Report torna sul caso Montante, l'ex
presidente di Confindustria Sicilia e la sua finta antimafia.
Un'inchiesta interessante su Bannon e
sui suoi interessi qui in Italia (che incrociano le strade col
ministro dell'Interno).
Nell'anteprima un servizio su come le
catene di ristorazione gestiscono la raccolta differenziata di carta
e plastica
L'anteprima della puntata: Fare
la differenza
di Antonella Cignarale immagini di Chiara D’Ambrosio
Cosa stanno facendo le grandi catene di
ristorazione per la differenziata? Non differenziare è un danno
ambientale oltre che un costo economico per il paese: queste società
devono essere consapevoli dell'impatto dei loro comportamenti così
come dobbiamo esserlo noi come consumatori.
Sono i nostri comportamenti che fanno
la differenza.
Quanta carta e quanta plastica si consumano per mangiare un pasto al volo? Posate monouso, insalate in ciotole di plastica, snack in vaschette di cartoncino, caffè, centrifugati e bibite serviti in bicchieri con tappo e cannucce. È necessario tanto limitare l’accumulo di rifiuti indifferenziati quanto favorire il riciclo. Report è andato a vedere come si organizzano le grandi catene della ristorazione per la raccolta differenziata degli imballaggi di cui fanno da sempre gran uso, scoprendo che nelle sale troppo spesso carta, plastica e residui di cibo finiscono nei contenitori del rifiuto indifferenziato, sia perché a volte si trovano solo quelli, sia perché molti consumatori non perdono i brutti vizi. Ma quanti hanno chiaro che lo smaltimento di rifiuti indifferenziati è un danno ambientale e un buco nelle nostre tasche?
Il codice Montante
Era considerato l'apostolo
dell'antimafia in una regione dove il confine tra mafia, istituzioni
e imprenditoria e labile e difficile da cogliere.
Invece, sostengono i magistrati
palermitani, quello di Antonello Montante era solo un bluff: nella
prima inchiesta di Report dello scorso novembre, Report aveva
raccontato della rete di giornalisti, magistrati, politici e uomini
dei servizi che Montante aveva messo in piedi per i suoi interessi (e
far fuori i nemici): il giornalista Paolo Mondani aveva raccolto la
testimonianza di un ex fedelissimo di Montante, Marco Venturi, che
parla di un vero e proprio imbroglio di Confindustria, una stagione
che era partita bene, per fare la lotta alla mafia, la lotta al
racket nel 2006. Lotta che subito si inceppò “perché quando si
cominciò a parlare di lotta al lavoro nero, lotta agli imprenditori
che non pagavano gli stipendi o davano il 50% delle buste paga, lì
cominciarono dei freni, cominciò la paura di molti”.
Per queste accuse, l'ex presidente
Montante è andato a processo per corruzione, dossieraggio e concorso
esterno in mafia e i pm hanno chiesto per lui una condanna a 10 anni
di carcere.
Seguendo questa rete, Mondani è
arrivato al segreto più inconfessabile della nostra Repubblica.
Il servizio di Mondani è partito da
Troina, nel mezzo del parco dei Nebrodi, regno della mafia agricola
che specula sui pascoli e sui fondi europei per l'agricoltura, una
partita che in Sicilia vale 2,3 miliardi di euro.
Il sindaco Venezia ha fatto fare 14
interdittive ad altrettante famiglie di mafie che usufruiscono di
questi fondi e che per questo oggi vive scortato: “io credo che il
movimento antimafia abbia raggiunto un momento bassissimo, la domanda
che sorge spontanea è se negli ultimi anni abbia fatto più danni
l'antimafia che la mafia stessa” - racconta a Mondani.
Montante è finito sotto inchiesta nel
2015 e così la sua stella come imprenditore antimafia è crollata: a
maggio 2018 il tribunale di Caltanissetta lo ha arrestato per
corruzione, spionaggio e accesso abusivo al sistema informatico,
nell'attesa del processo è ai domiciliari nella sua villa di
Serradifalco.
Banca Nuova, la banca del gruppo Banca
Popolare di Vicenza fondata da Zonin, ospitava i conti di Montante e,
fino al 2014, dei nostri servizi segreti.
Il suo potere è diventato inviolabile
quando è approdato in Sicilia – racconta un testimone della
vicenda al giornalista.
