Immaginate una bimba.
È in un corridoio che le si spalanca davanti, minaccioso come l'antro di un ciclope. Le pareva interminabile – a lei così minuscola – fosco, in fondo solo una luce offerta dallo spiraglio di una porta laterale rimasta socchiusa.La piccola strillò: alle sue spalle si ergeva una figura in ombra, avvolta dalla testa ai piedi, di un lungo mantello nero. I passi avanzavano artificiosamente pesanti. Tum tum tum. Chiunque fosse, voleva fingersi un mostro. Emetteva versi gutturali. La bimba riconobbe un timbro familiare.
Inizia con questo
ricordo, lontano nel tempo e appartenente ad uno dei due filoni si
cui si sviluppa la storia, il romanzo di Marilù Oliva.
Un ricordo che
assomiglia ad un incubo: una bambina che scappa per sfuggire a
qualcosa che le incombe alle spalle, dentro casa. Un mostro familiare
da cui nessuno la soccorrerà, perché “la gente ha l'incredibile
capacità di farsi di nebbia quando qualcuno invoca aiuto”.
Ma questo questa è
solo una parte della storia, un racconto centellinato capitolo dopo
capitolo, di una bambina cresciuta sotto le percosse di una matrigna,
che prima le ha rubato la madre, poi le ha lasciato come regalo
bellissimo, un fratello di cui prendersi cura.
Chi sia questa
persona e che ruolo abbia nella storia delle spose sepolte lo si
capirà solo alla fine (con un colpo di scena degno dei migliori thriller):
«La tristezza la senti nello stomaco. È come se ti hanno tagliato metà stomaco e tu hai un buco grande così dentro e, fuori, hai attaccato alla caviglia la pietra grossa che hai vomitato e ti impedisce di divertirti e saltare».
«Io non voglio quel sassone grigio».
«Tu non sarai mai triste, te lo prometto. La prenderò io, la tua pietra grigia».
Credevo
di dover leggere un libro giallo, un noir dove c'è un delitto, un
investigatore, un mistero da risolvere e invece, arrivato alla fine
di questo romanzo, ho capito che quello di Marilù era qualcosa di
più di un giallo.
C'è
sì l'investigatrice, si chiama Micol, ed è un'ispettrice donna che
oltre a dover fare i conti con la difficoltà di fare il lavoro di
poliziotta in un mondo di maschi, deve fare i conti con una madre un
po' egoista e con un fidanzato che forse non l'ha capita.
Di
una bellezza particolare, rovinata da quella cicatrice sulla guancia,
ricordo di una vendetta legata ad una storia d'amore.
Assieme
al commissario Maccagnini e al sovrintendente Iacobacci, viene
mandata a Monterocca per seguire una pista su un delitto, quello di
Mario Conti, trovato sgozzato e infilzato da tanti spilli.
Ucciso
e drogato, con una sostanza, il Pentothal 21, sintetizzato in
un centro studi importante, proprio in quel paesino di provincia, tra
i monti e dei calanchi che si aprono verso la valle.
Un
posto che sarebbe da favola, Monterocca: la prima persona che
incontriamo si chiama Circassa, chiamata così per il suo
volto caucasico:
La Circassa, infatti, aveva la pelle scura, un elegante naso aquilino e due occhi neri da lupa che nemmeno la matita più dorata rendeva più mansueti.
Non
è l'unica donna che incontreremo a Monterocca: non a caso
questo comune è considerato la “città delle donne”,
perché a misura di donna tutta la vita del paese.
«Perché il nostro è un comune in cui ..» e fece un lungo tiro «.. le donne hanno concrete possibilità».
«Ma voi ai vertici assumete preferibilmente donne, stando ai numeri..»
«Diciamo che da noi le donne vengono valorizzate e aiutate. Ad esempio, nel caso siano madri, con agevolazioni sul lavoro e riduzioni orarie. Abbiamo inoltre pensato a piccoli accorgimenti fino ad oggi trascurati, come asili gratuiti e di qualità per tutte le mamme, anche quelle non lavoratrici..»
