02 aprile 2019

Report – l'onnipotente (e la nuova frontiera della biometria alle frontiere)

La macchina della verità di Ludovica Jona

L'università di Manchester ha brevettato un sistema che registra i comportamenti non verbali del corpo, che non si possono controllare, per capire se stai mentendo o meno: questo brevetto è stato usato per il progetto Iborder, finanziato dalla commissione europea, per controllare le frontiere.
E' oggi sperimentato in Ungheria, per controllare chi passa i confini di questo paese: chi vigila sul rispetto dei diritti umani? Fino ad oggi le macchine della verità hanno fallito e oggi l'Europa sta sperimentando la tecnologia della Biometria.

Peccato che la giornalista di Report sia stata classificata dal sistema come una potenziale sospettata: la sperimentazione avrebbe dunque fallito, ma nonostante questo la sperimentazione in Ungheria è in crescita.

Un primo test su 30 persone ha funzionato solo sul 70% dei casi: non conosciamo gli algoritmi su cui si basa questo progetto, la commissione europea ha risposto in modo reticente alla richiesta di chiarimenti da parte di Report.
La stessa tecnologia biometrica si sta usando al confine del Niger, per analizzare i flussi dei migranti: l'ufficio dove arrivano i dati, di Frontex, è stato finanziato con soldi che avrebbero dovuto essere usati per costruire scuole e ospedali. Invece useremo miliardi di euro, soldi nostri, in nome di una non ben chiara sicurezza.

Il futuro sarà un enorme database, dove si convogliano milioni di dati, impronte, immagini di telecamere, che dovrebbe essere usato per combattere i terroristi?
L'industria della biometria va avanti, come Idemia, che dietro ha come finanziatori anche Nexi, la società che gestisce i nostri flussi con carta di credito.

L'altro gigante della biometria è Demalto, francese, fatturato da 6 miliardi: su queste aziende la commissione europea ha deciso di investire 35 miliardi di euro per il controllo delle frontiere.
Già emergono conflitti di interesse, come quello della funzionaria di Frontex che è anche dentro l'associazione delle aziende che sviluppano prodotti per la biometria.

L'onnipotente (della banca cattolica) Giorgio Mottola

UBI è l'ultima banca di ispirazione cattolica, come azionisti ha anche la diocesi di Bergamo e un istituto di suore.
Ma suore e preti non vogliono sentire parlare né di scandali né di comportamenti non etici: l'ex economo della diocesi di Bergamo non era a conoscenza della compravendita di armi, dei collegamenti con l'Ambrosiano di Calvi, delle scorrettezze emerse dal funzionario di antiriciclaggio, poi licenziato.
Una preghiera e amen …

Nessuna domanda nemmeno a Bazoli (sul patto occulto per cui è rinviato a processo), per non turbare la giornata in cui si parlava di cultura e sociale: Giovanni Bazoli in una intercettazione è chiamato l'onnipotente, ha ereditato l'Ambrosiano e oggi è accusato di aver controllato UBI, con un patto occulto. Mottola ha trovato un filo nero che lega fatti del vecchio Ambrosiano, di Sindona e Calvi, fino alla banca cattolica, che tanto bianca non è.

Bazoli ha fatto cose straordinarie – racconta Gotti Tedeschi – che gli riconosce la capacità di saper risolvere problemi: come quelli nato dal crac del Banco Ambrosiano, travolto da scandali che legavano assieme mafia, ior e Vaticano.
Bazoli ha preso il Banco, cercando di preservarne l'integrita: con una serie di acquisizioni, oggi l'ex Banco Ambrosiano è diventato Banca Intesa.
Oggi Bazoli ne è presidente: ha avuto un ruolo anche nella fusione che ha portato ad UBI, una fusione che per qualcuno non è stato un affare, come racconta Giuseppe Masnaga, ex DG del Gruppo Bergamasco. Dopo la fusione si è fatta carico dei buchi della Banca Lombarda.
In un giochino con Intesa, il gruppo UBI avrebbe perso 600 ml di euro: Bazoli ha dovuto dimettersi da UBI, per l'incompatibilità di mantenere due ruoli in banche concorrenti.
Ma Bazoli ha continuato a prendere decisioni e a controllare Ubi anche in seguito: non a caso era chiamato “l'onnipotente”.

Bazoli nel 2014 si oppose alla trasformazione di UBI in una banca unica, una banca moderna dove si sarebbero tagliati incarichi e società collegate.
In UBI aveva un incarico la figlia di Bazoli e anche il nipote.

Bazoli, in una lettera a Report, rivendica la bontà del suo lavoro: ma oggi è accusato di aver creato un patto occulto, di aver controllato la banca anche dopo che Consob gli aveva chiesto di farsi da parte, attraverso l'aiuto dei parenti, di aver ostacolato l'azione di vigilanza di Banca d'Italia.