A Palermo Mondani ha incontrato
Vincenzo Monticello, ex proprietario dell'Antica Focacceria,
simbolo della resistenza alla mafia nel capoluogo ai tempi di
Montante e della finta rivoluzione degli imprenditori dell'isola:
oggi ha ceduto la focacceria ed è un dipendente della Regione.
Ha provato, in regione, a bloccare un
viaggio di Montante a Washington nel 2017, perché non opportuno
(Montante era già indagato all'epoca): non solo non è stato
ascoltato (e Montante è volato in America come ospite riverito alla
cena della National Italian American Association) ma gli è anche
stata tolta la scorta, nonostante con le sue denunce abbia mandato in
carcere 5 estorsori.
Passata la breve stagione della vera
lotta al racket, tra il 2007 e il 2009, oggi tutti continuano a
pagare il pizzo a Palermo e non solo.
A Mondani, Monticello racconta
di come sia stato strumentalizzato ai tempi di Montante: ad ogni
intervista, ogni volta che arrivava la televisione, succedevano cose
strane, auto vecchie che venivano sostituite, come se lo Stato
volesse fare bella figura, quello Stato (politici, imprenditori) che
oggi però lo hanno schivato, allontanato.
Nemmeno l'assessorato alle attività
produttive ha sostenuto Conticello: a capo dell'assessorato c'era una
persona messa lì da Montante stesso, Linda
Vancheri.
Ai tempi di Expo, Vancheri ha firmato
una convenzione con Montante, con dietro una certa somma di risorse
pubbliche, affinché Unioncamere promuova l'immagine di diverse
imprese siciliane all'Expo.
Montante aveva messo in piedi un
sistema che ricorda quello della P2 – ricorda
l'europarlamentare Fava.
Un sistema basato anche sui ricatti
come quello che avrebbe subito l'ex presidente
Crocetta, per un video hard di cui Montante sarebbe venuto in
possesso.
Ma forse nei suoi dossier c'è qualcosa
di molto più importante: nell'anticipazione del servizio che trovate sul Fatto Quotidiano, da parte di Giorgio Meletti, si parla delle intercettazioni delle telefonate tra Mancino e Napolitano.
Eppure, nota Mondani, “i magistrati che indagano su Montante sospettano che nel suo sterminato archivio sia finito il segreto per eccellenza”: le famose intercettazioni telefoniche tra l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino e Napolitano, ufficialmente distrutte nel 2012 per ordine della Corte Costituzionale. Quelle intercettazioni erano nella disponibilità del colonnello dei Carabinieri Giuseppe D’Agata, capo centro della Dia (direzione investigativa antimafia) di Palermo. D’Agata a un certo punto viene portato a lavorare per i servizi segreti dal generale Arturo Esposito, direttore dell’Aisi. Entrambi sono indagati con Montante, con l’ipotesi che abbiano fornito al sedicente eroe antimafia notizie riservate sull’inchiesta a suo carico. “Il figlio di D’Agata – segnala Report – è assunto a Banca Nuova, la moglie viene piazzata da Montante in un ente regionale”.La scheda del servizio: Il codice Montante, di Paolo Mondani in collaborazione di Norma Ferrara
A processo per corruzione e dossieraggio, l’ex presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante è ancora sotto inchiesta per concorso esterno alla mafia. Un’indagine della Commissione regionale antimafia lo accusa di aver creato un “governo parallelo” nella Regione per gestire la spartizione dei fondi alle imprese, e disporre delle carriere di politici e uomini delle istituzioni. Il prossimo 10 maggio il Tribunale di Caltanissetta pronuncerà la sentenza contro i primi imputati accusati di aver creato una rete di spionaggio per passargli informazioni riservate. Fra loro, uomini dei servizi, delle istituzioni e investigatori in prima linea nella lotta alle mafie.
Dopo l’inchiesta trasmessa da Report il 12 novembre scorso, Paolo Mondani è rimasto per mesi sulle tracce degli uomini e delle donne che hanno costruito questo finto paladino della legalità per capire chi e perché ha trasformato un costruttore di ammortizzatori e biciclette in uno degli uomini più potenti del nostro paese. E ha portato alla luce il “codice Montante” un sistema di potere fatto di ricatto e mistificazione. E nuovi segreti.
