10 maggio 2018

Cosa vuol dire cambiamento?


L'occupazione sale, il PIL cresce, gli effetti del buon governo.
E ora l'arrivo dei barbari, tutto questo Bengodi finirà, 

Eppure, a guardare i dati, la situazione del paese, sotto la superficie dell'acqua, è meno limpida.
In questo paese si muore sul lavoro, andando al lavoro. Si muore schiacciati da un masso da 700 kg come successo ad un ragazzo di 20 anni a Monfalcone.
Si rischia di subire un grave infortunio alla mano, come successo ad un ragazzo durante uno stage.

E poi c'è tutto il sommerso, il nero, tutto quello che non vediamo perché la politica, le associazioni di categoria, non lo vogliono vedere.

Roberto Rotunno sul Fatto Quotidiano:
LA LIEVE ripresa dell'occupazione, insomma, sta presentando un conto molto pesante. I dati ufficiali dell'Inail dicono cheda gennaio a marzo 2018 il lavoro in Italia è costato la vita a 212 persone, 22 in più rispetto ai primi tre mesi del 2017. A morire durante il tragitto tra la casae la fabbrica sono stati in 67, mentre quelli deceduti proprio in servizio sono stati 145: solo due in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, quando però le tragedie di Rigopiano e Campo Felice hanno da sole provocato una grossa impennata nella statistica. Tra le esistenze spezzate dal lavoro ci sono anche quelle di chi aveva ancora tutta una vita davanti: nel primo trimestre 2018 sono morti 14 under 30, tre dei quali hanno addirittura meno di 20anni. Parliamo sempre di statistiche sottostimate, perché l'Inail ovviamente non tiene in considerazione i lavoratori in nero e quelli che non sono assicurati presso l'ente pubblico.L'Osservatorio indipendente di Bologna cerca di quantificarle tutte: i radar dell'associazione,nata dieci anni fa dopo l'incidente alla Thyssen Krupp di To-rino, segnalano in tutto tra gennaio e aprile 450 casi (220 sul lavoro e 230 nel tragitto).

E poi, quando parliamo di ripresa dell'occupazione, di cosa stiamo parlando?
I dati dell'Istat dicono che sono aumentati gli italiani in una situazione di povertà assoluta, che la maggior parte dei nuovi occupati sono dipendenti a termine.
Aumentano gli italiani in povertà assoluta. Secondo i dati forniti dal presidente dell'Istat, Giorgio Alleva, nell'audizione sul Def, nel 2017 il fenomeno riguarderebbe circa 5 milioni di individui, l'8,3% della popolazione residente, in aumento rispetto al 7,9% del 2016 e al 3,9% del 2008. Le famiglie in povertà assoluta, secondo stime preliminari, sarebbero 1,8 milioni, con un'incidenza del 6,9%, in crescita di sei decimi rispetto al 6,3% del 2016 (era il 4% nel 2008).Sempre nel 2017 in 1,1 milioni di famiglie italiane "tutti i componenti appartenenti alle forze di lavoro erano in cerca di occupazione", pari a 4 famiglie su 100, in cui non si percepiva dunque alcun reddito da lavoro, contro circa la metà (535mila) nel 2008, ha inoltre sottolineato il presidente dell'Istat. "Di queste, - ha proseguito - più della metà (il 56,1%) è residente nel Mezzogiorno. Nel complesso si stima un leggero miglioramento rispetto al 2016 (15mila in meno), ma la situazione al Sud è in peggioramento (13mila in più)".

La famosa ripresa che c'è stata sui numeri non coinvolge tutti gli italiani e sta generando nuove disparità nel paese.
E ora su questi italiani piomberà il governo del cambiamento.
Quello nato dall'alleanza Lega e M5S, con la benevola astensione di Berlusconi.

Ma in cosa consiste, nel concreto, questo cambiamento?

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