Bazoli è sotto indagine anche per una operazione di cartolarizzazione, operazione seguita poi dall'ex deputato Gitti (marito della figlia): chi ha fatto affari coi crediti di UBI?
Le società che hanno acquistato i crediti di UBI sono al 90% due fondazioni su diritto olandese: tutto legale ma poco consono per operazioni di vendita crediti.

In questa operazione chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso? La Mittel sicuramente, società di Bazoli – racconta il servizio di Mottola, tramite le obbligazioni emesse dalle fondazioni.
Tutto regolare secondo il professor Gitti: “se lei non studia ...” l'invito al professor al povero Mottola, mentre lo inseguiva per strada.
“Lei fa giornalista d'accatto”: difficile in Italia far capire a lorsignori che, quando si ha un incarico con rilevanza pubblica, si deve rispondere alle domande.

Gli ispettori di Banca d'Italia hanno scoperto il vaso di pandora di UBI, Ubi leasing: questa società ha venduto il jet di Lele Mora, l'ex agente dei divi, che aveva comprato un jet per 1,250 milioni di euro, ottenuti tramite un finanziamento con UBI.
Dopo i primi problemi giudiziari, Mora dovette cedere l'aereo, tornato ad UBI e messo in vendita per 60mila euro (dopo che UBI aveva rigettato un'offerta di vendita a 250mila euro): è stato acquistato da una società anonima del Delaware, nemmeno possiamo conoscere i reali proprietari.
“Tante cose so che sono state vendute a niente … Si vede che era qualcuno, non per fare insinuazioni, amico del curatore fallimentare” - il commento di Mora oggi.

Gli ispettori di Banca d'Italia hanno rilevato delle strane operazioni su queste vendite di Ubi Leasing: non c'è solo l'aereo di Mora svenduto ma anche uno yacht, venduto anziché a 6 a 4 ml di euro. Alla fine lo yacht è stato venduto alla signora Lucchini, figlia di un consigliere della UBI, per 3,5 ml di euro.

L'ex direttore generale di Ubi Leasing che si era opposto a questa operazione è stato licenziato: l'inchiesta della procura di Bergamo è stata archiviata, perché UBI non ha fatto una querela di parte.

Sono tutti di fretta i banchieri, quando devono dare spiegazioni, chiarire, rispondere a domande scomode: poi ci si chiede perché c'è tanta sfiducia attorno al mondo delle banche.

Roberto Peroni era responsabile di antiriciclaggio di UBI che aveva iniziato a ficcare il naso su operazioni sospette: riciclaggio, vendita di armi e altro..
Le sue denunce non sono state prese bene dai capi: è stato trasferito di incarico, infine è stato licenziato quando una delle sue indagini è diventata di dominio pubblico.

Tra le operazioni anomale denunciate da Peroni, vendita di petrolio e di armi: Peroni si era interessato anche in una azienda, Om Rottami.
Su 90 milioni di operazioni fatte dalla OM Rottami non c'era il rispetto delle norme di antiriciclaggio: quando Peroni inizia a fare domande su queste operazioni viene fermato.

UBI international era una società del gruppo su cui Peroni voleva fare fare luce: è stato invitato a non indagare, a violare la legge, che impone di denunciare irregolarità all'autorità di vigilanza.

Cosa c'è dentro UBI International: grazie ai Panama Papers, Report ha scoperto quel filo che lega UBI, a società offshore, che erano gestite dallo studio Fonseca.
UBI è stata redarguita dagli avvocati di Panama, quelli che si occupavano di riciclaggio, perché UBI non forniva loro i documenti ncessari, e questo è francamente imbarazzante, il commento del consulente di Report.

UBI ha finanziato, attraverso Lussemburgo, operazioni di vendita di armi per 100ml di euro: ben poco cattolico, mi pare.
Oggi Banca d'Italia ha sanzionato per 1,2 ml di euro per il non rispetto delle norme contro il riciclaggio.

Chi è il direttore di UBI International?
Si chiama Guy Harles, è un manager francese, fondatore della Canopus, una società legata a Calvi e agli interessi di Sindona, il banchiere della mafia.
Mottola è andato fino in Canada, per parlare con Giorgio Calvi:la Canopus era lo schermo usato da Calvi e Marcinkus per nascondere i loro rapporti con Sindona, era il forziere del banchiere del banchiere di Patti.

Nella ragnatela offhore dell'ambrosiano (e del Vaticano), il direttore di Ubi International aveva un ruolo importante che ha continuato a mantenere anche con l'arrivo di Bazoli – sostiene Calvi che poi continua: gli attivi dei fondi del vecchio Ambrosiano, sono rimasti nel nuovo.
Che soldi sono? Sono quelli della mafia?

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