Mentre Montante è ai domiciliari nella sua villa di Serradifalco in provincia di Caltanissetta, dentro Confindustria i suoi uomini sono ancora nei posti che contano. Ma è fra Palermo e Roma che “l’apostolo dell’antimafia” sarebbe stato il garante della partita più delicata di tutte per le sorti della Repubblica. Per scoprirla e conoscerne i protagonisti siamo andati indietro di oltre 25 anni, sino alle radici di quel patto fra pezzi di mafia e pezzi dello Stato, su cui si è fondata la seconda Repubblica.
Sovranisti europei
Steve Bannon ha
deciso di costruire la sua scuola politica proprio qui in Italia: ha
strappato dal ministero dei Beni Culturali una concessione per 19
anni per una abbazia del 1200, la
Certosa di Trisulti, in piena Ciociaria.
Qui formerà i
suoi gladiatori, gli agenti del cambiamento, per un mondo in mano ai
sovranismi locali.
Ma dietro questa
convenzione ci sono cose che non tornano.
In Europa ha
stretto una serie di rapporti politici con buona parte dei partiti di
estrema destra, in Grecia e in Italia: avrebbe avuto un ruolo
importante perfino nella nascita del governo giallo verde, così
racconta il portavoce di “The Movement” (la struttura politica di
Bannon) Mischael Modrikamen a Giorgio Mottola.
E' lui che ha
convinto sia Di Maio che Salvini a fare questa alleanza populista, in
pratica è stato il loro consigliere privato nei giorni precedenti la
formazione del governo.
Nel corso del
servizio saranno mostrati alcuni spezzoni di un documentario su
Bannon, “The Brink”, dove quest'ultimo si trova assieme ad
emissari della Lega: “intendiamo fornire inchieste, analisi dei
dati, messaggi dal centro di comando ..” .. “L'idea è
che con questo possiamo diventare il partito numero uno in Italia ..
e poi dovrete dir loro che dobbiamo pianificare.. pianificare è la
parola chiave per vincere le elezioni”.
Le immagini di
questo video arrivano fino al Viminale, il ministero che sovrintende
la sicurezza nazionale e anche la sicurezza delle elezioni interne ed
europee.
A portare Bannon
al Viminale e a concordare questa strategia è stato Federico Arata,
figlio di Paolo Arata l'imprenditore in questo momento sotto indagine
assieme al sottosegretario Siri.
Paola Arata
sarebbe socio del re dell'eolico in Sicilia, Vito Nicastri,
prestanome di Matteo Messina Denaro.
Arata è accusato
di aver pagato una mazzetta a Siri per inserire nel DEF un
emendamento a lui favorevole, mentre il figlio Federico è
considerato l'artefice del rapporto tra Bannon e Salvini.
(qui
l'anteprima su Raiplay)
La scheda del servizio: Tu
vuò fà l'americano di Giorgio Mottola collaborazione di Alessia
Cerantola, Lorenzo Di Pietro ed Elisa Bruno
Da quando Steve Bannon è stato licenziato dalla Casa Bianca, ha deciso di trasferire la sua attività politica in Europa, fondando l’associazione The Movement. La sua attenzione è però particolarmente concentrata sull’Italia dove l’ex capo stratega di Trump sembra aver trovato il leader del suo progetto europeo. Report mostrerà in esclusiva le immagini del primo incontro tra Bannon e il leader della Lega organizzato da Federico Arata. Il ruolo di Bannon sarebbe stato centrale anche nella nascita del governo Conte, come rivela per la prima volta il portavoce di The Movement in un’intervista inedita alla nostra trasmissione. Nel progetto sovranista di Bannon l’Italia è così centrale che ha annunciato di voler costruire la roccaforte del suo movimento proprio nel nostro paese, all'interno di un'abbazia del 1200: la Certosa di Trisulti. Qui, in un piccolo comune nel cuore della Ciociaria, sorgerà la prima scuola al mondo di sovranismo. Promotore dell'iniziativa è l'associazione Dignitatis Humanae che ha avuto in concessione l'abbazia dal Ministero dei Beni Culturali per i prossimi 19 anni anni. Ma il bando di assegnazione presenta numerose anomalie. La Dignitatis Humanae si è aggiudicata la certosa con documenti che appaiono pieni di incongruenze e irregolarità.
Nessun commento:
Posta un commento
Mi raccomando, siate umani