07 maggio 2018

Su paradisi fiscali, litorali che non sono paradisi e digitale terrestre


Una puntata estremamente ricca, quella di questa sera di Report, che approfondisce diversi argomenti di estremo interesse: l'evoluzione del digitale terrestre che costringerà molti italiani a cambiare televisore entro il 2022 (per quale motivo? Lo scopriremo dal servizio di Antonella Cignarale).

Chi sono gli italiani che portano i loro soldi nei paradisi fiscali: tra questi anche un importante nome del lusso.

E, infine, un'inchiesta sulla mafia che controlla le concessioni (e non solo) lungo il litorale di Ostia: è stato un argomento di scontro politico tra PD e M5S, nei mesi scorsi.
Giorgio Mottola, per capire come stanno veramente le cose, si è preso pure un gestaccio da parte del presidente di federbalneari (che non amano essere disturbati nei loro affari).

L'anteprima della puntata: OCCHIO ALLA TV di Antonella Cignarale

Tra il 2010 e il 2012 abbiamo già dovuto cambiare televisori per adeguarci allo standard DVB-T1: nonostante ancora oggi ci siano problemi di ricezione sul digitale, a breve partirà un nuovo standard per il digitale che ci costringerà a nuovi aggiornamenti.
Forse si poteva partire col DVBT2 già anni fa senza far spendere agli italiani tutti questi soldi.
Antonella Cignarale racconterà cosa c'è dietro questa evoluzione.
Arriva il DVB-T2, il digitale terrestre di seconda generazione. Tra il 2020 e il 2022 avverrà il passaggio al nuovo sistema e tutti, emittenti televisive e spettatori, dovremo adeguarci. Per continuare a guardare la tv dovremo adattarla con un decoder oppure comprarne una nuova. Altrimenti non si vedrà più niente. Come succede ancora oggi a tutti quelli che, a sei anni di distanza dal passaggio al primo digitale terrestre, sullo schermo vedono solo quadretti scomposti. Anche per gli operatori televisivi si prepara una rivoluzione e, al momento del passaggio, dovranno rinunciare ai telespettatori che non si saranno adeguati in tempo al DVB-T2. Ma perché ci sobbarchiamo tutto questo trambusto? La decisione è europea e in ballo ci sono 2,5 miliardi di euro che lo Stato conta di incassare dalle gare per le nuove frequenze. Gli operatori di rete televisivi dovranno invece stringersi nelle frequenze che restano, cercando un accordo che garantisca lo spazio per tutte le emittenti.

Gli italiani in paradiso (fiscale)

Report, assieme all'Espresso, fa parte di un consorzio internazionale di giornalisti investigativi (ICIJ) che ha potuto leggersi ed analizzare le carte uscite dagli studi legali che hanno aiutato i molti che hanno portato i loro beni nei paradisi fiscali.
I nomi e le storie di questi furbetti sono state raccontate l'anno scorso in due puntate speciali sui Paradise papers: i Legionari di Cristi, i Crociani e la Vitrociset, il costruttore Nucera, Bonomi, la tangente pagata dai Rovelli per Imi Sir.

Si stima che il 30% della ricchezza prodotta in Europa finisca nei paesi off shore, tra cui molti anche qui in Europa: la stessa Europa che doveva metterli al bando e che invece ha avuto una mano clemente per non inimicarsi qualche potente di troppo.
La stessa Europa che poi chiede ai paesi di avere i conti in ordine, pena l'arrivo della troika.
Emanuele Bellano, con Alessia Cerantola e Norma Ferrara, è tornato su questi documenti per portare a galla altre storie, seguendo le tracce dei soldi tra Lituania, Singapore, Dubai, Hong Kong, Irlanda e Regno Unito.

A proposito del Regno Unito:
Dalla nostra Agenzia delle Entrate non si registra alcun passo avanti nel controllo dei nomi italiani emersi da #PanamaPapers e #ParadisePapers, i grandi scandali offshore che saranno alla base anche della prossima puntata di #Report, dal 2017 uno dei partner italiani di The International Consortium of Investigative Journalists. Un risultato concreto è invece stato ottenuto nel Regno Unito, dove il governo May ha accettato di supportare un emendamento scritto per arginare il flusso globale di denaro sporco, in base al quale i territori d'oltremare britannici saranno costretti ad adottare pubblici registri della proprietà delle imprese entro il 2020, come è già d'obbligo in Gran Bretagna e Irlanda del Nord [dalla pagina FB di Report].


Qualcosa si sta muovendo, in Inghilterra, non in Italia.

A Dubai gli investimenti esteri assommano a 12 miliardi di euro, ogni anni vengono create centinaia di società anonime, come quelle che costruiranno il grattacielo Burj Khalifa, simbolo della città del futuro.

