Le nuvole sono una promessal’adempimento è la pioggiaproverbio arabo
Incipit
San Nicola
Si fermò a guardare il mare. Doveva pensare, e per pensare aveva bisogno di quell'aria fredda, in piena notte. Fredda per modo di dire, a dicembre ancora si poteva stare in maglietta.Doveva pensare. Era successo tutto talmente in fretta, eppure lo sapeva che sarebbe finita così, prima o poi. Mentre usciva da quel posto maledetto - portava male, di sicuro - aveva sentito che qualcuno lo seguiva per i vicoli, gli occhi incollati dietro la schiena, i passi leggeri. Si era girato, nessuno.C'era puzza, c'era fumo, e tanta gente per strada, perché era il sei dicembre e il sei dicembre è la notte che non si dorme, è la notte che la chiesa sta aperta e tutti ci vanno...
Non si dorme, nella
notte del 6 dicembre a Bari, festa di San Nicola, che si passa per le
strade, perché non fa ancora freddo in questo inverno, o a sentire
la messa in cattedrale.
Non tutti
festeggiano: c'è la persona che troviamo nell'incipit, che non
riesce a calmarsi dopo quello che ha fatto, e che si muove per le
strade della città fino al porto, senza preoccuparsi delle macchie
di sangue sulle mani..
E, dietro di lui,
un fantasma che lo segue: non il fantasma della sua coscienza per
quello che a fatto. Ma un'ombra umana che si muove senza essere vista
e che segue quella persona ovunque vada, senza farsi vedere,
lasciando tracce di pomodoro per terra, come un novello pollicino.
Non dorme, anzi non
dormirà più nemmeno Ketty Camarda, che qualcuno ha ucciso
nella sua casa, forse davanti i suoi figli che ora in quella casa non
si trovano più.
Una morte è una
cosa brutale, qualcuno che ti ha strappato il bene più caro, la
vita. Ma per la povera Ketty, due figli, un compagno che è un poco
di buono e che le voleva così bene da picchiarla e tradirla con le
altre donne, la morte è stata proprio dura.
Così appare ai
primi poliziotti che arrivano:
Entrando, Gerri capì che lo stato di alterazione della signora era più che giustificato. Un taglio profondo all'altezza del collo scendeva giù verso la spalla sinistra, un altro dal collo fino all'addome, passando tra i seni, sotto quella che un tempo doveva essere una camicia da notte di pizzo bianco.
Tra questi, l'ispettore Gerri Esposito
(qui al suo terzo romanzo), giunto assieme alla collega Sara Coen:
strano poliziotto, questo Esposito.
Non solo per i postumi della pallottola
in testa, della ferita alla spalla. Strano perché è una di quelle
persone capaci di entrare dentro la scena del delitto. Sentire su di
sé quel dolore, quel sangue, quel peso sulle spalle:
Chiuse gli occhi un momento, pensando che forse era solo stanco, e una fitta potente gli attraversò il cervello, lasciandolo senza fiato.La testa. Non era ancora tornata a posto, e chissà se lo sarebbe tornata mai. Ecco, sì, doveva essere senz'altro quello, non c'era altra spiegazione possibile a quel senso di oppressione, di oscurità, di soffocamento. Quell'udire cose che non c'erano. Era come stare sott'acqua - già lo sapeva com'era, era stato quasi un mese così, immobile - e pensò che stava per perdere i sensi.
Poi di colpo si sentì chiamare da qualcosa. Si guardò intorno. Il divano, il frigo, la dispensa, il lavello, l'armadio a muro nel piccolo disimpegno che portava alla stanza da letto.E poi la vide, in un angolo, quasi nascosta. La cassapanca.
Ecco, dove sono i bambini: si sono
nascosti dentro la cassapanca, Jennifer e Kevin, appena hanno sentito
arrivare quell'uomo, che picchiava sempre la mamma.
Sembra un caso semplice, questo.
Una donna uccisa in casa, un compagno
che la picchiava e da cui non riusciva a separarsi del tutto.
E poi ci sarebbe anche la testimonianza
della bambina, Jennifer, che pure avrebbe visto e sentito tutto: il
sangue, le botte, e che ora chiede una promessa al poliziotto buono,
che per primo l'ha abbracciata come se avesse avuto sempre a che fare
coi bambini
Lo stava guardando in faccia, dura, fredda, determinata, arrabbiata come a volte lo sono i bambini quando non sanno ancora cosa vuol dire quella rabbia..
«Promettimi che lo prendi e lo uccidi».
«Noi non uccidiamo le persone».
«Allora promettimi che lo prendi. Lo prendi e lo chiudi da qualche parte».
Ma non è un'indagine facile.
Non lo è perché Gerri non è un
poliziotto facile.
La ferita, il dolore alla testa. Ma
anche il suo carattere scontroso, la sua difficoltà nei rapporti,
specie quelli con le donne, specie con la collega Sara, con cui ha
anche avuto una relazione.
C'è quel vuoto, nel suo passato:
l'abbandono della madre (“aspettami qui che arrivo”),
l'adolescenza cresciuta con un prete di strada e una suora.
L'aspettare da sempre qualcosa che non
arriva mai.
Il vedere le vite degli altri, la
felicità degli altri, ma dal di fuori. Come una persona che osserva
il mondo da una finestra ...