Un
esperimento politico, Monterocca, che ha suscitato molto entusiasmo
ma anche attirato molte critiche, come quelle di un esponente
leghista contrario a questa giunta.
Donne
a capo dell'amministrazione, a partire dal sindaco Adele,
quasi tutta femminile la rappresentanza in Consiglio comunale, donna
anche il comandante dei carabinieri, Juana; anche la
ricercatrice a capo del centro studi è una bella signora dai capelli
biondi e ricci, Ludmilla Bonvicini.
Forse
è dai loro laboratori che è uscito questo anestetico che
l'assassino ha usato per far confessare il morto. Che era finito
sotto processo per la scomparsa della moglie, assolto perché della
donna non era mai stato recuperato il corpo.
Un
paese all'apparenza così tranquillo, sereno, senza problemi. Tutto a
misura di persona: la gestione dei rifiuti, degli orti urbani, gli
asili per i bambini per consentire anche alle donne di poter
lavorare. Nessun problema di ordine pubblico, la musica sempre
diffusa per le vie del paese per la maggior parte intitolate a
personalità femminili. Un mondo quasi autosufficiente, ma anche
molto chiuso.
E
con tanti misteri e segreti nascosti dietro quella tranquillità
apparente.
Tra
questi forse anche il mistero che si nasconde dietro al killer dei
mariti, gli uxoricidi che sono riusciti a farla franca semplicemente
perché abili nel nascondere i corpi delle loro mogli, le “spose
sepolte”.
“Io sono la sposa sepolta. Mio marito si era stancato di me. Non voleva divorziare e perdere le proprietà. LA cosa più terribile non è che, dopo anni, mi abbia buttata via per un'altra. Quello che non potrò mai perdonargli e che mi ha tolto i miei figli: non li ho visti crescere, ridere, arrabbiarsi, non li ho mai saziati quanto avevano fame ..”
Chi
è questo killer che, dopo Mario Cionti, sta uccidendo uno dopo
l'altro, tutti i mariti coinvolti in casi di uxoricidio finiti nel
dimenticatoio?
Chi
è questo vendicatore delle spose sepolte? Perché li uccide in quel
modo così macabro?
Micol,
che si muove nel paese quasi da sola, sentendo su di sé anche la
diffidenza dei colleghi, intuisce che il vero obiettivo è far
ritrovare quei corpi delle donne scomparse. Che sono tante, forse
nemmeno ce ne accorgiamo più, come siamo assuefatti dai femminicidi.
Quando sparisce una donna - una madre, soprattutto - non andate a costruire troppi castelli in aria. Perché la verità è spesso lampante e grida per essere ascoltata.
Basta vedere chi circondava la scomparsa e basta fare la conta: una, due, tre persone. chi conosceva? Chi frequentava? Quasi otto volte su dieci chi l'ha uccisa è colui con cui aveva il rapporto più stretto, l'unica persona che nutriva interesse - spesso economico o personale - a farla scomparire.
Oggi,
forse, la sensibilità sta cambiando, ma per anni molti di questi
casi sono stati catalogati semplicemente alla voce di donne
scomparse.
Le
violenze sulle donne, le cicatrici che rimangono sui figli, la
ricerca di un modello più femminile di società, “come sarebbe
il mondo se al potere ci fossero loro”: Le spose sepolte è
un romanzo che affronta tutti questi temi, usando il meccanismo del
giallo, dell'indagine e del mistero.
Regalandoci
un personaggio, l'ispettore Micol Medici che, catapultata in
questa nuova realtà, deve risolvere l'enigma del killer delle spose
sepolte e anche affrontare i suoi problemi personali, le sue
fragilità, i suoi dubbi di giovane donna.
Quasi ogni abitante con cui si erano confrontati in quel posto nascondeva qualcosa, valutò Micol. Forse perché ognuno di noi nasconde qualcosa? Lei cosa nascondeva? Ludovico cosa le aveva nascosto?
La scheda del libro sul sito
dell'editore
Harper Collins
Il blog dell'autore
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