Il paradiso non può attendere di Emanuele Bellano, in collaborazione di Alessia Cerantola e Norma Ferrara
Singapore, Dubai, Svizzera, Hong Kong: ci sono aree del mondo che attraggono i capitali più di altre. Sono le principali piazze finanziarie ed economiche mondiali. In che modo e perché si sposta la ricchezza che produciamo? Report, grazie alla partnership con il Consorzio internazionale di giornalisti investigativi ICIJ, torna a scavare tra i documenti fuoriusciti dagli studi legali con gli scandali Panama Papers e Paradise Papers, per ricostruire i flussi che i soldi seguono quando escono dal nostro paese. Il 30 per cento della ricchezza prodotta in Europa è posseduta da società off-shore. Quando il denaro rimbalza tra l'Europa e i paradisi fiscali chi possiede la ricchezza impoverisce tutti gli altri e nasconde l'origine del denaro: a quel punto se è chiaro chi ci perde diventa sempre più complicato capire chi ci guadagna.


La mafia del litorale

A Ostia, il mare di Roma, un numero ristretto di famiglie controlla tutte le concessioni sui lidi: occupano spazi pubblici, senza pagare il giusto e hanno pure commesso abusi, cementificato senza che negli anni il comune abbia detto niente.
Un sistema di potere che va oltre le storie che abbiamo ascoltato in questi anni, sulla mafia, su Suburra, sui clan.

Su Raiplay trovate un'anticipazione della puntata, che parte dalla campagna di stampa contro Libera e UISP, col supporto di Casapound, che aveva preso in concessione una spiaggia ad Ostia, la SQPR.
E' un storia che parte nel 2016, quando Libera che aveva vinto la concessione, fu poi bloccata dal municipio di Ostia, per un documento vecchio di anni dove si chiedeva di abbattere una struttura abusiva. Documento sparito e poi tirato fuori da un dirigente (Franco Nocera) poi arrestato in un'inchiesta su corruzione e rinviato a giudizio per la vicenda Papagni.

Sulle anomalie di quel bando (ma non sul comportamento di Libera), rilevate da Anac, partirà una campagna diffamatoria che ha dietro esponenti del M5S: ne scrive Federica Angeli ed Enrico Bellavia su Repubblica

Le lacune sottolineate da Anac sono sul bando di gara, non sull'operato di Libera. Ma qui si scatena il fango e la verità viene stravolta. Il municipio, nel bando 2014, in sostanza chiedeva ai gestori di ripristinare uno stato dei luoghi che era in realtà abusivo a monte, le sedicenti associazioni antimafia, non si sa a quale titolo, accusano Libera di aver gestito tutto in maniera opaca.
Il dossier del 5Stelle. A raccogliere quel dossier infamante per l'associazione di Don Ciotti, pagine che mischiavano le carte in tavola e non raccontavano la verità oggetitva dei fatti, sono i grillini Paolo Ferrara, attuale capogruppo del M5S in Campidoglio, e Davide Barillari, consigliere regionale. Attraverso un copia-incolla fanno loro quel dossier da presentare in Antimafia che consegnaranno in una versione con dicitura "confidenziale riservata alla stampa" ai cronisti radunati in una conferenza stampa in Campidoglio il 7 settembre del 2015. L'onda di fango che ne seguì sui social travolse l'operato di Libera a Ostia. Ma oggi la verità viene ristabilità. Non solo dalla spiegazione di Libera ma dall'arresto per corruzione di quel funzionario dell'ufficio tecnico Nocera che fece sparire un documento per tirarlo fuori al momento giusto.

Questo documento uscì ad una settimana dall'occupazione della spiaggia da parte di Casapound e su questo si basò la campagna mediatica contro Libera, che gettò la spugna nel 2016.
Ma proprio chiosco abusivo i 5S avevano tenuto la campagna elettorale nel 2013, con tanto di foto pubblicate su Facebook: tanta è stata l'attenzione su questo lido, che il chiosco di Libera è stato il primo abbattuto dalla giunta Raggi.
Erano chioschi pericolosi, spiega al giornalista Paolo Ferrara, capogruppo del m5s a Roma: ma erano pericolosi anche quando il movimento ha fatto campagna elettorale dentro.

Romanzo litorale di Giorgio Mottola in collaborazione di Norma Ferrara e Alessia Marzi
Immagini di Tommaso Javidi e Paolo Palermo


Il mare della capitale d’Italia è tenuto in ostaggio da un ristretto gruppo di famiglie che, senza alcun bando pubblico, gestisce le principali spiagge di Ostia. Nell'ultimo ventennio hanno cementificato l’intero lungomare, costruendo piscine, ristoranti, bar e cabine in cemento armato a pochi metri dalla battigia. Grazie alla connivenza di politici e tecnici comunali corrotti si sono appropriati di interi chilometri di spiaggia senza averne alcun diritto. Hanno creato un sistema di distruzione del territorio e di strapotere, che è stato sostenuto da tutte le giunte di Roma degli ultimi vent’anni: da quelle di centrosinistra a quelle di centrodestra. Eppure, a Ostia, l’attenzione di media e magistratura finora si è concentrata solo sui clan mafiosi e le organizzazioni criminali. Report punterà i riflettori sulla parte che è rimasta finora in ombra, ma che in realtà è la più ricca e la più potente sul litorale romano.

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