No, Gerri Esposito non è un poliziotto
come tanti, di quelli che si accontentano della soluzione facile a
portata di mano. Che in quei giorni a ridosso del Natale, quando
tutti aspettano le ferie, sarebbe come una manna dal cielo.
Gli capitava da sempre di avere la sensazione di sentire il dolore degli altri, Non succedeva con tutti, ma era una cosa che Don Mimì già conosceva di lui, se n'era accorto quando un giorno Adelina aveva le coliche renali, era arrivato e aveva assistito ad una scena strana: lei era in piedi in cucina, con la borsa dell'acqua calda sul fianco, e Gerri che la guardava smarrito, si teneva la mano sul fianco nella stessa posizione ..Lo sapeva pure Marinetti, che avvertiva quella sensazione sfumata e indefinibile, riconducendola a un intuito molto sviluppato, una capacità di leggere nelle persone superiore agli altri, che il vicequestore aveva imparato a usare nelle indagini..
Le indagini del poliziotto, coordinate
per modo di dire, da un pm molto milanese e molto stronzo (scusate il
termine), portano a galla una storia di violenze, di degrado
familiare, di vittime silenziose, che hanno avuto la colpa forse solo
di nascere nella parte sbagliata della città.
Il compagno di Ketty, Nicola Laforgia,
un piccolo sfruttatore nel mondo della prostituzione, che andava a pescare le sue donne anche dentro i centri di accoglienza.
Un bell'uomo, come quelli che si vedono
al cinema. In questo modo riusciva a rubare la vita alle sue vittime.
E anche i Laforgia sono una famiglia
strana: una madre con la fissazione dei capelli, che difende solo il
figlio. Una sensazione strana, in quella casa, come se mancasse
qualcosa, un'assenza di una persona che invece avrebbe dovuto
esserci.
Ma spunta fuori anche un altro uomo,
che forse amava veramente Ketty, che forse l'avrebbe portata via di
lì, che pure l'aveva incontrata quella sera e con lei aveva fatto
l'amore.
È lui l'assassino?
Forse: perché l'analisi delle
impronte, delle macchie di sangue e soprattutto delle ferite,
racconta un quadro anomalo.
Restava il problema delle ferite inferte da un'altra mano, alcune sicuramente post mortem, e di quelle impronte piccole, appena leggibili. Bisognava prendere le impronte alla bambina, perché poteva essere stata lei a lasciarle..
Gerri ha fatto una promessa alla
bambina: trovare l'assassino e impedire che lei e il fratellino
tornino da quell'uomo che picchiava la mamma. E per mantenere la
promessa è disposto a sacrificarsi, passare le notti alla Mobile,
tralasciale gli amici, come il suo superiore Marinetti, rovinare per
sempre la storia con Sara, prendere il freddo, l'acqua, la neve.
Perché ad un certo punto, in quei
giorni in cui tutto sembra scorrere in fretta, ad un certo punto
inizia pure a nevicare.
Neve vera.
E il freddo atmosferico diventerà
anche freddo nell'animo, perché per mantenere quella promessa, Gerri
dovrà fare qualcosa di doloroso.
Il compimento è la pioggia è forse
uno dei noir più intensi e belli tra quelli che ho avuto la fortuna
di leggere: rispetto al precedente “Angelo che sei il mio custode”,
in questo domina la scena l'ispettore Gerri Esposito, i suoi
pensieri, i pezzi di memoria che affiorano.
Molto intenso il confronto tra il
poliziotto adulto che è rimasto un po' bambino, per tutto il dolore
e il vuoto che si porta dentro, e una bambina troppo adulta per la
sua età, per colpa di tutto il dolore e la violenza che ha dovuto
assistere.
«E adesso perché piangi?»
«Piango per te».
«Ma non devi».
«Non hai capito. Piango perché lo sento che tu vuoi piangere e non ci riesci e allo piango io. Per te».
Gerri le asciugò le lacrime con la mano.«Beh, sai, un poliziotto non può mica mettersi a piangere».
«E da bambino piangevi?».
«Si, a volte».
«La mamma anche non piangeva. E allora piangevo io per lei. Lo sentivo quando voleva piangere, anche se stava da un'altra parte, anche se stava ridendo, anche se stava dormendo. A te non capita mai di sentire il male degli altri? A me sì, sempre. Però non lo dico, perché sennò le persone poi si pensano che sono pazza».
Scrive
l'autrice, al termine del romanzo, di come questo libro sia legato ad
un altro, La Promessa di Dürrenmatt.
Una
promessa che per Gerri diventa una trappola: altro male gli si
riverserà addosso, e «il male si attacca a una persona, e
come una malatia, si attacca e non se ne va più».
Perché ci sono
persone che questo male, se lo prendono loro sulle loro spalle, al
posto degli altri: come dei parafulmini – aveva detto così una
volta don Mimì.
Non resta che fare da parafulmine contro quel male e difendersi ricoprendo di oblio quei dolorosi ricordi di solitudine e d’abbandono.
Non resta che fare da parafulmine contro quel male e difendersi ricoprendo di oblio quei dolorosi ricordi di solitudine e d’abbandono.
La scheda del libro sul sito
dell'editore
Edizioni E/O
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