, mentre ora Calenda si dice favorevole, perché è un asset importante.
Servono due società, una di rete e una di servizi da mettere a mercato: sulla rete passano le telefonate, internet. Senza rete è difficile fare sviluppo industriale: serve investire nella banda larga, ma Tim non ha soldi.
Ora abbiamo due società della rete per fare la banda larga, Telecom e Open fiber (voluta da Renzi): c'è il pericolo della duplicazione dei costi, non ne avevamo bisogno – commenta l'economista Sapelli.

Forse Renzi sapeva che Vivendì si stava prendendo Telecom?
E se ora i francesi non accettassero la fusione delle due reti?
Il senatore Mucchetti ha una sua soluzione: Telecom entra in Open fiber, con uno scambio telefonia – rete coi francesi per fare in modo che lo Stato si riprenda la rete, che dovrebbe vendersi la sua parte di telefonia.

AD di Open Fiber è Starace che si dice contrario alla fusione; nemmeno il ministro vuole parlare di questa fusione.
Vediamo come va a finire.
Però i francesi quando siamo noi a prenderci dei pezzi del loro sistema bloccano tutto: Macron appena eletto ha nazionalizzato i cantieri e ha fatto valere i suoi diritti di prelazione su STX.
L'Italia su questi cantieri ha una governance ma sotto controllo dei francesi: per far nascere un nuovo polo per navi militari con Naval group dice Calenda.
Però il rischio è che i francesi di Naval Group si prendano gli appalti più grossi, perché sono più grandi di Leonardo (Finmeccanica).
Non dobbiamo avere paura di soccombere coi francesi, chiude la discussione Calenda.

Viene da pensare male: molti istituti bancari sono finiti in mano francese, controllano il gruppo assicurativo Generali. Manager francesi controllano pezzi strategici della nostra finanza, sanno le criticità delle nostre aziende e potrebbero appoggiare, in caso di scalate, i francesi.

La vendita della Costa Smeralda.
La Costa Smeralda ha un mare più bello al mondo: dagli americani siamo passati agli arabi del Qatar.
Il piano paesaggistico di Soru intendeva difendere le coste: ora la regione ha modificato il piano, dando la possibilità di costruire a 300metri dal mare, per progetti di rilevanza sociale.
Ovvero edilizia turistica, alberghi e non ospedali: il Qatar si è preso una parte della Meridiana, sta completando l'ospedale di Olbia (che doveva costruire il San Raffaele).
A fianco dell'ospedale però un campo da calcio, un hotel: tante strutture bellissime dice il sindaco di Olbia, che vuole costruire alberghi dove dice lui.
Tanto prima o poi arriva la legge del presidente Pigliaru.

A meno che non arrivi l'agricoltore Marras: in dialetto sardo ha spiegato che si è opposto a tutti i progetti di costruzione, rifiutando offerte da 700ml.
La terra resta, i soldi volano – dice.
Marras, ministro per la tutela all'ambiente.
Perché se dobbiamo aspettare il governo, la burocrazia, i sindacati e le loro scelte miopi: paghiamo anni di ricatti degli imprenditori nei confronti dei politici.


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